Obbligo di trasparenza STF. Società di investimento, OICVM, GEFIA. Rating del credito
Obbligo di trasparenza STF
Società di investimento, OICVM, GEFIA. Rating del credito
Nella pubblicazione 2019-20,05 ci siamo occupati dei Securities Financing Transactions (SFT) che fino all'anno 2014 non erano regolamentati da nessuna normativa. Abbiamo rivolto l'attenzione al Regolamento (UE) 2015-2365 che modifica anche il regolamento (UE) 648/2012 di interesse per i derivati OTC, regolamento questo ultimo, che tra le diverse norme introduce l'obbligo di una controparte CCP e le relative condizioni di deroga alll'obbligo. Essendo oggetto delle Securities Financing Transactions i fondi di investimento regolamentati dalle direttive Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities (UCITS) abbiamo effettuato uno studio della direttiva 2009/65/CE e della direttiva 2014/91/UE che definiscono l'attuale legislazione regolamentare per le UCITS, con uno sguardo alle precedenti regolamentazioni. Nell'individuare il relativo quadro legislativo abbiamo svolto ricerche e studi in paragrafi separati individuando la legislazione che sancisce gli obblighi per l'accesso delle società di investimento collettivo dei fondi raccolti tra il pubblico, le relative società di gestione, ponendo attenzione principalmente alle norme attualmente in vigore e a come sono state modificate fino ad oggi. Abbiamo svolto ulteriori ricerche e studi con riferimento alle imprese di investimento ai relativi requisiti per l'erogazione dei servizi di investimento, l'adeguatezza patrimoniale, le condizioni che consentono di derogare l'erogazione dei servizi di investimento dalla legislazione definita con le norme della direttiva (UE) 2014/65, direttiva che definisce i servizi e attività di investimento, servizi accessori, strumenti finanziari e i servizi di comunicazione dati. Ci siamo interessati alla direttiva 2011/65/UE e successivi aggiornamenti che regolamenta le società di gestione dei fondi alternativi di investimento GEFIA, osservando da subito che i FIA a differenza delle società di gestione non hanno una regolamentazione armonizzata data l'impossibilità causata dalla diversificazione degli strumenti finanziari che costruiscono gli stessi FIA nei diversi paesi Europei e non. In fine ci siamo interessati delle società di rating del credito, della loro importanza nell'ambito degli investimenti finanziari, alla loro evoluzione sia a livello globale che Europeo con uno sguardo alla loro criticità, ruoli e conseguenze dei loro rating nell'economia.
1 - INTRODUZIONE
Con una generica definizione delle Securities Financing Transactions (STF) viene definito SFT qualunque tipo di transazione in cui i titoli sono usati per prestare denaro e viceversa. Come esempio si può far riferimento a transazioni sell/buy back, ai pronti contro termine, alle attività di prestito titoli. In ognuno di questi, la proprietà dei titoli cambia temporaneamente, in cambio di contanti, per poi invertirsi nuovamente al termine dell'operazione.
Il buy-back (o riacquisto di azioni proprie) è l'operazione di acquisto di azioni proprie da parte di una società per azioni. Va considerato che per la legislazione italiana, ad esempio, la norma definita dall'articolo 2357 del codice civile italiano impone un limite per le azioni proprie in portafoglio, un limite del 20% del totale del capitale sociale e nel rispetto dei principi contabili e contabili internazionali, l'importo nominale delle azioni proprie, iscritto al costo storico o al fair value, va imputato ad una specifica riserva per azioni proprie; essa si trova in bilancio sotto la voce patrimonio netto, nel capitale netto all'interno del passivo (voci del passivo e del patrimonio netto). Conseguenza della crisi finanziaria mondiale del 2008, la grande recessione (1°), è che le operazioni di buy-back si sono diffuse anche per altri strumenti finanziari, come le obbligazioni, e a soggetti di diritto pubblico, in particolare con il riacquisto di titoli di debito sovrano da parte delle Banche Centrali finalizzato ad evitare che obbligazioni restino invendute evitando riduzione della domanda.
I pronti contro termine (PCT o p/t) definiti come contratti nei quali un venditore (generalmente una banca) cede in cambio di denaro un determinato numero di titoli ad un acquirente con consegna immediata, quindi "a pronti", e si impegna con lo stesso atto, al riacquisto dei titoli ceduti dal medesimo acquirente ad un prezzo in genere più alto e ad una data predeterminata; la consegna è nel futuro quindi il contratto è "a termine". L'operazione consiste, in un prestito di denaro da parte dell'acquirente e un prestito di titoli da parte del venditore.
Il prestito titoli rappresenta una pratica molto diffusa nell'industria dei fondi UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), si tratta di un operazione in cui il fondo presta ad una controparte esterna una parte o la totalità dei titoli detenuti nel portafoglio (le percentuali variano da emittente a emittente), con l'impegno di questa ultima a restituirli ad una predeterminata data futura. Il fondo in contropartita riceve una remunerazione che, con percentuali diverse da ETF ad ETF (anche in questo caso il ventaglio di casistiche sono ampie), viene ripartita tra il gestore e il fondo stesso. Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono particolari fondi d'investimento (o Sicav) a gestione passiva. Come per tutti i fondi, acquistando un ETF è come acquistare un paniere di titoli. Investire in un fondo significa mettere il proprio risparmio insieme a quello di altri investitori, il gestore del fondo acquisterà poi con questo denaro gli strumenti su cui si andrà a investire. La performance dell'investimento sarà data dal risultato di tutti i singoli strumenti su cui il fondo investe. Con riferimento all'operazioni di presta titoli, la remunerazione ricevuta dal fondo in contropartita consente all'ETF di coprire parte delle commissioni totali annue riducendo il tracking error (lo scostamento di performance di un'attività finanziaria proprio come il fondo d'investimento rispetto al suo indice di riferimento o benchmark, un parametro oggettivo di riferimento, costituito facendo riferimento ad indicatori finanziari elaborati da soggetti terzi e di comune utilizzo, come possono essere gli indici azionari ovvero la sintesi del valore del paniere di titoli azionari che rappresentano, quindi il valore totale del paniere calcolato dal valore delle singole azioni che lo compongono, il prezzo, in dipendenza di fattori di ponderazione che tengono conto a seconda dell'indice della capitalizzazione in borsa delle società emittenti, oppure di valutazioni CSR di tipo socio ambientali). Nel momento in cui un ETF pone in essere un'operazione di prestito titoli, rinunciando temporaneamente alla disponibilità dei titoli, emerge un rischio controparte con il soggetto con cui ha concluso l'operazione per la percentuale di patrimonio oggetto dell'operazione stessa. Infatti nel caso in cui questa controparte dovesse fallire il fondo potrebbe non riottenere i titoli prestati, incorrendo in una perdita. Al fine di ridurre questo rischio, gli emittenti di ETF richiedono alla controparte di costituire un deposito collaterale per la durata dell'operazione. Questo collaterale è generalmente depositato presso un conto di una banca depositaria aperto in nome della controparte su cui è posto un pegno in favore del fondo. In base alle linee guida del CESR sulla misurazione dei rischi, il rischio per singola controparte netto generabile da operazioni di prestito titoli deve essere incluso nel limite del 20% previsto dal comma 2 dell'articolo 52 della direttiva 2009/65/CE (direttiva su cui torneremo nei successivi paragrafi) mentre i requisiti relativi alla composizione del collaterale sono lasciati alla regolamentazione nazionale di domiciliazione del fondo. In genere l'esposizione nei confronti della controparte viene sovracollateralizzata e monitorata su base giornaliera perché se l'esposizione diventi positiva viene richiesto alla controparte di reintegrare il collaterale (azzerando l'esposizione). In caso di fallimento della controparte con la quale è effettuata l'operazione di prestito titoli il gestore ha diritto di rivalersi sul collaterale, portandolo nelle sue disponibilità per poi procedere alla sua liquidazione. Va considerato che le modalità e i tempi di esercizio di tale facoltà non sempre garantiscono che il denaro così ottenuto sia sufficiente per coprire la percentuale del valore del fondo oggetto dell'operazione di prestito titoli.
Con una generica definizione delle Securities Financing Transactions (STF) viene definito SFT qualunque tipo di transazione in cui i titoli sono usati per prestare denaro e viceversa. Come esempio si può far riferimento a transazioni sell/buy back, ai pronti contro termine, alle attività di prestito titoli. In ognuno di questi, la proprietà dei titoli cambia temporaneamente, in cambio di contanti, per poi invertirsi nuovamente al termine dell'operazione.
Il buy-back (o riacquisto di azioni proprie) è l'operazione di acquisto di azioni proprie da parte di una società per azioni. Va considerato che per la legislazione italiana, ad esempio, la norma definita dall'articolo 2357 del codice civile italiano impone un limite per le azioni proprie in portafoglio, un limite del 20% del totale del capitale sociale e nel rispetto dei principi contabili e contabili internazionali, l'importo nominale delle azioni proprie, iscritto al costo storico o al fair value, va imputato ad una specifica riserva per azioni proprie; essa si trova in bilancio sotto la voce patrimonio netto, nel capitale netto all'interno del passivo (voci del passivo e del patrimonio netto). Conseguenza della crisi finanziaria mondiale del 2008, la grande recessione (1°), è che le operazioni di buy-back si sono diffuse anche per altri strumenti finanziari, come le obbligazioni, e a soggetti di diritto pubblico, in particolare con il riacquisto di titoli di debito sovrano da parte delle Banche Centrali finalizzato ad evitare che obbligazioni restino invendute evitando riduzione della domanda.
I pronti contro termine (PCT o p/t) definiti come contratti nei quali un venditore (generalmente una banca) cede in cambio di denaro un determinato numero di titoli ad un acquirente con consegna immediata, quindi "a pronti", e si impegna con lo stesso atto, al riacquisto dei titoli ceduti dal medesimo acquirente ad un prezzo in genere più alto e ad una data predeterminata; la consegna è nel futuro quindi il contratto è "a termine". L'operazione consiste, in un prestito di denaro da parte dell'acquirente e un prestito di titoli da parte del venditore.
Il prestito titoli rappresenta una pratica molto diffusa nell'industria dei fondi UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities), si tratta di un operazione in cui il fondo presta ad una controparte esterna una parte o la totalità dei titoli detenuti nel portafoglio (le percentuali variano da emittente a emittente), con l'impegno di questa ultima a restituirli ad una predeterminata data futura. Il fondo in contropartita riceve una remunerazione che, con percentuali diverse da ETF ad ETF (anche in questo caso il ventaglio di casistiche sono ampie), viene ripartita tra il gestore e il fondo stesso. Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono particolari fondi d'investimento (o Sicav) a gestione passiva. Come per tutti i fondi, acquistando un ETF è come acquistare un paniere di titoli. Investire in un fondo significa mettere il proprio risparmio insieme a quello di altri investitori, il gestore del fondo acquisterà poi con questo denaro gli strumenti su cui si andrà a investire. La performance dell'investimento sarà data dal risultato di tutti i singoli strumenti su cui il fondo investe. Con riferimento all'operazioni di presta titoli, la remunerazione ricevuta dal fondo in contropartita consente all'ETF di coprire parte delle commissioni totali annue riducendo il tracking error (lo scostamento di performance di un'attività finanziaria proprio come il fondo d'investimento rispetto al suo indice di riferimento o benchmark, un parametro oggettivo di riferimento, costituito facendo riferimento ad indicatori finanziari elaborati da soggetti terzi e di comune utilizzo, come possono essere gli indici azionari ovvero la sintesi del valore del paniere di titoli azionari che rappresentano, quindi il valore totale del paniere calcolato dal valore delle singole azioni che lo compongono, il prezzo, in dipendenza di fattori di ponderazione che tengono conto a seconda dell'indice della capitalizzazione in borsa delle società emittenti, oppure di valutazioni CSR di tipo socio ambientali). Nel momento in cui un ETF pone in essere un'operazione di prestito titoli, rinunciando temporaneamente alla disponibilità dei titoli, emerge un rischio controparte con il soggetto con cui ha concluso l'operazione per la percentuale di patrimonio oggetto dell'operazione stessa. Infatti nel caso in cui questa controparte dovesse fallire il fondo potrebbe non riottenere i titoli prestati, incorrendo in una perdita. Al fine di ridurre questo rischio, gli emittenti di ETF richiedono alla controparte di costituire un deposito collaterale per la durata dell'operazione. Questo collaterale è generalmente depositato presso un conto di una banca depositaria aperto in nome della controparte su cui è posto un pegno in favore del fondo. In base alle linee guida del CESR sulla misurazione dei rischi, il rischio per singola controparte netto generabile da operazioni di prestito titoli deve essere incluso nel limite del 20% previsto dal comma 2 dell'articolo 52 della direttiva 2009/65/CE (direttiva su cui torneremo nei successivi paragrafi) mentre i requisiti relativi alla composizione del collaterale sono lasciati alla regolamentazione nazionale di domiciliazione del fondo. In genere l'esposizione nei confronti della controparte viene sovracollateralizzata e monitorata su base giornaliera perché se l'esposizione diventi positiva viene richiesto alla controparte di reintegrare il collaterale (azzerando l'esposizione). In caso di fallimento della controparte con la quale è effettuata l'operazione di prestito titoli il gestore ha diritto di rivalersi sul collaterale, portandolo nelle sue disponibilità per poi procedere alla sua liquidazione. Va considerato che le modalità e i tempi di esercizio di tale facoltà non sempre garantiscono che il denaro così ottenuto sia sufficiente per coprire la percentuale del valore del fondo oggetto dell'operazione di prestito titoli.
(1°) NOTA: la grande recessione è una crisi economica mondiale che prende avvio negli Stati Uniti d'America nel 2007 in seguito a una crisi del mercato immobiliare innescata dallo scoppio di una bolla immobiliare (crisi dei subprime) producendo a catena una grave crisi finanziaria nell'economia americana. I subprime (Subprime lending), sono prestiti che nel contesto finanziario statunitense, vengono concessi a soggetti che non possono accedere ai tassi di interesse dei mercati, per problemi pregressi nella sua storia di debitore; sono ovviamente una forma di prestiti rischiosi sia per i creditori sia per i debitori, a seguito della pericolosa combinazione di alti tassi di interesse, cattiva storia creditizia del debitore e dinamiche finanziarie poco chiare o difficilmente documentabili. La recessione ha poi gradualmente assunto un carattere globale, spinta da meccanismi finanziari di contagio, e perdurante (tranne alcune eccezioni come India e Cina) con la spirale recessiva che si è ulteriormente aggravata, in diversi Paesi europei (Europa mediterranea e altri), con la crisi del debito degli stati sovrani europei. Tra i principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime (petrolio in primis), una crisi alimentare mondiale, la minaccia di una recessione in tutto il mondo e una crisi creditizia (seguita a quella bancaria) con conseguente crollo di fiducia dei mercati azionari. Viene considerata da molti economisti come una delle peggiori crisi economiche della storia, seconda solo alla grande depressione dei primi anni del XX secolo (detta anche crisi del 1929, grande crisi o crollo di Wall Street). Nel 2006 i primi segni della grande crisi economica perchè i risparmiatori statunitensi iniziavano a non pagare le rate dei mutui, contesto aggravatosi nel 2008 causando un ponderoso aumento di pignoramenti; la causa determinante è stata la dinamica speculativa, eccessiva del mercato immobiliare negli Stati Uniti, avvenuta con il forte aumento dei prezzi delle abitazione e la successiva espansione degli investimenti nel settore. L'indebitamento delle famiglie statunitensi provocò a partire dagl'anni che precedono il 2006 l'esplosione dei prezzi delle attività immobiliari, ed un aumento dell'indebitamento al crescere del valore delle proprietà immobiliari; la caduta successiva dei prezzi, nel 2007-2008 provocò una differenza positiva tra il valore del mutuo ed il valore della proprietà immobiliare, garanzia dello stesso mutuo. Risulta chiaro che le famiglie investivano su un crescente aumento del valore della proprietà immobiliare senza considerare l'ipotesi di ribaltamento del mercato. Amplificatore della differenza positiva sono le dinamiche innescate dalle reazioni dalle banche che iniziavano a vendere i muti a terzi (cessione crediti, cartolarizzazione) attraverso diversi strumenti finanziari scaricando su altri soggetti i rischi corsi e causando un deterioramento del sistema finanziario perché gli strumenti finanziari diffusisi nel sistema, erano gravati da una differenza positiva tra il relativo valore e le garanzie immobiliari a supporto, differenza che li rendeva fortemente esposti alla svalutazione e che all'accadere tra il 2007 e 2008 innescò difficoltà economiche in alcuni fra i più grandi istituti di credito americani; Bear Stearns, Lehman Brothers e AIG vennero ridotti al collasso e poi messi in sicurezza dall'intervento del Tesoro statunitense di concerto con la FED. Anche banche europee furono investite dalla svalutazione dei titoli immobiliari, venendo successivamente nazionalizzate o costrette a ricapitalizzarsi (aumento del capitale tramite riserve, fondi propri, apporto soci). Dopo diversi mesi di debolezza e perdita di impieghi, il fenomeno è collassato tra il 2007 e il 2008 causando la bancarotta di banche ed entità finanziarie e determinando una forte riduzione dei valori in borsa e della capacità di consumo e risparmio della popolazione, con effetti immediatamente recessivi sull'economia.
2 - REGOLAMENTO SULLA TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI DI FINANZIAMENTO TRAMITE TITOLI E RIUTILIZZO
2.1 - Securities Financing Transactions (SFT): regolamento (UE) 2015/2365
L'UE, in un contesto di revisione complessiva della trasparenza nei mercati finanziari, si è occupata di Securities Financing Transactions (SFT), perché fino al 2015 non erano coperti da nessuna normativa. La proposta di regolamentazione risale al 29 gennaio del 2014, divenuta Regolamento (UE) 2015/2365 "sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli, relativo riutilizzo e che modifica il regolamento (UE) 648/2012 sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni".
Attività speculativa eccessiva, esistenza di gravi lacune normative nel sistema finanziario, inefficacia della vigilanza, opacità dei mercati e l'eccessiva complessità dei prodotti finanziari hanno contribuito alla crisi mondiale avutasi tra gli anni 2007 e 2008. Vengono adottate dall'Unione una serie di misure per accrescere la solidità e la stabilità del sistema bancario, inclusi il rafforzamento dei requisiti patrimoniali, norme per migliorare la governance, la vigilanza e regimi di risoluzione, finalizzate a garantire che il sistema finanziario espleti il suo ruolo di destinare capitali al finanziamento dell'economia reale; la creazione dell'Unione Bancaria ha portato decisivi progressi in tale direzione. La stessa crisi ha evidenziato la necessità di migliorare la trasparenza e il controllo sia nel settore bancario tradizionale, che in settori in cui si svolge un'intermediazione creditizia analoga a quella bancaria, nota come "sistema bancario ombra", settore di dimensioni allarmanti che in base alle stime risultano equivalenti alla metà circa del sistema bancario regolamentato; da tale dimensionamento risulta ovvio che l'intero settore finanziario potrebbe essere contaminato dalle carenze legate all'intermediazione creditizia non regolamentata, attività analoghe a quelle svolte dagli istituti di credito. Con il regolamento UE 2015-2365 viene considerata la possibile riduzione della trasparenza relativa alle attività creditizie non regolamentate a seguito della riforma strutturale del settore bancario dell'Unione perché talune attività esercitate dalle banche tradizionali possono migrare verso il settore bancario ombra e coinvolgere entità finanziarie e non finanziarie, dinamica che evidenzia la necessaria convergenza internazionale verso maggiore trasparenza delle operazioni non regolamentate, obbiettivo previsto dallo stesso regolamento. Preoccupazione della Commissione è il fatto che "le SFT sono ampiamente utilizzate da gestori di organismi d'investimento collettivo per la gestione efficiente del portafoglio. Per tanto gli investimenti effettuati sulla base di informazioni incomplete o inesatte in merito alla strategia di investimento dell'organismo d'investimento collettivo possono causare perdite ingenti per gli investitori, risultando, quindi, essenziale che gli organismi d'investimento collettivo comunichino tutte le informazioni particolareggiate pertinenti sull'uso delle SFT e dei total return swap; la Stessa Commissione precisa con il regolamento che "l'informativa completa sulle SFT e sui total return swap è uno strumento essenziale di salvaguardia contro possibili conflitti di interesse" essendo le attività destinate ai TFS e Total Return Swap (TRS) di proprietà degli investitori e non dei gestori degli organismi di investimento collettivo (salvaguardare gli interessi degli investitori evitando quindi i soli interessi dei gestori a discapito degli investitori). Un total return swap è un accordo swap contratto su tasso di interesse 'interest rate swap', in base al quale due controparti si impegnano a scambiarsi reciprocamente un flusso di interessi a tasso fisso e uno a tasso variabile denominati nella stessa valuta. Una controparte cede all'altra ad esempio il tasso di interesse del titolo più l'eventuale apprezzamento del titolo, l'altra cede alla prima l'eventuale deprezzamento del titolo più un tasso di interesse collegato ad un indicatore di mercato come l'euribor. Con termi più tecnici si può descrivere il Total Return Swap come una operazione in base alla quale un soggetto total return payer (protecion buyer) cede ad un altro soggetto total return receiver (protection seller) tutto il rischio e rendimento di un sottostante (reference assets), a fronte di un flusso che viene pagato a determinate scadenze. Il flusso monetario periodico è collegato ad un indicatore di mercato sommato ad uno spread (euribor + TRS Spread). Il Total Return Swap si differenzia dalla struttura del credit default swap perché si basa su uno scambio di flussi più complesso del semplice pagamento periodico di una somma in cambio della protezione dal rischio default del titolo. Nella figura sottostante lo schema del total return swap (fonte: wikipedia.org).
2.1 - Securities Financing Transactions (SFT): regolamento (UE) 2015/2365
L'UE, in un contesto di revisione complessiva della trasparenza nei mercati finanziari, si è occupata di Securities Financing Transactions (SFT), perché fino al 2015 non erano coperti da nessuna normativa. La proposta di regolamentazione risale al 29 gennaio del 2014, divenuta Regolamento (UE) 2015/2365 "sulla trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli, relativo riutilizzo e che modifica il regolamento (UE) 648/2012 sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni".
Attività speculativa eccessiva, esistenza di gravi lacune normative nel sistema finanziario, inefficacia della vigilanza, opacità dei mercati e l'eccessiva complessità dei prodotti finanziari hanno contribuito alla crisi mondiale avutasi tra gli anni 2007 e 2008. Vengono adottate dall'Unione una serie di misure per accrescere la solidità e la stabilità del sistema bancario, inclusi il rafforzamento dei requisiti patrimoniali, norme per migliorare la governance, la vigilanza e regimi di risoluzione, finalizzate a garantire che il sistema finanziario espleti il suo ruolo di destinare capitali al finanziamento dell'economia reale; la creazione dell'Unione Bancaria ha portato decisivi progressi in tale direzione. La stessa crisi ha evidenziato la necessità di migliorare la trasparenza e il controllo sia nel settore bancario tradizionale, che in settori in cui si svolge un'intermediazione creditizia analoga a quella bancaria, nota come "sistema bancario ombra", settore di dimensioni allarmanti che in base alle stime risultano equivalenti alla metà circa del sistema bancario regolamentato; da tale dimensionamento risulta ovvio che l'intero settore finanziario potrebbe essere contaminato dalle carenze legate all'intermediazione creditizia non regolamentata, attività analoghe a quelle svolte dagli istituti di credito. Con il regolamento UE 2015-2365 viene considerata la possibile riduzione della trasparenza relativa alle attività creditizie non regolamentate a seguito della riforma strutturale del settore bancario dell'Unione perché talune attività esercitate dalle banche tradizionali possono migrare verso il settore bancario ombra e coinvolgere entità finanziarie e non finanziarie, dinamica che evidenzia la necessaria convergenza internazionale verso maggiore trasparenza delle operazioni non regolamentate, obbiettivo previsto dallo stesso regolamento. Preoccupazione della Commissione è il fatto che "le SFT sono ampiamente utilizzate da gestori di organismi d'investimento collettivo per la gestione efficiente del portafoglio. Per tanto gli investimenti effettuati sulla base di informazioni incomplete o inesatte in merito alla strategia di investimento dell'organismo d'investimento collettivo possono causare perdite ingenti per gli investitori, risultando, quindi, essenziale che gli organismi d'investimento collettivo comunichino tutte le informazioni particolareggiate pertinenti sull'uso delle SFT e dei total return swap; la Stessa Commissione precisa con il regolamento che "l'informativa completa sulle SFT e sui total return swap è uno strumento essenziale di salvaguardia contro possibili conflitti di interesse" essendo le attività destinate ai TFS e Total Return Swap (TRS) di proprietà degli investitori e non dei gestori degli organismi di investimento collettivo (salvaguardare gli interessi degli investitori evitando quindi i soli interessi dei gestori a discapito degli investitori). Un total return swap è un accordo swap contratto su tasso di interesse 'interest rate swap', in base al quale due controparti si impegnano a scambiarsi reciprocamente un flusso di interessi a tasso fisso e uno a tasso variabile denominati nella stessa valuta. Una controparte cede all'altra ad esempio il tasso di interesse del titolo più l'eventuale apprezzamento del titolo, l'altra cede alla prima l'eventuale deprezzamento del titolo più un tasso di interesse collegato ad un indicatore di mercato come l'euribor. Con termi più tecnici si può descrivere il Total Return Swap come una operazione in base alla quale un soggetto total return payer (protecion buyer) cede ad un altro soggetto total return receiver (protection seller) tutto il rischio e rendimento di un sottostante (reference assets), a fronte di un flusso che viene pagato a determinate scadenze. Il flusso monetario periodico è collegato ad un indicatore di mercato sommato ad uno spread (euribor + TRS Spread). Il Total Return Swap si differenzia dalla struttura del credit default swap perché si basa su uno scambio di flussi più complesso del semplice pagamento periodico di una somma in cambio della protezione dal rischio default del titolo. Nella figura sottostante lo schema del total return swap (fonte: wikipedia.org).
Nel quadro dei lavori intesi a limitare il sistema bancario ombra, il consiglio per la stabilità finanziaria FSB (2°) e il comitato europeo per il rischio sistemico CERS (2°) istituito dal regolamento (UE) n. 1092/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio hanno individuato i rischi posti dalle operazioni di finanziamento tramite titoli (SFT), quale risultato conferma che le SFT accumulano leva finanziaria, prociclicità e interconnessione nei mercati finanziari; in particolare il lavoro ha evidenziato, la mancanza di trasparenza nell'uso delle SFT impedimento per le autorità di regolamentazione e di vigilanza, come per gli investitori, di valutare e monitorare correttamente i rischi analoghi ai rischi bancari e il livello di interconnessione nel sistema finanziario nel periodo precedente la crisi finanziaria o durante la crisi stessa. In tale contesto, il 29 agosto 2013 l'FSB ha adottato un quadro strategico dal titolo "Rafforzamento della vigilanza e della regolamentazione del sistema bancario ombra" (quadro strategico dell'FSB) in materia di rischi connessi al prestito di titoli e alle operazioni di vendita con patto di riacquisto nel settore bancario ombra, approvato dai leader del G20 nel settembre 2013. Dopo la pubblicazione del Libro verde sul sistema bancario ombra, pubblicato dalla Commissione Europea il 19 marzo 2012 sulla base dei numerosi contributi ricevuti e tenendo conto degli sviluppi a livello internazionale, il 4 settembre 2013, l'FSB, presenta una comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo Il sistema bancario ombra: affrontare le nuove fonti di rischio nel settore finanziario, in cui si sottolinea come la natura complessa e opaca delle SFT renda difficile individuare le controparti e monitorare la concentrazione dei rischi e determini anche l'eccessivo ricorso alla leva finanziaria nel sistema finanziario. Il Libro verde è una comunicazione con la quale la Commissione europea illustra lo stato di un determinato settore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in ordine a certi problemi; fa parte dei cosiddetti "atti atipici" previsti ma non disciplinati dal Trattato CEE, questo tipo di comunicazioni può avere carattere informativo, decisorio, dichiarativo o interpretativo, ed è sottoposto al regime di pubblicità. Secondo la definizione ufficiale riportata dell'Unione europea i Libri verdi sono documenti di riflessione su un tema politico specifico pubblicati dalla Commissione. Sono prima di tutto documenti destinati a tutti coloro - sia organismi che privati - che partecipano al processo di consultazione e di dibattito. In Italia ad esempio, questi documenti sono pubblicati anche dalle amministrazioni regionali e dal governo. Inizialmente il colore prescelto fu il bianco: tanto è che la prima pubblicazione assimilabile all'attuale libro verde viene pubblicata nel maggio del 1984 ed è intitolata Televisione senza frontiere: libro bianco sull'istituzione del mercato comune delle trasmissioni radiotelevisive, specialmente via satellite e via cavo. Successivamente per libro bianco si intese un documento contenente proposte di azione.
(2°) NOTA: FSB, il Consiglio per la stabilità finanziaria (in inglese Financial Stability Board; fino al 2009: Financial Stability Forum) è un organismo internazionale con il compito di monitorare il sistema finanziario mondiale. In tale organismo sono rappresentati tutti i paesi del G20 (rappresentati sia dai propri governi che dalle rispettive banche centrali), Spagna e Commissione europea, oltre che a Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Cina, Corea, India, Indonesia, Messico, Russia, Sudafrica e Turchia (fonte). Ha la propria sede a Basilea. Tale organismo è l'evoluzione del già esistente Financial Stability Forum (FSF), allo scopo di promuovere la stabilità del sistema finanziario internazionale, migliorare il funzionamento dei mercati finanziari e ridurre il rischio sistemico, attraverso lo scambio di informazioni e la cooperazione internazionale tra le Autorità di vigilanza, le banche centrali, le principali organizzazioni sopranazionali. Nella riunione di Bonn del febbraio 1999, i Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali dei paesi del Gruppo dei Sette (G-7) hanno concordato, su raccomandazione dell'allora Governatore della Bundesbank Hans Tietmeyer, la costituzione di un soggetto istituzionale deputato ad accrescere la cooperazione tra i regolatori e le Autorità di vigilanza nazionali e sovranazionali, denominandolo Financial Stability Forum (FSF). La compagine del FSF comprendeva le Autorità preposte alla vigilanza nazionale di Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Hong Kong, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Singapore, Stati Uniti, Svizzera. Partecipavano inoltre alcune organizzazioni internazionali come Banca Mondiale, BCE, BRI, FMI, OCSE e organismi responsabili dell'emanazione degli standard contabili internazionali.
CERS, il Comitato europeo per il rischio sistemico (in inglese, European Systemic Risk Board - ESRB) è una agenzia dell'Unione europea, con sede a Francoforte, responsabile per la vigilanza macro-prudenziale del sistema finanziario dell'Unione. Il Consiglio della UE ha approvato la costituzione della nuova agenzia nella riunione del 18 e del 19 luglio 2009. Nel 2008 Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, istituisce un gruppo indipendente di esperti guidato da Jacques de Larosière. A novembre del 2008 il gruppo si riunisce la prima volta e a fine febbraio 2009 redige un rapporto che presenta alla Commissione europea con alcune raccomandazioni per rafforzare la sorveglianza sul sistema finanziario europeo. Le raccomandazioni del rapporto del gruppo Larosière vengono accolte e trasformate in indicazioni operative dagli organi comunitari. Il Consiglio dell'Unione europea nella riunione del 18 e 19 luglio 2009 approva la creazione di un Comitato europeo per il rischio sistemico o CERS (European Systemic Risk Board) per il monitoraggio della stabilità finanziaria a livello europeo. Contestualmente il Consiglio ha approvato anche l'istituzione di tre nuove autorità europee che insieme costituiscono il Comitato congiunto delle autorità europee di vigilanza:
L'Autorità bancaria europea (in inglese, European Banking Authority - EBA) per la vigilanza del mercato bancario;
L'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (European Insurance and Occupational Pensions Authority - EIOPA) per la sorveglianza del mercato assicurativo;
L'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (European Securities and Markets Authority - ESMA) per la sorveglianza del mercato dei valori mobiliari.
La legislazione che stabilisce il Comitato europeo per il rischio sistemico entra in vigore il 16 dicembre 2010. Il CERS insieme alle tre autorità europee e alle autorità degli stati membri formano il Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF).
Il Comitato europeo per il rischio sistemico ha sede a Francoforte e il funzionamento del suo Segretariato è garantito dalla Banca centrale europea. Il Comitato è un organismo indipendente della UE con il compito di sorvegliare la stabilità macro-prudenziale del sistema finanziario della UE. Il Comitato contribuisce a prevenire e mitigare i rischi sistemici alla stabilità finanziaria dell'Unione che originano all'interno dello stesso sistema europeo. Il Comitato ha anche il compito di contribuire al corretto e regolare funzionamento del mercato interno e garantire che il sistema finanziario contribuisca in modo sostenibile alla crescita economica dell'Unione. Gli organi del Comitato sono: il Consiglio generale, lo Steering Committee, il Segretariato (curato dalla BCE), il Comitato scientifico consultivo, il Comitato tecnico consultivo. L'obiettivo strategico del Comitato è quello della sorveglianza macro-prudenziale sul sistema finanziario dell'Unione europea e la prevenzione o mitigazione del rischio sistemico che può originare all'interno del sistema finanziario europeo. Inoltre, il Comitato deve contribuire al corretto e regolare funzionamento del mercato unico dell'Unione e assicurare che il settore finanziario contribuisca alla crescita economica. Per raggiungere tale obiettivo strategico, la normativa europea ha assegnato al Comitato una serie di compiti istituzionali: analizzare e studiare le informazioni rilevanti - identificare i potenziali rischi a rilevanza sistemica - comunicare, se necessario pubblicamente, i rischi che sono considerati rilevanti - emanare raccomandazioni, se necessario anche pubblicamente, affinché siano prese misure correttive in risposta ai rischi segnalati - coordinare le sue azioni con quelle delle organizzazioni internazionali, in particolare il Fondo monetario internazionale, il Financial Stability Board e tutte le autorità appartenenti a paesi terzi coinvolte nella sorveglianza e nell'analisi macroprudenziale.
CERS, il Comitato europeo per il rischio sistemico (in inglese, European Systemic Risk Board - ESRB) è una agenzia dell'Unione europea, con sede a Francoforte, responsabile per la vigilanza macro-prudenziale del sistema finanziario dell'Unione. Il Consiglio della UE ha approvato la costituzione della nuova agenzia nella riunione del 18 e del 19 luglio 2009. Nel 2008 Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, istituisce un gruppo indipendente di esperti guidato da Jacques de Larosière. A novembre del 2008 il gruppo si riunisce la prima volta e a fine febbraio 2009 redige un rapporto che presenta alla Commissione europea con alcune raccomandazioni per rafforzare la sorveglianza sul sistema finanziario europeo. Le raccomandazioni del rapporto del gruppo Larosière vengono accolte e trasformate in indicazioni operative dagli organi comunitari. Il Consiglio dell'Unione europea nella riunione del 18 e 19 luglio 2009 approva la creazione di un Comitato europeo per il rischio sistemico o CERS (European Systemic Risk Board) per il monitoraggio della stabilità finanziaria a livello europeo. Contestualmente il Consiglio ha approvato anche l'istituzione di tre nuove autorità europee che insieme costituiscono il Comitato congiunto delle autorità europee di vigilanza:
L'Autorità bancaria europea (in inglese, European Banking Authority - EBA) per la vigilanza del mercato bancario;
L'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (European Insurance and Occupational Pensions Authority - EIOPA) per la sorveglianza del mercato assicurativo;
L'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (European Securities and Markets Authority - ESMA) per la sorveglianza del mercato dei valori mobiliari.
La legislazione che stabilisce il Comitato europeo per il rischio sistemico entra in vigore il 16 dicembre 2010. Il CERS insieme alle tre autorità europee e alle autorità degli stati membri formano il Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF).
Il Comitato europeo per il rischio sistemico ha sede a Francoforte e il funzionamento del suo Segretariato è garantito dalla Banca centrale europea. Il Comitato è un organismo indipendente della UE con il compito di sorvegliare la stabilità macro-prudenziale del sistema finanziario della UE. Il Comitato contribuisce a prevenire e mitigare i rischi sistemici alla stabilità finanziaria dell'Unione che originano all'interno dello stesso sistema europeo. Il Comitato ha anche il compito di contribuire al corretto e regolare funzionamento del mercato interno e garantire che il sistema finanziario contribuisca in modo sostenibile alla crescita economica dell'Unione. Gli organi del Comitato sono: il Consiglio generale, lo Steering Committee, il Segretariato (curato dalla BCE), il Comitato scientifico consultivo, il Comitato tecnico consultivo. L'obiettivo strategico del Comitato è quello della sorveglianza macro-prudenziale sul sistema finanziario dell'Unione europea e la prevenzione o mitigazione del rischio sistemico che può originare all'interno del sistema finanziario europeo. Inoltre, il Comitato deve contribuire al corretto e regolare funzionamento del mercato unico dell'Unione e assicurare che il settore finanziario contribuisca alla crescita economica. Per raggiungere tale obiettivo strategico, la normativa europea ha assegnato al Comitato una serie di compiti istituzionali: analizzare e studiare le informazioni rilevanti - identificare i potenziali rischi a rilevanza sistemica - comunicare, se necessario pubblicamente, i rischi che sono considerati rilevanti - emanare raccomandazioni, se necessario anche pubblicamente, affinché siano prese misure correttive in risposta ai rischi segnalati - coordinare le sue azioni con quelle delle organizzazioni internazionali, in particolare il Fondo monetario internazionale, il Financial Stability Board e tutte le autorità appartenenti a paesi terzi coinvolte nella sorveglianza e nell'analisi macroprudenziale.
Con il regolamento 2015-2365 la Commissione Europea risponde alla necessità di accrescere la trasparenza dei mercati di finanziamento tramite titoli e pertanto del sistema finanziario, regolamento che segue il quadro strategico dell'FSB per assicurare pari condizioni di concorrenza e la convergenza internazionale. Esso crea un quadro normativo dell'Unione nel quale le informazioni delle SFT possono essere efficientemente segnalate ai repertori di dati sulle negoziazioni e le informazioni su tali operazioni e ai total return swap sono comunicate agli investitori degli organismi d'investimento collettivo; un repertorio di dati è un soggetto giuridico stabilito nell'Unione Europea e registrato presso l'ESMA (AESFEM in italiano) oppure riconosciuto dall'ESMA se stabilito in un terzo paese. La definizione di SFT nel presente regolamento non comprende i contratti derivati di cui al regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio; comprende le operazioni comunemente denominate swap di liquidità e swap con garanzie reali, che non rientrano nella definizione di contratti derivati di cui al regolamento (UE) n. 648/2012. La Commissione Europea nella definizione del nuovo regolamento ha tenuto conto dello stato evolutivo delle pratiche di mercato e della tecnologia che consente ai partecipanti al mercato di avvalersi di operazioni diverse da quelle di finanziamento tramite titoli, per la gestione di liquidità e garanzie reali, come strategia reddituale (yield enhancement), per coprire vendite allo scoperto o per l'arbitraggio fiscale sui dividendi, operazioni che potrebbero avere un effetto economico equivalente alle SFT rispetto ai rischi posti, tra cui la prociclicità indotta da valori fluttuanti delle attività e dalla volatilità, trasformazioni delle scadenze o della liquidità derivanti dal finanziamento di attività a lungo termine o illiquide mediante attività a breve termine o liquide, e il contagio finanziario dovuto alle interconnessioni delle catene di operazioni che comportano il riutilizzo delle garanzie reali. Vengono considerate le dinamiche che si potrebbero instaurare tra gli Stati membri a seguito della adozione della riforma strutturale del settore bancario in base alle questioni sollevate dal quadro strategico dell'FSB, dinamiche che indurrebbero gli Stati membri ad adottare disposizioni nazionali divergenti che andrebbero ad ostacolare il regolare funzionamento del mercato interno a scapito dei partecipanti al mercato e della stabilità finanziaria; inoltre, a causa della mancanza di norme armonizzate in materia di trasparenza le autorità nazionali hanno difficoltà a confrontare i dati di micro-livello provenienti da diversi Stati membri e quindi a comprendere i rischi reali che i singoli partecipanti al mercato pongono al sistema. Il regolamento UE 2015-2365 ha tra gli altri intendi, evitare che si creino distorsioni e ostacoli nell'Unione dovuti alla mancanza di norme armonizzate in materia di trasparenza tra gli Stati membri; conseguenza, è opportuno che la base giuridica appropriata per il presente regolamento sia l'articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), interpretato conformemente alla giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell'Unione europea, articolo che detta disposizioni in merito all'adozione delle misure per la creazione e funzionamento del mercato interno, consentendo ad uno stato membro disposizioni nazionali dopo l'adozione di una misura di armonizzazione per evitare restrizioni quantitative tra gli stati membri, senza pregiudicare restrizioni dovute a motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale, a patto di non costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri. Lo stesso articolo consente ad uno Stato membro di introdurre disposizioni nazionali a seguito dell'adozione di una misura di armonizzazione solo su approvazione della Commissione Europea e fondata su prove scientifiche; lo stesso articolo sancisce nel paragrafo 2 una deroga per quanto concerne le disposizioni fiscali, le disposizioni relative alla libera circolazione delle persone e relative ai diritti ed interessi dei lavoratori dipendenti.
Con il regolamento vengono quindi stabilite le nuove norme sulla trasparenza con obbligo di prevedere la segnalazione delle informazioni riguardanti le SFT convenute da tutti i partecipanti al mercato, siano essi entità finanziarie o non finanziarie, tra cui la composizione delle garanzie reali, se le garanzie reali sono disponibili al riutilizzo o sono state riutilizzate, la sostituzione delle garanzie reali a fine giornata e gli scarti di garanzia applicati. Per ridurre al minimo i costi operativi aggiuntivi dei partecipanti al mercato le nuove norme e disposizioni dovrebbero basarsi sulle infrastrutture, procedure operative e i formati preesistenti che sono stati introdotti in ordine alla segnalazione dei contratti derivati ai repertori di dati sulle negoziazioni. In tale contesto l'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, ESMA) istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio dovrebbe, per quanto fattibile e pertinente, ridurre al minimo le sovrapposizioni ed evitare le incoerenze tra le norme tecniche adottate ai sensi del presente regolamento e quelle adottate ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (UE) n. 648/2012 riguardante gli obblighi di segnalazione relative ai contratti derivati. Il quadro giuridico di cui al presente regolamento SFT dovrebbe, nella misura del possibile, essere lo stesso di quello introdotto dal regolamento (UE) n. 648/2012 in relazione alla segnalazione dei contratti derivati ai repertori di dati sulle negoziazioni registrati a tal fine. In tal modo i repertori di dati sulle negoziazioni registrati o riconosciuti conformemente a detto regolamento (articoli 55 e 99 del regolamento 648/2012) potrebbero assolvere la funzione di repertorio prevista dal presente regolamento se rispettano determinati criteri supplementari, fatto salvo il completamento di una procedura di registrazione semplificata. Le nuove norme in materia di trasparenza delle SFT e dei total return swap sono strettamente collegate alle direttive 2009/65/CE e 2011/61/UE (di cui ci occuperemo nel paragrafo successivo) del Parlamento europeo e del Consiglio, in quanto le direttive stesse costituiscono il quadro giuridico che disciplina la creazione, la gestione e la commercializzazione degli organismi di investimento collettivo, organismi che possono operare come organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), amministrati da società di gestione o di investimento di OICVM autorizzate a norma della direttiva 2009/65/CE, oppure in fondi di investimento alternativi (FIA, fondi di investimento alternativi) amministrati da gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) autorizzati o registrati a norma della direttiva 2011/61/UE. Le nuove norme in materia di trasparenza delle SFT e dei total return swap introdotte dal presente regolamento integrano, e vengono applicate in aggiunta alle disposizioni delle direttive 2009/65/CE e 2011/61/UE.
Il regolamento (UE) 2015-2365 stabilisce che lo scambio o la trasmissione di dati personali da parte delle autorità competenti degli Stati membri o dei repertori di dati sulle negoziazioni avvenga conformemente alle norme sul trasferimento dei dati personali di cui alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, abrogato dal regolamento (UE) 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. è ritenuto opportuno che anche lo scambio o la trasmissione di dati personali da parte dell'ESMA, dell'EBA o dell'EIOPA avvenga conformemente alle norme sul trasferimento di dati personali di cui al regolamento (CE) n. 45/2001 concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari (le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione istituiti dal TUE, dal TFUE o dal trattato Euratom oppure sulla base di tali trattati), nonché la libera circolazione di tali dati; da considerare che il regolamento (CE) numero 45/2001 è successivamente abrogato dal regolamento (UE) 2018/1725, oggi in vigore. Inoltre essendo le nuove regole uniformi sulla trasparenza delle SFT e di taluni derivati OTC (in particolare i total return swap) definiti dal regolamento, strettamente legate alle norme degl'obblighi di segnalazione definite dal regolamento (UE) n. 648/2012, poiché i derivati OTC rientrano nell'ambito di applicazione dei medesimi obblighi di segnalazione, con l'articolo 32 del regolamento (UE) 2015-2365 vengono apportate alcune modifiche al regolamento (UE) 648/2012 per garantire un ambito di applicazione coerente di entrambe le serie di obblighi in materia di trasparenza e segnalazione. In particolare viene tracciata una distinzione chiara tra derivati OTC e derivati negoziati in borsa, indipendentemente dal fatto che questi contratti siano negoziati nei mercati dell'Unione o dei paesi terzi. L'articolo 32 modifica il punto 7 dell'articolo 2 del regolamento (UE) 648/2012 definendo "derivato OTC" o "contratto derivato OTC": un contratto derivato la cui esecuzione non ha luogo su un mercato regolamentato ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, punto 14), della direttiva 2004/39/CE o su un mercato di un paese terzo considerato equivalente a un mercato regolamentato a norma dell'articolo 2 bis del presente regolamento; inoltre introduce l'articolo 2 bis con cui vengono sancite disposizioni di equivalenza ai fini della definizione dei derivati OTC per un mercato di un paese di terzi a un mercato regolamentato ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 2004/39/CE e successive modifiche; viene quindi sancita la norma che consente di identificare in modo chiaro i mercati equivalenti ai mercati regolamentari di terzi paesi al fine di poter tracciare la chiara distinzione tra i derivati ed i derivati OTC.
Nel capo I del regolamento 2015/2365/UE viene definito l'oggetto, l'ambito di applicazione e le definizioni di interesse. Il regolamento, come ribadito sopra, stabilisce norme in materia di trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli (SFT) e di riutilizzo; si applica ai soggetti controparti in una SFT stabilita nell'Unione, comprese tutte le relative succursali, a prescindere dal luogo in cui sono ubicate ed in un paese terzo, se la SFT è conclusa nello svolgimento delle attività di una succursale nell'Unione di tale controparte. Alle società di gestione di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e le società di investimento OICVM a norma della direttiva 2009/65/CE, i gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) autorizzati ai sensi della direttiva 2011/61/UE, la controparte che svolge attività di riutilizzo stabilita nell'Unione, comprese tutte le relative succursali, a prescindere dal luogo in cui sono ubicate; si applica anche alle controparti che svolge attività di riutilizzo in un paese terzo, se il riutilizzo è effettuato nello svolgimento delle attività di una succursale di tale controparte nell'Unione, o il riutilizzo riguarda strumenti finanziari forniti nell'ambito di un contratto di garanzia reale da una controparte stabilita nell'Unione o da una succursale nell'Unione di una controparte stabilita in un paese terzo. Sancisce deroghe degl'obblighi di segnalazione e salvaguardia dei SFT definiti nell'articolo 4 e per gli obblighi definiti dall'articolo 14, trasparenza degli organismi d'investimento collettivo nell'informativa pre-contrattuale, per i membri del sistema europeo di banche centrali (SEBC), altri enti degli Stati membri che svolgono funzioni analoghe e altri enti pubblici dell'Unione incaricati della gestione del debito pubblico o che intervengono nella medesima; la Banca dei regolamenti internazionali e alle operazioni di cui è controparte un membro del SEBC.
Nel capo II, articolo 4 viene definito l'obbligo di segnalazione dei repertori di dati sulle negoziazioni: le controparti delle SFT trasmettono le informazioni relative alle operazioni SFT che hanno concluso, come pure la loro modifica o la loro cessazione, a un repertorio di dati sulle negoziazioni registrato conformemente all'articolo 5 o riconosciuto conformemente all'articolo 19. Tali informazioni sono trasmesse al più tardi il giorno lavorativo che segue la conclusione, la modifica o la cessazione dell'operazione. Lo stesso articolo definisce la possibilità di delegazione delle informazioni relative alle SFT, inoltre stabilisce che se una controparte finanziaria conclude un SFT con una controparte non finanziaria che alla data di chiusura del bilancio è classificata come media impresa secondo i limiti numerici di almeno due dei tre criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (Stato patrimoniale 20 milioni di Euro, Utili netti 40 milioni di Euro, numero medio di dipendenti occupati durante l'esercizio: 250), la controparte finanziaria è responsabile della segnalazione per entrambe le controparti; nel caso in cui la controparte di operazioni di trasferimento tramite titoli sia un OICVM gestito da una società di gestione, quest'ultima è responsabile della segnalazione per conto dell'OICVM, se invece la controparte sia un fondo di investimento alternativo, il gestore di quest'ultimo è responsabile della segnalazione per conto del fondo. Le controparti conservano i dati relativi alle SFT da esse concluse, modificate o cessate per un periodo minimo di cinque anni dopo la loro cessazione. Se un repertorio di dati sulle negoziazioni non è disponibile per la registrazione delle informazioni relative alle SFT, le controparti provvedono a che tali informazioni siano segnalate all'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) ESMA, in questo caso, l'ESMA provvede a che tutte le entità competenti di cui all'articolo 12, paragrafo 2, abbiano accesso a tutte le informazioni relative alle SFT di cui hanno bisogno per assolvere i rispettivi compiti e mandati. Per quanto riguarda le informazioni ricevute a norma dell'articolo 4 del regolamento (obbligo di segnalazione e salvaguardia per quanto riguarda le SFT), i repertori di dati sulle negoziazioni e l'ESMA rispettano le disposizioni pertinenti in materia di riservatezza, integrità e protezione delle informazioni e si conformano agli obblighi stabiliti in particolare all'articolo 80 del regolamento (UE) n. 648/2012 riguardante la salvaguardia e registrazione dei repertori di dati in cui i riferimenti all'articolo 9 e ai contratti derivati dello stesso regolamento vanno sostituiti con l'articolo 4 del regolamento 2015/2365/UE e con le SFT, sostituzione finalizzata esclusivamente allo stesso articolo 4 per la conformità agl'obblighi sanciti con l'articolo 80 del regolamento 648/2012. Sempre con l'articolo 4 del regolamento 2015/2365, la Commissione Europea stabilisce che per una controparte segnalante informazioni relative a una SFT a un repertorio di dati sulle negoziazioni o all'ESMA o un'entità segnalante tali informazioni per conto di una controparte non è considerata in violazione di eventuali restrizioni alla divulgazione di informazioni imposte dal contratto o da altre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative; il soggetto che effettua la segnalazione, i suoi amministratori e dipendenti sono esclusi da ogni responsabilità derivante dalla segnalazione. Al fine di garantire l'applicazione coerente del presente articolo e la coerenza con la segnalazione effettuata ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (UE) n. 648/2012 e delle norme concordate a livello internazionale, l'ESMA, in stretta cooperazione con il SEBC e tenendo conto delle esigenze di questo, elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare le informazioni delle segnalazioni per i diversi tipi di SFT, che comprendano almeno:
a) le parti della SFT e, se diverso, il beneficiario dei diritti e delle obbligazioni che ne derivano;
b) l'importo del capitale; la valuta; le attività usate come garanzia reale e relativi tipo, qualità e valore; il metodo utilizzato per fornire garanzie reali; se le garanzie reali sono disponibili per il riutilizzo; nel caso in cui le garanzie reali siano distinguibili da altre attività, se sono state riutilizzate; eventuali sostituzioni delle garanzie reali; il prezzo di riacquisto; la commissione di prestito o il tasso del finanziamento con margini; eventuali scarti di garanzia; la data di valuta; la data di scadenza; la data del primo richiamo e il segmento di mercato;
c) in funzione delle SFT, le informazioni concernenti: i) il reinvestimento delle garanzie reali consistenti in disponibilità liquide; ii) i titoli o le merci concessi o assunti in prestito.
Nell'elaborare tali progetti di norme tecniche, l'ESMA tiene conto delle specificità tecniche degli aggregati di attività e, se del caso, prevede la possibilità di segnalare i dati delle garanzie reali a livello di posizione. L'ESMA, in stretta collaborazione con il SEBC e tenendo conto delle esigenze di questo, ha elaborato progetti di norme tecniche di attuazione che specifichino il formato e la frequenza delle segnalazioni per i diversi tipi di SFT, il formato include in particolare: a) gli identificativi globali delle entità giuridiche (codice LEI) o i codici pre-LEI, fino a che non sia integralmente attuato il sistema globale di identificazione delle entità giuridiche (3°); b) i numeri internazionali di identificazione dei titoli (codice ISIN); e c) gli identificativi unici delle operazioni. Nell'elaborazione di tali progetti di norme tecniche l'ESMA ha tenuto conto degli sviluppi internazionali e delle norme concordate a livello di Unione o globale.
a) le parti della SFT e, se diverso, il beneficiario dei diritti e delle obbligazioni che ne derivano;
b) l'importo del capitale; la valuta; le attività usate come garanzia reale e relativi tipo, qualità e valore; il metodo utilizzato per fornire garanzie reali; se le garanzie reali sono disponibili per il riutilizzo; nel caso in cui le garanzie reali siano distinguibili da altre attività, se sono state riutilizzate; eventuali sostituzioni delle garanzie reali; il prezzo di riacquisto; la commissione di prestito o il tasso del finanziamento con margini; eventuali scarti di garanzia; la data di valuta; la data di scadenza; la data del primo richiamo e il segmento di mercato;
c) in funzione delle SFT, le informazioni concernenti: i) il reinvestimento delle garanzie reali consistenti in disponibilità liquide; ii) i titoli o le merci concessi o assunti in prestito.
Nell'elaborare tali progetti di norme tecniche, l'ESMA tiene conto delle specificità tecniche degli aggregati di attività e, se del caso, prevede la possibilità di segnalare i dati delle garanzie reali a livello di posizione. L'ESMA, in stretta collaborazione con il SEBC e tenendo conto delle esigenze di questo, ha elaborato progetti di norme tecniche di attuazione che specifichino il formato e la frequenza delle segnalazioni per i diversi tipi di SFT, il formato include in particolare: a) gli identificativi globali delle entità giuridiche (codice LEI) o i codici pre-LEI, fino a che non sia integralmente attuato il sistema globale di identificazione delle entità giuridiche (3°); b) i numeri internazionali di identificazione dei titoli (codice ISIN); e c) gli identificativi unici delle operazioni. Nell'elaborazione di tali progetti di norme tecniche l'ESMA ha tenuto conto degli sviluppi internazionali e delle norme concordate a livello di Unione o globale.
(3°) NOTA: l'identificativo della persona giuridica (LEI) è un codice alfanumerico, composto da 20 caratteri, che si basa sullo standard ISO 17442 definito dall'Organizzazione internazionale per la normazione (ISO), esso si associa ad informazioni di riferimento chiave che consentono di identificare in modo univoco le persone giuridiche interessate da una transazione economica e contiene informazioni sulla struttura proprietaria della persona giudica. Un archivio globale di codici LEI consultabili che aumenta la trasparenza nel mercato globale. Il Consiglio per la Stabilità Finanziaria (FSB) ritiene necessario adottare a livello globale il codice LEI perché consente una migliore gestione del rischio favorendo una maggiore qualità e accuratezza dei dati finanziari nel loro complesso. L'insieme di dati associati ai codici LEI pubblicamente disponibili consente di accedere a informazioni standardizzate sulle persone giuridiche in tutto il mondo. I dati sono registrati e verificati regolarmente ai sensi di protocolli e procedure definiti dal Comitato di supervisione regolamentare dei codici LEI. In collaborazione con i suoi partner nel Sistema globale LEI, la Global Legal Entity Identifier Foundation (GLEIF) continua ad adoperarsi per ottimizzare ulteriormente la qualità, l'affidabilità e l'usabilità dei dati associati ai codici LEI, mettendo a disposizione degli operatori del mercato numerose informazioni associate alla popolazione di codici LEI. I promotori di questa iniziativa, ossia il Gruppo dei venti, l'FSB e molte autorità normative in tutto il mondo, hanno posto l'accento sulla necessità di rendere il codice LEI un bene pubblico di ampia diffusione. L'Indice globale di codici LEI, strumento reso disponibile dalla GLEIF, contribuisce notevolmente al raggiungimento di questo obiettivo. Tale indice mette a disposizione di qualunque soggetto interessato, in modo pratico e gratuito, tutti i dati associati ai codici LEI. Attualmente il codice LEI è richiesto dalle aziende tramite la GLEIF o suo partner commerciale. a Global Legal Entity Identifier Foundation (GLEIF) pubblica la 'Lista dei codici Entity Legal Forms (ELF)' ('Entity Legal Form (ELF) Code List'). La prima iterazione, pubblicata nel novembre 2017, elenca più di 1.600 forme giuridiche in oltre 50 giurisdizioni. Tra le forme giuridiche rientrano, ad esempio: Limited liability partnership (LLP), Gesellschaft mit beschränkter Haftung (GmbH) e Société Anonyme (SA). La Lista dei codici ELF assegna un codice univoco a ogni forma giuridica, un codice alfanumerico composto da quattro caratteri del set di caratteri latini di base, l'interazione nell'insieme standardizzato di dati di riferimento su una persona giuridica disponibile nell'Indice globale di codici LEI migliora ulteriormente le informazioni tipo 'biglietto da visita' incluse in ogni registro relativo a un Identificativo della persona giuridica (LEI). L'arricchimento dei dati migliora l'esperienza dell'utente poiché favorisce la classificazione delle persone giuridiche e offre pertanto maggiori informazioni riguardanti il mercato globale. La Lista dei codici ELF si basa sulla norma ISO 20275 'Financial Services - Entity Legal Forms (ELF)', sviluppata dall'Organizzazione internazionale per la normazione e pubblicata nel luglio 2017; specifica gli elementi di un sistema univoco per identificare le diverse forme giuridiche esistenti in una giurisdizione. Si propone di codificare le forme giuridiche esistenti nelle giurisdizioni e quindi facilitare la classificazione delle persone giuridiche in base alla loro forma giuridica" dove la norma per forma giuridica intende il "tipo di entità legale in cui viene classificata un'organizzazione all'interno del sistema giuridico o normativo in cui è costituita", conoscenze chiare che costituiscono un elemento importante delle transazioni nel settore dei servizi finanziari, infatti per avviare una relazione d'affari è necessario distinguere il tipo di entità legale con cui viene svolta la transazione inoltre, le parti (e la loro struttura organizzativa) coinvolte nelle transazioni finanziarie devono essere identificate all'interno di tali transazioni. La normazione delle informazioni sulle strutture giuridiche o organizzative offrirà maggiore flessibilità e consentirà di comprendere meglio l'esposizione al rischio e l'accesso al capitale". "Le autorità normative e gli operatori di mercato hanno riconosciuto la necessità di identificare le forme giuridiche, sia a livello nazionale che in maniera coerente sui mercati globali, e hanno richiesto lo sviluppo di una norma in grado di rispondere a tale necessità. La norma ISO 20275 soddisfa l'esigenza di identificare le forme giuridiche in modo strutturato al fine anche di classificare le persone giuridiche in base alla natura della loro struttura giuridica". L'ISO ha istituito un'Autorità di aggiornamento per la norma ISO 20275 composta da membri ISO e membri del Comitato tecnico ISO 68 Financial Services. Alla Segreteria dell'Autorità di aggiornamento è stata nominata l'Associazione Svizzera di Normazione (SNV). L'SNV ha assegnato "l'esecuzione delle attività di segreteria dell'Autorità di aggiornamento" e lo svolgimento dei relativi compiti alla GLEIF. In aggiunta alle altre funzioni svolte, la GLEIF è responsabile dell'identificazione delle forme giuridiche esistenti e dell'assegnazione di un codice ELF univoco a ciascuna forma giuridica ai sensi della norma ISO 20275. In conclusione è previsto che le organizzazioni emittenti di codici LEI riporteranno il codice ELF nei loro processi di emissione dei LEI e nelle loro comunicazioni. Il formato Common Data File (CDF) LEI definisce le modalità secondo le quali le organizzazioni che emettono codici LEI devono comunicare i loro LEI e i dati di riferimento di primo livello, ovvero le informazioni tipo biglietto da visita su una persona giuridica e dal 1° marzo 2018, tutti i LEI di nuova emissione devono riportare il codice ELF della persona giuridica. Fonte: GLEIF.
Nel capo III dall'articolo 5 all'articolo 12 vengono dettate disposizioni sulla registrazione e vigilanza dei repertori di dati sulla negoziazione che con riferimento agli obblighi definiti al capo II tramite l'articolo 4, viene sancito l'obbligo di registrazione dei repertori di dati presso l'ESMA con relativa procedura. Al capo IV del regolamento vengono sanciti gli obblighi di trasparenza nei confronti degli investitori definendo con l'articolo 13 le informative per gli investitori, obbligo delle società di gestione degli OICVM, le stesse società OICVM e i GEFIA di informare gli investitori sull'uso che queste fanno delle SFT e dei total return swap; nell'allegato A del regolamento vengono definiti le informazioni sulle SFT e i total return swap da fornire nelle relazioni semestrali e annuali dell'OICVM e nella relazione annuale del FIA in aggiunta alle informazioni contenute nelle relazioni semestrali ed annuali previste dall'articolo 68 della direttiva 2009/65/CE per gli OICVM e dall'articolo 22 della direttiva 2011/61/UE per i GEFIA. Con l'articolo 14 dello stesso capo vengono sanciti gli obblighi di informazione per gli investitori pre-contrattuali definendo nell'allegato B le informazioni sulle SFT e i total return swap che le società di gestione degli OICVM o le società di investimento OICVM e i GEFIA sono rispettivamente autorizzati a utilizzare, e includono una dichiarazione chiara che sono utilizzate tali operazioni e strumenti; le informazioni sono aggiunte al contenuto del prospetto agli investitori sancito con l'articolo 69 della direttiva 2009/65/CE per gli OICVM e con l'articolo 23, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2011/61/UE per i GEFIA.
Al capo V del regolamento 2015/2365/UE, trasparenza del riutilizzo, articolo 15, vengono definite le condizioni per il diritto della controparte al riutilizzo di strumenti finanziari ricevuti nell'ambito di un contratto di garanzia subordinandolo alle seguenti condizioni:
a) la controparte fornitrice è stata debitamente informata per iscritto dalla controparte ricevente dei rischi e delle conseguenze inerenti: i) al consenso a un diritto di utilizzo di una garanzia fornita nell'ambito di un contratto di garanzia con costituzione di garanzia reale conformemente all'articolo 5 della direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria (4°); oppure ii) alla conclusione di un contratto di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà;
b) la controparte fornitrice ha dato espresso previo consenso, comprovato da una firma, per iscritto o in una forma giuridicamente equivalente, della stessa controparte fornitrice di un contratto di garanzia con costituzione di garanzia reale, le cui condizioni riconoscono un diritto di utilizzo conformemente all'articolo 5 della direttiva 2002/47/CE (4°), ovvero ha accettato espressamente di fornire garanzie reali mediante un contratto di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà. Con riguardo alla lettera a) del primo comma, la controparte fornitrice è informata per iscritto almeno dei rischi e delle conseguenze che potrebbero sorgere in caso di inadempimento della controparte ricevente.
a) la controparte fornitrice è stata debitamente informata per iscritto dalla controparte ricevente dei rischi e delle conseguenze inerenti: i) al consenso a un diritto di utilizzo di una garanzia fornita nell'ambito di un contratto di garanzia con costituzione di garanzia reale conformemente all'articolo 5 della direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria (4°); oppure ii) alla conclusione di un contratto di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà;
b) la controparte fornitrice ha dato espresso previo consenso, comprovato da una firma, per iscritto o in una forma giuridicamente equivalente, della stessa controparte fornitrice di un contratto di garanzia con costituzione di garanzia reale, le cui condizioni riconoscono un diritto di utilizzo conformemente all'articolo 5 della direttiva 2002/47/CE (4°), ovvero ha accettato espressamente di fornire garanzie reali mediante un contratto di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà. Con riguardo alla lettera a) del primo comma, la controparte fornitrice è informata per iscritto almeno dei rischi e delle conseguenze che potrebbero sorgere in caso di inadempimento della controparte ricevente.
(4°) NOTA: L'articolo 5 della direttiva 2002/47/CE sancisce il diritto di utilizzazione della garanzia finanziaria nei contratti di garanzia finanziaria definendo l'obbligo di sostituzione con garanzia reale da parte del beneficiario all'atto di utilizzazione della garanzia finanziaria, assumendosi l'obbligo di trasferire una garanzia equivalente per sostituire la garanzia finanziaria originaria, al più tardi alla data di scadenza per l'adempimento delle obbligazioni finanziarie garantite, contemplate dal contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale; alternativamente il beneficiario della garanzia, alla data fissata per l'adempimento delle obbligazioni finanziarie garantite, trasferisce la garanzia equivalente o, se e nella misura in cui i termini del contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale lo prevedono, compensa la garanzia equivalente con l'obbligazione finanziaria garantita o la utilizza per estinguere l'obbligazione finanziaria garantita. La garanzia equivalente trasferita, è soggetta al contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale cui era soggetta la garanzia finanziaria originaria e si considera come fornita in virtù del contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale nel momento in cui la garanzia finanziaria originale è stata fornita per la prima volta. Gli Stati membri devono assicurare che l'uso della garanzia finanziaria da parte del beneficiario, non renda invalidi o non suscettibili di esecuzione forzata i diritti del beneficiario della garanzia in virtù del contratto per quanto concerne la garanzia finanziaria trasferita dal beneficiario della garanzia. Inoltre se un evento determinante l'escussione della garanzia si verifica mentre l'obbligazione di trasferimento della garanzia reale da parte del beneficiario della garanzia finanziaria, deve ancora essere adempiuta, tale obbligazione può essere oggetto di una compensazione per close-out.
Sempre nell'articolo 15 del regolamento 2015/2365/UE è stabilito che qualsiasi esercizio da parte delle controparti del diritto al riutilizzo è subordinato a entrambe le seguenti condizioni: a) il riutilizzo è realizzato conformemente ai termini specificati nel contratto di garanzia quindi deve essere preceduto e comprovato da una firma, per iscritto o in una forma giuridicamente equivalente della controparte fornitrice, le cui condizioni riconoscono un diritto di utilizzo degli strumenti finanziari ricevuti conformemente all'articolo 5 della direttiva 2002/47/CE, ovvero ha accettato espressamente di fornire garanzie reali mediante un contratto di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà, b) gli strumenti finanziari ricevuti nell'ambito di un contratto di garanzia sono trasferiti dal conto della controparte fornitrice. In deroga alla condizione b), qualora la controparte di un contratto di garanzia sia stabilita in un paese terzo e il conto della controparte che fornisce la garanzia reale sia mantenuto in un paese terzo e soggetto alla legislazione di questo ultimo, il riutilizzo è dimostrato da un trasferimento dal conto della controparte fornitrice o con altri mezzi adeguati.
L'articolo 15 del regolamento lascia impregiudicata la legislazione settoriale più stringente, in particolare le direttive 2009/65/CE e 2014/65/UE, nonché la legislazione nazionale intesa ad assicurare un livello più elevato di protezione per le controparti fornitrici e non incide sulla legislazione nazionale in ordine alla validità o all'effetto di un'operazione. Il regolamento (UE) 2015-2536 al capo VI detta disposizioni sulla vigilanza ed autorità competenti, nel capo VII definisce le condizioni di equivalenza tra i repertori di dati sulle negoziazione STF tra gli Stati membri e gli Stati di terzi paesi al fine di stabilire le regole che ne consentono il riconoscimento e l'equivalenza; nel capo VIII definisce le misure e sanzioni amministrative che le autorità degli stati membri devono imporre almeno per le violazioni degli articoli dal 4 al 15 dello stesso regolamento.
L'articolo 15 del regolamento lascia impregiudicata la legislazione settoriale più stringente, in particolare le direttive 2009/65/CE e 2014/65/UE, nonché la legislazione nazionale intesa ad assicurare un livello più elevato di protezione per le controparti fornitrici e non incide sulla legislazione nazionale in ordine alla validità o all'effetto di un'operazione. Il regolamento (UE) 2015-2536 al capo VI detta disposizioni sulla vigilanza ed autorità competenti, nel capo VII definisce le condizioni di equivalenza tra i repertori di dati sulle negoziazione STF tra gli Stati membri e gli Stati di terzi paesi al fine di stabilire le regole che ne consentono il riconoscimento e l'equivalenza; nel capo VIII definisce le misure e sanzioni amministrative che le autorità degli stati membri devono imporre almeno per le violazioni degli articoli dal 4 al 15 dello stesso regolamento.
Il 14 ottobre 2014 l'FSB ha pubblicato un quadro normativo per gli scarti di garanzia applicabili alle SFT non compensate a livello centrale (tramite una controparte centrale autorizzata ai sensi del regolamento (UE) n. 648/2012); essendo le SFT, in assenza di compensazione e di adeguate garanzie, operazioni esposte a gravi rischi, l'FSB ha definito un quadro normativo per gli scarti di garanzia a doppio binario: 1) norme qualitative per i metodi applicati dai partecipanti al mercato per calcolare gli scarti di garanzia reale
2) livelli numerici minimi degli scarti di garanzia per le SFT non compensate a livello centrale in cui il finanziamento contro garanzie reali diverse da strumenti di debito sovrano è erogato a soggetti non bancari, secondo la seguente tabella:
2) livelli numerici minimi degli scarti di garanzia per le SFT non compensate a livello centrale in cui il finanziamento contro garanzie reali diverse da strumenti di debito sovrano è erogato a soggetti non bancari, secondo la seguente tabella:
2.2 - Credit default swap: regolamento UE 236/2012
Il credit default swap (CDS) è uno swap con la funzione di trasferire il rischio di credito, il più comune tra i derivati creditizi classificato come strumento di copertura. Un investitore (A) vanta un credito (per esempio in ragione di un prestito) nei confronti di una controparte debitrice (B). L'investitore A per proteggersi dal rischio di fallimento della controparte B con il credito che perde di valore o diventi inesigibile si rivolge a una terza parte C, disposta ad accollarsi tale rischio; la controparte C agisce con modalità simili ad una assicurazione, nel gergo tecnico definita protection seller, ovvero "venditore di protezione". La parte A con impegno versa a C un importo periodico, il cui ammontare è il "prezzo" della copertura ed è il principale oggetto dell'accordo contrattuale; in cambio di tale flusso di cassa, il venditore di protezione (C) si impegna a rimborsare alla parte A il valore nominale del titolo di credito, nel caso in cui il debitore B diventi insolvente (evento definito credit default). L'accordo contrattuale tra A e C sul titolo sottostante B è definito credit default swap (CDS). Nel mondo finanziario i CDS sono nati e si sono diffusi come strumenti di copertura, consentendo di scambiare protezione sul mercato come avviene per le valute o per le materie prime. Normalmente la durata di un CDS è di cinque anni, durata che può cambiare essendo un contratto non standardizzato (ne esistono molteplici varianti) ed'è scambiato sul mercato over-the-counter (non regolamentato), dove è possibile pattuire qualsiasi durata. I credit default swap sono anche utilizzati come copertura dal rischio di fallimento (o di declassamento del rating) di uno Stato. In tal caso sono detti in gergo "CDS sovrani" (sovereign CDS). I credit default swap intervengono, ad esempio, nelle vedite di titoli allo scoperto.
Il credit default swap (CDS) è uno swap con la funzione di trasferire il rischio di credito, il più comune tra i derivati creditizi classificato come strumento di copertura. Un investitore (A) vanta un credito (per esempio in ragione di un prestito) nei confronti di una controparte debitrice (B). L'investitore A per proteggersi dal rischio di fallimento della controparte B con il credito che perde di valore o diventi inesigibile si rivolge a una terza parte C, disposta ad accollarsi tale rischio; la controparte C agisce con modalità simili ad una assicurazione, nel gergo tecnico definita protection seller, ovvero "venditore di protezione". La parte A con impegno versa a C un importo periodico, il cui ammontare è il "prezzo" della copertura ed è il principale oggetto dell'accordo contrattuale; in cambio di tale flusso di cassa, il venditore di protezione (C) si impegna a rimborsare alla parte A il valore nominale del titolo di credito, nel caso in cui il debitore B diventi insolvente (evento definito credit default). L'accordo contrattuale tra A e C sul titolo sottostante B è definito credit default swap (CDS). Nel mondo finanziario i CDS sono nati e si sono diffusi come strumenti di copertura, consentendo di scambiare protezione sul mercato come avviene per le valute o per le materie prime. Normalmente la durata di un CDS è di cinque anni, durata che può cambiare essendo un contratto non standardizzato (ne esistono molteplici varianti) ed'è scambiato sul mercato over-the-counter (non regolamentato), dove è possibile pattuire qualsiasi durata. I credit default swap sono anche utilizzati come copertura dal rischio di fallimento (o di declassamento del rating) di uno Stato. In tal caso sono detti in gergo "CDS sovrani" (sovereign CDS). I credit default swap intervengono, ad esempio, nelle vedite di titoli allo scoperto.
La vendita di titoli non direttamente posseduti dal venditore, effettuata nei confronti di uno o più soggetti terzi non direttamente, è chiamata vendita allo scoperto, o anche short selling, venditore a nudo; è una tecnica di vendita sconsigliata per investimenti nel lungo periodo. I titoli, solitamente forniti da una banca o da un intermediario finanziario, durante lo short selling vengono istantaneamente prestati dal loro fornitore al venditore allo scoperto (chiamato anche scopertista o short seller oppure venditore a nudo) e quindi subito venduti da quest'ultimo. Pertanto la vendita allo scoperto si configura come un prestito non di denaro bensì di titoli e, come solitamente accade in quello di denaro, vi è un interesse da corrispondere al datore del prestito. L'ammontare dell'interesse da pagare cresce in relazione all'aumento della durata di questo prestito di titoli, poiché chi effettua la vendita a nudo deve, entro un certo lasso temporale, acquistare sul mercato (quindi a prezzo di mercato) i titoli rifondendoli al prestatore: operazione tecnicamente definita ricopertura dello scoperto (in inglese short covering). Per l'acquirente non vi è differenza tra i titoli acquistati da una vendita allo scoperto o non allo scoperto perché lo short selling attuato dal venditore è praticamente invisibile. L'incasso generato dalla vendita dei titoli viene prima del momento dell'effettivo acquisto da parte del venditore (nella prima fase di vendita all'acquirente il venditori ha in prestito i titoli), lo short selling viene effettuato quando il venditore allo scoperto (perché prende i titoli in prestito) prevede che il costo della loro successiva acquisizione sul mercato (quella destinata alla ricopertura dello scoperto, cioè a rifondere il datore del prestito) sarà inferiore al prezzo precedentemente incassato (e di solito tale controvalore ricevuto viene provvisoriamente posto a garanzia sullo short fino a ricopertura eseguita). In questo caso il rendimento complessivo dell'operazione di short selling sarà risultato in profitto. Al contrario, se il prezzo dei titoli aumenta durante il tempo del prestito, il rendimento dell'operazione sarà risultato in perdita. Per tanto la vendita allo scoperto si effettua principalmente quando i mercati azionari si trovano in fase di ribasso, fase che storicamente hanno una durata più breve e sono meno numerose delle fasi ascendenti, motivo del nome "short" (breve).
Al culmine della crisi finanziaria nel settembre 2008, le autorità competenti di diversi Stati membri e le autorità di vigilanza di paesi terzi quali gli Stati Uniti d'America e il Giappone hanno adottato provvedimenti di emergenza per restringere o vietare le vendite allo scoperto di alcune o di tutte le categorie di titoli. Tali autorità sono intervenute temendo che, in un momento di notevole instabilità finanziaria, le vendite allo scoperto avrebbero potuto aggravare la spirale in discesa dei prezzi delle azioni, in particolare degli istituti finanziari, in misura tale da minacciarne, in ultima analisi, la solidità finanziaria e creare rischi sistemici. Eventi che hanno creato poca armonizzazione tra i provvedimenti adottati dagli Stati membri proprio per la mancanza di uno specifico quadro normativo comune in materia di vendite allo scoperto.
Con l'adozione del regolamento (UE) 236/2012 la Commissione Europea garantisce il corretto funzionamento del mercato interno e migliora le condizioni del suo funzionamento, con particolare riguardo ai mercati finanziari, garantisce un elevato livello di protezione degli investitori e dei consumatori; con tale regolamento la commissione stabilisce un quadro regolamentare comune in materia di norme e poteri relativi alle vendite allo scoperto e ai contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell'emittente (credit default swap). Il quadro regolamentare assicura un maggiore grado di coordinamento e di coerenza tra gli Stati membri nei quali devono essere adottate misure in circostanze eccezionali, armonizza le norme relative alle vendite allo scoperto e alcuni rilevanti aspetti dei credit default swap, impedisce la creazione di ostacoli al buon funzionamento del mercato interno in quanto, e maggiormente impedisce che gli Stati membri continuino ad adottare misure divergenti. Viene adottato un quadro normativo in forma legislativa di regolamento, (il regolamento 236/2012/UE) al fine di assicurare che, le disposizioni che prevedono direttamente per i privati l'obbligo di notifica e quindi comunicazione al pubblico delle proprie posizioni corte nette relative a determinati strumenti e relative alle vendite allo scoperto effettuate in assenza della disponibilità dei titoli per le imprese di investimento o banche, siano applicate in modo uniforme in tutta l'Unione. Il regolamento è necessario anche per conferire all'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) (Aesfem), istituita con il regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, i poteri per coordinare le misure adottate dalle autorità competenti o per adottare essa stessa delle misure.
Il quadro normativo adottato con il regolamento (UE) 236/2012 si estende a tutti gli strumenti finanziari in casi eccezionali e stabilisce norme permanenti proporzionate al rischio che le vendite allo scoperto generano. Stabilisce che le autorità competenti dell'Asfem possono adottare misure relative a tutti gli strumenti finanziari in circostanze eccezionali oltre le misure permanenti che si applicano soltanto a tipi particolari di strumenti finanziari. Vengono definiti obblighi di notifica alle autorità di regolamentazione di importanti posizioni corte nette relative ai titoli di debito Sovrani nell'Unione, che consentono alle stesse autorità di verificare se tali posizioni creano rischi sistematici o siano utilizzate per finalità scorrette; tali comunicazioni devono restare private alle autorità per evitare effetti negativi nei mercati del debito sovrano dove già esistono problemi di liquidità. Gli obblighi di notifica relativi al debito sovrano sono applicati agli strumenti di debito emessi da uno Stato membro e dall'Unione, compresi la Banca europea per gli investimenti, un ministero di uno Stato membro, un'agenzia, una società veicolo o istituzione finanziaria internazionale creata da due o più Stati membri che emette debito per conto di uno o più Stati membri, come il Fondo europeo di stabilità finanziaria o il futuro Meccanismo europeo di stabilità. Nel caso di Stati membri federali, gli obblighi di notifica dovrebbero altresì riguardare gli strumenti di debito emessi da un membro della federazione. Non riguardano altri organi regionali, locali o semi-pubblici di uno Stato membro, che emettono strumenti di debito. L'obiettivo degli strumenti di debito emessi dall'Unione è, in particolare, di fornire sostegno alla bilancia dei pagamenti o alla stabilità finanziaria degli Stati membri o assistenza macrofinanziaria a paesi terzi. Il regolamento stabilisce obblighi di notifica aventi ad oggetto non solo le posizioni corte create negoziando titoli azionari o di debito sovrano nelle sedi di negoziazione (mercati regolamentati), ma anche le posizioni corte create negoziando al di fuori di tali sedi e le posizioni corte nette create con l'utilizzo di prodotti derivati, quali contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), strumenti collegati a indici, contratti finanziari differenziali e scommesse sul differenziale (spread bet) relativi a titoli azionari o al debito sovrano. Impongono informazioni complete ed accurate in merito alle posizioni di una persona fisica o giuridica. In particolare, le informazioni fornite alle autorità di regolamentazione o al mercato tengono conto delle posizioni sia corte che lunghe in modo da offrire informazioni valide in merito alla posizione corta netta in titoli azionari, debito sovrano e credit default swap della persona fisica o giuridica.
Le norme sulla trasparenza sancite dalla commissione prevedono la notifica o la comunicazione al pubblico, quando una modifica di una posizione corta netta comporti un variazione, inoltre sono applicate indipendentemente da dove la persona fisica o giuridica abbia la sede, anche in un paese terzo, laddove tale persona abbia un'importante posizione corta netta in una società le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in una sede di negoziazione nell'Unione o una posizione corta netta in debito sovrano emesso da uno Stato membro o dall'Unione. Nella definizione di vendita allo scoperto non sono inclusi né un contratto pronti contro termine tra due parti, in cui una parte vende all'altra un titolo ad un prezzo determinato con l'impegno di riacquistarlo ad una data successiva ad un altro prezzo determinato, né un contratto derivato in cui si conviene la vendita di titoli ad un prezzo stabilito ad una data futura e non include il trasferimento di titoli in base ad un accordo di prestito di titoli. Le vendite allo scoperto di titoli azionari o di debito sovrano effettuate in assenza della disponibilità dei titoli sono considerate nel regolamento un fattore di aumento del possibile rischio di mancato regolamento e di volatilità del mercato; per ridurre tali rischi vengono imposte delle restrizioni proporzionate alle vendite allo scoperto di tali strumenti. Per la vendita allo scoperto di titoli azionari in assenza della disponibilità dei titoli è necessario che una persona fisica o giuridica abbia concluso un accordo con un terzo a norma del quale quest'ultimo abbia confermato che il titolo azionario è stato localizzato, il che significa che il terzo conferma che ritiene di poter avere la disponibilità del titolo per il regolamento alla scadenza prevista. Ai fini di tale conferma è necessario che siano adottate misure nei confronti di terzi affinché la persona fisica o giuridica abbia la ragionevole aspettativa che il regolamento possa essere effettuato alla scadenza prevista. Ciò comprende misure quali l'assegnazione da parte del terzo di titoli azionari per il prestito o l'acquisto in modo che il regolamento possa avvenire alla scadenza prevista. Per le vendite allo scoperto da coprire con l'acquisto del titolo nella stessa giornata, ciò comprende la conferma da parte del terzo di considerare il titolo facilmente ottenibile per il prestito o l'acquisto. Nel determinare quali misure siano necessarie per avere una ragionevole aspettativa che il regolamento possa avvenire alla scadenza prevista, l'Aesfem terrà conto della liquidità dei titoli azionari, in particolare del livello di scambi e della facilità con cui l'acquisto, la vendita e il prestito possono essere effettuati con un impatto minimo sul mercato.
Vengono definiti obblighi a carico delle controparti centrali in materia di procedure di esecuzione coattiva (buy-in) e di penali per mancato regolamento di operazioni in titoli azionari. Ulteriori norme sono definite per le misure relative al debito sovrano e ai credit default swap su emittenti sovrani, tra cui le misure per una maggiore trasparenza e le restrizioni sulle vendite allo scoperto in assenza della disponibilità dei titoli che stabiliscono obblighi proporzionati e al tempo stesso evitano un impatto negativo sulla liquidità dei mercati delle obbligazioni sovrane nonché dei mercati dei pronti contro termine di obbligazioni sovrane. Sono previsti poteri di intervento per le autorità per esigere una maggiore trasparenza e per imporre limitazioni temporali alle vendite allo scoperto, alle operazioni sui credit default swap o di altro tipo al fine di impedire una riduzione incontrollata del prezzo di uno strumento finanziario in caso di sviluppo sfavorevoli che minacciano in modo grave la stabilità o la fiducia del mercato in uno Stato Membro; misure che potrebbero essere necessarie in conseguenza di vari eventi o sviluppi sfavorevoli, eventi di tipo finanziario o economico, calamità naturali o atti terroristici. Inoltre, alcuni eventi o sviluppi sfavorevoli che richiedono l'adozione di misure potrebbero verificarsi solo in uno Stato membro e non avere implicazioni di tipo transfrontaliero. Nel capo I del regolamento è definito l'ambito di applicazione, le definizioni finalizzate al regolamento, sono definite le posizioni corte e lunghe e la posizione scoperta in un credit default swap su emittenti sovrani. Al capo II sono sancite le norme sulla trasparenza delle posizioni corte nette, al capo III sono definite le norme per le vendite allo scoperto in assenza della disponibilità dei titoli, nel capo IV le condizioni di deroga al regolamento, al capo V sono definiti i poteri di intervento delle autorità competenti e dell'Aesfem, ed il ruolo delle autorità nel capo VI.
Il regolamento (UE) 236/2012 relativo, quindi, alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell'emittente (credit default swap) è modificato dal regolamento (UE) 909/2014 il quale sopprime il relativo articolo 15 relativo alle procedura di esecuzione coattiva buy-in.
3 - UNDERTAKINGS FOR COLLECTIVE INVESTMENT IN TRANSFERABLE SECURITIES
3.1 Introduzione
Il prestito titoli rappresenta una pratica molto diffusa nell'industria dei fondi UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities): investimenti in fondi comuni e Sicav regolamentati dalla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo, pubblicata il 13 gennaio 2009, definita Ucits. La direttiva apporta nuove modifiche alle precedenti Direttive del Parlamento europeo, Ucits precedenti e pubblicate il 21 gennaio 2002 (2001/107/CE, Direttiva gestore e 2001/108/CE, Direttiva prodotto) e che a loro volta avevano costituito un importante aggiornamento della Direttiva 85/611/CEE (prima direttiva Ucits), individua quegli organismi di investimento collettivo del risparmio, fondi comuni e Sicav, che investono principalmente in valori mobiliari conformemente a quanto previsto dal testo normativo; in sostanza le direttive UCITS disciplinano in maniera specifica gli OICVM intesi come gli organismi di investimento collettivo del risparmio che investono in valori mobiliari inclusi i fondi comuni di investimento e le SICAV (società di investimento a capitale variabile). Le società di investimento a capitale variabile SICAV sono assimilata a un fondo comune d'investimento, con la differenza che nel Fondo d'investimento l'investitore è titolare di una quota del fondo stesso, amministrato da una società di gestione distinta (la SGR), mentre nella SICAV l'investitore assume la qualifica di socio della società garante, il cui capitale sociale coincide con il patrimonio amministrato. La prima direttiva Ucits ha permesso agli OICVM autorizzati da uno Stato membro di essere liberamente distribuibili in altri Stati dell'Unione europea (passaporto europeo) promuovendo una maggiore armonizzazione dei mercati. Essendo la criticità della prima direttiva UCITS, scarsa attenzione alla disciplina delle società di gestione degli OICVM (OICR) e dei soggetti depositari dei patrimoni oggetto di investimento e nascita di nuovi tipi di OICVM, che non rientravano nel campo d'applicazione della prima direttiva e che quindi non godevano dei vantaggi da essa offerti, all'inizio degli anni Novanta, una seconda proposta di direttiva UCITS fu sviluppata per risolvere queste questioni; le lunghe dispute politiche tra i Paesi europei fecero sì che venisse presto abbandonata. Con l'approvazione della successiva Ucits, la terza, (direttiva 2001/107/CE, direttiva gestore e direttiva 2001/108/CE, direttiva prodotto) la concessione del passaporto europeo venne estesa a un numero molto più ampio di OICVM che da quel momento rientravano nella nuova definizione di prodotto armonizzato. La commercializzazione delle quote o azioni dei fondi conformi alla Ucits venne consentita , inoltre, in Paesi non-UE quali: Svizzera, Asia, Sud America e Sud Africa. La quarta direttiva Ucits (direttiva 2009/65/CE) ha posto, le basi per una profonda trasformazione del mercato europeo della gestione collettiva del risparmio, innovando ulteriormente la disciplina in tema di passaporto del gestore, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e creando i presupposti per il raggiungimento di maggiori economie di scala all'interno del settore. Il 23 luglio 2014 è stata adottata la direttiva 2014/91/UE (quinta UCITS), che interviene sulla precedente direttiva UCITS per eliminare le disparità tra le norme nazionali in materia di funzioni e responsabilità dei depositari, in materia di politica retributiva dei gestori, in materia di sanzioni amministrative e con gli obiettivi di aumentare la tutela degli investitori e la prevenzione dei rischi finanziari sistemici ed uniformarsi alle nuove disposizioni introdotte dalla AIFMD (Alternative Investment Fund Managers Directive) che stabilisce standard normativi armonizzati per gestori di fondi di investimento alternativi AIFM. Normalmente i fondi alternativi si differenziano dagl'altri fondi comuni di investimento perché hanno una possibilità di investimento in una gamma più ampia di strumenti, ad essi appartengono tutti i fondi comuni di investimento collettivo non armonizzati a differenza degl'OICVM; noti come FIA e non regolamentati a livello europeo, a differenza dei GEFIA (società di gestione dei FIA) come illustrato nel paragrafo 5, proprio perchè costituiti da strumenti finanziari molto diversificati tra i paesi membri, dinamica che causa impedimento ad una regolamentazione armonizzata restando soggetti alle diverse legislazioni esistenti nei singoli Paesi membri dell'Unione Europea. Prima dell'adozione della direttiva (UE) 2014/91, quinta UCITS, la Commissione Europea revisionava ulteriormente la normativa sugli OICVM pubblicando, il 26 luglio 2012, un nuovo documento di consultazione UCITS dal titolo "Product Rules, Liquidity Management, Depositary, Money Market Funds, Long Term Investments". Tale iniziativa getta le basi per un nuovo processo legislativo volto a migliorare il quadro normativo sugli OICVM, e quindi per la definizione di una nuova UCITS, la sesta.
3.1 Introduzione
Il prestito titoli rappresenta una pratica molto diffusa nell'industria dei fondi UCITS (Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities): investimenti in fondi comuni e Sicav regolamentati dalla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo, pubblicata il 13 gennaio 2009, definita Ucits. La direttiva apporta nuove modifiche alle precedenti Direttive del Parlamento europeo, Ucits precedenti e pubblicate il 21 gennaio 2002 (2001/107/CE, Direttiva gestore e 2001/108/CE, Direttiva prodotto) e che a loro volta avevano costituito un importante aggiornamento della Direttiva 85/611/CEE (prima direttiva Ucits), individua quegli organismi di investimento collettivo del risparmio, fondi comuni e Sicav, che investono principalmente in valori mobiliari conformemente a quanto previsto dal testo normativo; in sostanza le direttive UCITS disciplinano in maniera specifica gli OICVM intesi come gli organismi di investimento collettivo del risparmio che investono in valori mobiliari inclusi i fondi comuni di investimento e le SICAV (società di investimento a capitale variabile). Le società di investimento a capitale variabile SICAV sono assimilata a un fondo comune d'investimento, con la differenza che nel Fondo d'investimento l'investitore è titolare di una quota del fondo stesso, amministrato da una società di gestione distinta (la SGR), mentre nella SICAV l'investitore assume la qualifica di socio della società garante, il cui capitale sociale coincide con il patrimonio amministrato. La prima direttiva Ucits ha permesso agli OICVM autorizzati da uno Stato membro di essere liberamente distribuibili in altri Stati dell'Unione europea (passaporto europeo) promuovendo una maggiore armonizzazione dei mercati. Essendo la criticità della prima direttiva UCITS, scarsa attenzione alla disciplina delle società di gestione degli OICVM (OICR) e dei soggetti depositari dei patrimoni oggetto di investimento e nascita di nuovi tipi di OICVM, che non rientravano nel campo d'applicazione della prima direttiva e che quindi non godevano dei vantaggi da essa offerti, all'inizio degli anni Novanta, una seconda proposta di direttiva UCITS fu sviluppata per risolvere queste questioni; le lunghe dispute politiche tra i Paesi europei fecero sì che venisse presto abbandonata. Con l'approvazione della successiva Ucits, la terza, (direttiva 2001/107/CE, direttiva gestore e direttiva 2001/108/CE, direttiva prodotto) la concessione del passaporto europeo venne estesa a un numero molto più ampio di OICVM che da quel momento rientravano nella nuova definizione di prodotto armonizzato. La commercializzazione delle quote o azioni dei fondi conformi alla Ucits venne consentita , inoltre, in Paesi non-UE quali: Svizzera, Asia, Sud America e Sud Africa. La quarta direttiva Ucits (direttiva 2009/65/CE) ha posto, le basi per una profonda trasformazione del mercato europeo della gestione collettiva del risparmio, innovando ulteriormente la disciplina in tema di passaporto del gestore, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e creando i presupposti per il raggiungimento di maggiori economie di scala all'interno del settore. Il 23 luglio 2014 è stata adottata la direttiva 2014/91/UE (quinta UCITS), che interviene sulla precedente direttiva UCITS per eliminare le disparità tra le norme nazionali in materia di funzioni e responsabilità dei depositari, in materia di politica retributiva dei gestori, in materia di sanzioni amministrative e con gli obiettivi di aumentare la tutela degli investitori e la prevenzione dei rischi finanziari sistemici ed uniformarsi alle nuove disposizioni introdotte dalla AIFMD (Alternative Investment Fund Managers Directive) che stabilisce standard normativi armonizzati per gestori di fondi di investimento alternativi AIFM. Normalmente i fondi alternativi si differenziano dagl'altri fondi comuni di investimento perché hanno una possibilità di investimento in una gamma più ampia di strumenti, ad essi appartengono tutti i fondi comuni di investimento collettivo non armonizzati a differenza degl'OICVM; noti come FIA e non regolamentati a livello europeo, a differenza dei GEFIA (società di gestione dei FIA) come illustrato nel paragrafo 5, proprio perchè costituiti da strumenti finanziari molto diversificati tra i paesi membri, dinamica che causa impedimento ad una regolamentazione armonizzata restando soggetti alle diverse legislazioni esistenti nei singoli Paesi membri dell'Unione Europea. Prima dell'adozione della direttiva (UE) 2014/91, quinta UCITS, la Commissione Europea revisionava ulteriormente la normativa sugli OICVM pubblicando, il 26 luglio 2012, un nuovo documento di consultazione UCITS dal titolo "Product Rules, Liquidity Management, Depositary, Money Market Funds, Long Term Investments". Tale iniziativa getta le basi per un nuovo processo legislativo volto a migliorare il quadro normativo sugli OICVM, e quindi per la definizione di una nuova UCITS, la sesta.
3.2 - Società di investimento collettivo: direttive OICVM, (UCITS)
La direttiva 2009/65/CE viene emanata dalla Commissione Europea il 13 luglio 2009, considerato che la direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), ha subito diverse e sostanziali modifiche. Con le nuove modifiche viene effettuato un raggruppamento di tutele precedenti modifiche nell'unica direttiva 2009/65/CE. Con la direttiva 85/611/CEE è stato apportato un importante contributo allo sviluppo del settore degli investimenti finanziari. "Molti miglioramenti sono stati apportati che alle porte del 21° secolo sono risultate inadeguate per gli OICVM per i mercati finanziari del nuovo millennio". Il Libro verde della Commissione, del 12 luglio 2005, sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi d'investimento nell'UE, ha avviato un dibattito pubblico sul modo in cui la direttiva 85/611/CEE doveva essere modificata per far fronte a quelle nuove sfide. Tale intenso processo di consultazione ha portato alla conclusione, ampiamente condivisa, che sono necessarie modifiche sostanziali a tale direttiva. La Commissione ritiene opportuno un coordinamento delle legislazioni nazionali che disciplinano gli organismi d'investimento collettivo, per ravvicinare le condizioni di concorrenza tra questi organismi a livello comunitario, garantendo nel contempo una tutela più efficace e più uniforme dei detentori di quote. Un simile coordinamento agevola l'abolizione delle restrizioni alla libera circolazione di quote di OICVM nella Comunità UE. In merito agl'obbiettivi di sopra la Commissione ritiene importante prevedere norme minime comuni per quanto riguarda l'autorizzazione, la vigilanza, la struttura e l'attività degli OICVM stabiliti negli Stati membri, nonché le informazioni che sono tenuti a pubblicare. Va tenuto conto che le quote di OICVM sono considerate strumenti finanziari ai sensi della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari. L'attività di gestione individuale di portafogli di investimenti è un servizio di investimento disciplinato dalla direttiva 2004/39/CE successivamente rifusa con la direttiva (UE) 2014/65 oggetto di studi nel prossimo paragrafo e per tanto affinché il settore sia disciplinato da un quadro normativo omogeneo, le società di gestione che sono autorizzate a prestare anche tale servizio devono essere assoggettate anche alle condizioni stabilite in detta direttiva.
La direttiva 2009/65/CE viene emanata dalla Commissione Europea il 13 luglio 2009, considerato che la direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), ha subito diverse e sostanziali modifiche. Con le nuove modifiche viene effettuato un raggruppamento di tutele precedenti modifiche nell'unica direttiva 2009/65/CE. Con la direttiva 85/611/CEE è stato apportato un importante contributo allo sviluppo del settore degli investimenti finanziari. "Molti miglioramenti sono stati apportati che alle porte del 21° secolo sono risultate inadeguate per gli OICVM per i mercati finanziari del nuovo millennio". Il Libro verde della Commissione, del 12 luglio 2005, sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi d'investimento nell'UE, ha avviato un dibattito pubblico sul modo in cui la direttiva 85/611/CEE doveva essere modificata per far fronte a quelle nuove sfide. Tale intenso processo di consultazione ha portato alla conclusione, ampiamente condivisa, che sono necessarie modifiche sostanziali a tale direttiva. La Commissione ritiene opportuno un coordinamento delle legislazioni nazionali che disciplinano gli organismi d'investimento collettivo, per ravvicinare le condizioni di concorrenza tra questi organismi a livello comunitario, garantendo nel contempo una tutela più efficace e più uniforme dei detentori di quote. Un simile coordinamento agevola l'abolizione delle restrizioni alla libera circolazione di quote di OICVM nella Comunità UE. In merito agl'obbiettivi di sopra la Commissione ritiene importante prevedere norme minime comuni per quanto riguarda l'autorizzazione, la vigilanza, la struttura e l'attività degli OICVM stabiliti negli Stati membri, nonché le informazioni che sono tenuti a pubblicare. Va tenuto conto che le quote di OICVM sono considerate strumenti finanziari ai sensi della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari. L'attività di gestione individuale di portafogli di investimenti è un servizio di investimento disciplinato dalla direttiva 2004/39/CE successivamente rifusa con la direttiva (UE) 2014/65 oggetto di studi nel prossimo paragrafo e per tanto affinché il settore sia disciplinato da un quadro normativo omogeneo, le società di gestione che sono autorizzate a prestare anche tale servizio devono essere assoggettate anche alle condizioni stabilite in detta direttiva.
La Commissione ritiene che quale logica generale, uno Stato membro di origine dovrebbe, poter emanare norme più rigorose di quelle stabilite nella presente direttiva ove sia ritenuto necessario, con particolare riferimento alla materia che interessa le condizioni di autorizzazione, i requisiti prudenziali e le esigenze in materia di relazioni e prospetti relativi all'attività specifica, oggetto imprenditoriale degli organismi di investimento collettivo.
Con la direttiva 2009/65/CE vengono sancite le norme che definiscano le precondizioni alle quali una società di gestione (gestione collettiva di portafogli: gestione di fondi comuni di investimento o gestione di società di investimento) possa delegare a terzi, sulla base di un mandato, compiti e funzioni specifici allo scopo di accrescere l'efficienza della propria attività. Dovendo essere garantita l'applicazione del principio della vigilanza da parte dello Stato membro di origine, gli Stati membri che consentono una simile delega hanno il compito di assicurare che le società di gestione da essi autorizzate non deleghino la totalità delle loro funzioni a uno o più terzi, in modo da diventare società fantasma, e che l'esistenza dei mandati non impedisca una efficace vigilanza della società di gestione. Una società di gestione che abbia delegato le proprie funzioni non dovrebbe pregiudicare la responsabilità della società stessa e del depositario nei confronti dei detentori delle quote e delle autorità competenti. Con l'intendo di garantire parità di condizioni e una vigilanza adeguata nel lungo periodo, è stabilito che la Commissione esamina la possibilità di armonizzare le modalità di delega a livello comunitario. Come vedremo del paragrafo successivo le società di investimento definite dalla direttiva (UE) 2014/65 sono autorizzate a svolgere l'attività prevalente di erogazione servizi e/o attività di investimento a titolo professionale individuale tra cui la raccolta di fondi dal pubblico finalizzata alle attività di investimento ed erogazione di servizi di investimento come l'esecuzione di ordini di acquisto di titoli, azioni, a differenza delle società di gestione degli organismi di investimento collettivo il cui obbiettivo imprenditoriale è la gestione di fondi comuni di investimento o la gestione di gruppi di società di investimento OICVM. Per OICVM la direttiva 2009/65/CE intende gli organismi: a) il cui oggetto esclusivo è l'investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari o in altre attività finanziarie liquide di cui all'articolo 50, paragrafo 1, e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi; e b) le cui quote sono, su richiesta dei detentori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a valere sul patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il valore delle sue quote sul mercato si allontani sensibilmente dal valore patrimoniale netto. Conformemente al diritto nazionale, gli organismi OICVM possono assumere la forma contrattuale (fondo comune di investimento, gestito da una società di gestione) o di trust (unit trust: tramite atto fiduciario) oppure la forma statutaria (società di investimento); nel primo caso è fatto obbligo designare la società di Gestione, quindi la stessa società di gestione può costituire un OICVM in forma contrattuale, per il secondo caso come vedremo in questo paragrafo vengono sancite disposizioni di deroga per l'obbligo della società di gestione. La società di investimento potrà investire i fondi raccolti dal pubblico in portafogli di investimento collettivo se autorizzata con riferimento alle logiche legali definite dalla direttiva 2009/65/CE; quindi la società di investimento OICVM nel senso della presente direttiva non è assoggettata alle disposizioni della direttiva (UE) 2014/65 per le società di investimento che erogano servizi a livello individuale e non collettivo come gli organismi di investimento. Non sono soggette alla presente direttiva le società d'investimento il cui patrimonio è investito, attraverso l'intermediazione di società controllate, principalmente in beni diversi dai valori mobiliari; è vietato agli OICVM soggetti alla presente direttiva di trasformarsi in organismi d'investimento collettivo non soggetti alla presente direttiva, inoltre, uno Stato membro può applicare agli OICVM stabiliti nel proprio territorio disposizioni aggiuntive o più rigorose, a condizione che queste siano di applicazione generale e non siano contrarie alla direttiva 2009/65/CE. È fatta deroga alla presente direttiva per: a) gli organismi di investimento collettivo di tipo chiuso; b) gli organismi di investimento collettivo che raccolgono capitali senza promuovere la vendita delle proprie quote tra il pubblico all'interno della Comunità o in qualsiasi parte di essa; c) gli organismi di investimento collettivo la cui vendita delle quote è riservata dal regolamento del fondo o dall'atto costitutivo della società d'investimento al pubblico dei paesi terzi; d) le categorie di organismi di investimento collettivo fissate dalla legislazione dello Stato membro in cui sono stabiliti tali organismi di investimento collettivo, per i quali non si possono applicare gli obblighi relativi alla politica d'investimento degli OICVM definiti con le norme del capo VII e gli obblighi generali di un OICVM definiti con le norme dall'articolo 83, in considerazione della loro politica di investimento e di assunzione di prestiti. Gli Stati membri possono consentire a un OICVM di essere costituito da più comparti di investimento e se comprendono più comparti, ai fini delle disposizioni che sanciscono gli obblighi relativi alla politica di investimento, capo VII della direttiva (articoli dal 49 al 57), viene adottato il criterio con cui ogni comparto d'investimento è considerato un OICVM separato.
La direttiva 2009/65/CE stabilisce obbligo per le autorità dello Stato membro di negare o revocare l'autorizzazione ad una società di gestione qualora il contenuto del programma di attività, la distribuzione geografica o le attività effettivamente svolte indichino in modo evidente che ha scelto il sistema giuridico di uno Stato membro al fine di sottrarsi ai criteri più rigidi in vigore in un altro Stato membro sul cui territorio intenda svolgere o svolga la maggior parte delle proprie attività. Stabilisce che una società di gestione dovrebbe essere autorizzata nello Stato membro in cui si trova la sua sede legale. Nel rispetto del principio della vigilanza da parte dello Stato membro di origine, solo le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di gestione dovrebbero essere considerate competenti a vigilare sull'organizzazione della società di gestione, inoltre che dovrebbero essere soggette alla legislazione dello Stato membro di origine tutte le procedure e le risorse necessarie per lo svolgimento delle funzioni di amministrazione per l'attività di gestione collettiva di portafogli (all'allegato II della direttiva): Gestione degli investimenti, Amministrazione degli investimenti, attività suddivisa in a) servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo, b) servizio di informazione per i clienti, c) valutazione e determinazione del prezzo (anche ai fini delle dichiarazioni fiscali), d) controllo dell'osservanza della normativa applicabile, e) tenuta del registro dei detentori delle quote, f) distribuzione dei proventi, g) emissione e riscatto delle quote, h) regolamento dei contratti (compreso l'invio dei certificati), i) tenuta delle registrazioni contabili; in fine Commercializzazione. La direttiva stabilisce che nessuna società di gestione svolge attività diverse dalla gestione di OICVM autorizzati ai sensi della stessa, a meno che non si tratti della gestione aggiuntiva di altri organismi di investimento collettivo non soggetti alla presente direttiva e in merito alla quale la società di gestione è sottoposta alla vigilanza prudenziale, ma le cui quote non sono commercializzabili in altri Stati membri in forza della stessa; sono possibili deroghe in merito da parte degli Stati Membri potendo questi autorizzare le società di gestione a prestare, oltre ai servizi di gestione di OICVM, anche servizi aggiuntivi come i servizi di gestione, su base discrezionale e individuale, di portafogli di investimenti, compresi quelli detenuti da fondi pensione, secondo mandati conferiti dagli investitori se tali portafogli comprendono uno o più degli strumenti elencati nella sezione C dell'allegato I della direttiva 2014/65/UE; o anche, a titolo di servizi accessori: consulenza in materia di investimenti in uno o più degli strumenti elencati nella sezione C dell'allegato I della direttiva 2014/65/UE, custodia e amministrazione di quote di organismi di investimento collettivo (FIA, ad esempio). Le società di gestione non sono in nessun caso autorizzate ai sensi della direttiva 2009/65/CE a prestare unicamente i servizi aggiuntivi o i servizi accessori senza essere autorizzate a svolgere i servizi di gestione di OICVM; la prestazione dei servizi aggiuntivi ed accessori prevede comunque l'applicazione dell'articolo 2, paragrafo 2, e gli articoli 15, 16 e gli articoli 24 e 25 della direttiva 2014/65/UE come modificata dalla direttiva 2014/91/UE.
La direttiva sancisce l'obbligo per gli organismi di investimento di disporre di un capitale iniziale per salvaguardare gli interessi degli azionisti e garantire la parità di condizioni sul mercato per gli stessi organismi di investimento collettivo armonizzati, inoltre impone vincoli su determinate operazioni di investimento legati al proprio patrimonio definendo limiti in percentuali del medesimo patrimonio con le disposizioni del capo VII, (articoli dal 49 al 57). La direttiva 2009/65/CE nell'articolo 22 stabilisce che il patrimonio del fondo comune d'investimento è affidato alla custodia di un depositario; con lo stesso articolo è stabilito che il depositario è responsabile, secondo il diritto nazionale dello Stato membro di origine dell'OICVM, nei confronti della società di gestione e dei detentori di quote, di ogni pregiudizio da essi subito in conseguenza del colposo inadempimento o dell'errato adempimento dei suoi obblighi. Nei confronti dei detentori di quote la responsabilità può essere diretta o indiretta attraverso la società di gestione, a seconda della natura giuridica dei rapporti esistenti fra il depositario, la società di gestione e i detentori di quote, inoltre, la responsabilità del depositario non è intaccata dall'avere affidato a un terzo la totalità o una parte dei valori che ha in custodia. Tra i compiti del depositario vi è l'accertamento che la vendita, l'emissione, il riacquisto, il rimborso o l'annullamento delle quote effettuati per conto del fondo o dalla società di gestione avvengano conformemente alla normativa nazionale applicabile e al regolamento del fondo; accerta che il valore delle quote sia calcolato conformemente alla normativa nazionale applicabile e al regolamento del fondo, inoltre esegue le istruzioni della società di gestione, salvo che siano contrarie alla normativa nazionale applicabile o al regolamento del fondo ed accerta che nelle operazioni relative alle attività del fondo il controvalore gli sia rimesso nei termini d'uso, oltre ad accertare che i rendimenti del fondo ricevano la destinazione conforme alla normativa nazionale applicabile e al regolamento del fondo. Il depositario ha la propria sede legale o è stabilito nello Stato membro di origine dell'OICVM ed è un istituto soggetto a regolamentazione prudenziale e vigilanza continua. Esso presenta garanzie finanziarie e professionali sufficienti per poter svolgere efficacemente la propria attività di depositario e per far fronte agli impegni che risultano dall'esercizio di tale funzione. Gli Stati membri stabiliscono le categorie di istituti che possono essere scelte come depositari, istituto che consente alle autorità competenti dello Stato membro di origine degli OICVM di ottenere, su richiesta, tutte le informazioni che il depositario ha ottenuto nell'espletamento dei propri compiti e che sono necessarie alle autorità competenti ai fini della vigilanza sulla conformità, da parte degli OICVM, alla presente direttiva. Se lo Stato membro d'origine della società di gestione non è lo Stato membro d'origine dell'OICVM, il depositario sottoscrive con la società di gestione un accordo scritto che regola il flusso di informazioni ritenute necessarie al fine di consentirgli di espletare le funzioni di cui sopra e alle altre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che sono rilevanti per i depositari dello Stato membro d'origine dell'OICVM. La Commissione può adottare misure di esecuzione relative alle misure che il depositario deve adottare al fine di adempiere ai propri obblighi in merito a un OICVM gestito da una società di gestione stabilita in un altro Stato membro, comprese le informazioni specifiche da inserire nell'accordo standard in uso da parte del depositario e della società di gestione ai sensi del paragrafo. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della direttiva 2009/65/CE completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione sancita con la decisione 1999/468/CE successivamente abrogata dal regolamento (UE) n. 182/2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione. Con la direttiva 2009/65/CE viene stabilito che le funzioni di società di gestione e di depositario non possono essere esercitate dalla stessa società, inoltre nell'esercizio delle rispettive funzioni la società di gestione e il depositario agiscono in modo indipendente ed esclusivamente nell'interesse dei detentori di quote. La legge o il regolamento del fondo devono definire le condizioni per la sostituzione della società di gestione e del depositario e prevedono le norme per garantire la tutela dei detentori di quote in caso di tale sostituzione. Le autorità competenti dello Stato membro di origine dell'OICVM non possono autorizzare un OICVM se gli esponenti aziendali del depositario non possiedono il requisito dell'onorabilità o non hanno sufficiente esperienza in merito al tipo di OICVM che deve essere gestito. A tal fine, l'identità degli esponenti aziendali del depositario, nonché di qualsiasi persona che li sostituisca nella loro carica, è immediatamente notificata alle autorità competenti. Si intendono per esponenti aziendali le persone che, a norma della legge o dell'atto costitutivo, rappresentano il depositario ovvero che determinano effettivamente la politica dell'attività del depositario.
Con il regolamento delegato (UE) 2016/438 della commissione del 17 dicembre 2015 che integra la direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli obblighi dei depositari vengono sancite le norme in merito al contratto di nomina dello stesso depositario da parte di una società di gestione di un OICVM o società di investimento (autorizzata si sensi della direttiva 2009/65/CE), definisce le funzioni del depositario, i doveri definiti di due diligence (dovuta diligenza), gli obblighi di separazione e protezione in caso di insolvenza dell'IOCVM. Il regolamento stabilisce che all'atto della nomina il depositario valuta i rischi insiti nella natura, scala e complessità della politica e della strategia di investimento dell'OICVM e nell'organizzazione della società di gestione o della società di investimento. In base a tale valutazione il depositario definisce le procedure di sorveglianza adeguate all'OICVM e alle attività in cui questo investe, che sono poi attuate e applicate, inoltre è stabilito dal regolamento che tali procedure siano aggiornate a cadenza periodica. Tra le norme definite dal regolamento vengono sanciti gli obblighi di indipendenza, in particolare l'articolo 21 stabilisce che nessuno può sedere nell'organo di amministrazione della società di gestione e al tempo stesso nell'organo di amministrazione del depositario; nessuno può sedere nell'organo di amministrazione della società di gestione e fare parte al tempo stesso del personale del depositario e nessuno può sedere nell'organo di amministrazione del depositario e fare parte al tempo stesso del personale della società di gestione o della società di investimento. Se l'organo di amministrazione della società di gestione non esercita le funzioni di sorveglianza all'interno della società, l'organo della società incaricato delle funzioni di sorveglianza può essere composto per al massimo un terzo di membri che fanno parte al tempo stesso dell'organo di amministrazione, dell'organo incaricato delle funzioni di sorveglianza o del personale del depositario; se l'organo di amministrazione del depositario non esercita le funzioni di sorveglianza all'interno del depositario, l'organo del depositario incaricato delle funzioni di sorveglianza può essere composto per al massimo un terzo di membri che fanno parte al tempo stesso dell'organo di amministrazione della società di gestione o dell'organo incaricato delle funzioni di sorveglianza della società di gestione o della società di investimento oppure del personale della società di gestione o della società di investimento. Con l'articolo 23 del regolamento 2016/438 vengono sancite le norme concernenti il conflitto di interesse: le società di gestione o la società di investimento e il depositario uniti da un legame o da un legame di gruppo predispongono politiche e procedure per individuare tutti i conflitti d'interessi derivanti da tale legame, adottano tutte le misure ragionevoli atte a evitare detti conflitti d'interessi. Se il conflitto d'interessi si rivela inevitabile, la società di gestione o la società di investimento e il depositario lo gestiscono, monitorano e divulgano in modo da scongiurare effetti negativi sugli interessi dell'OICVM e dei suoi investitori. Il regolamento (UE) 2016/438 è successivamente modificato dal regolamento (UE) 2018/1619 definendo, questo ultimo, disposizioni più rigide per quanto riguarda la custodia degli strumenti finanziari da parte dei depositari con particolare riferimento all'intensificazione dei controlli a carico dei medesimi che delegano a terzi la funzione di custodia e che a loro volta possono ulteriormente sub-delegare. Sancisce disposizioni con riferimento ai conti omnibus con cui i delegati possono custodire gli strumenti finanziari, conti che un depositario attiva presso un delegato per ridurre il carico amministrativo facendosi carico solo della gestione delle scritture contabili per i diversi clienti mentre la custodia degli strumenti finanziari è operata dal delegato che raccoglie in un conto omnibus per il depositario gli strumenti finanziari di tutti i clienti dello stesso depositario; definisce norme di riconciliazione e di frequenza tra i conti omnibus e le scritture contabili dei depositari relativi a ciascun OICVM o relativa società di gestione, stabilisce disposizioni per escludere le attività relative alla proprietà dei valori custoditi per i delegati che sono a carico dei depositari. Le modifiche apportate al regolamento (UE) 2016/438 si considerano obbligatorie a partire dal 1° aprile 2020.
Nella prima parte di questo paragrafo abbiamo visto che la direttiva 2009/65/CE stabilisce per il fondo comune di investimento l'autorizzazione soltanto se le autorità competenti del suo Stato membro di origine hanno approvato la richiesta della società di gestione di gestire tale fondo comune, il regolamento del fondo e la scelta del depositario, inoltre una società d'investimento è autorizzata soltanto se le autorità competenti del suo Stato membro di origine hanno approvato il suo atto costitutivo e la scelta del depositario, nonché, se del caso, la richiesta della società di gestione di gestire tale società di investimento; per le società di investimento che costituiscono un OICVM come illustrato più avanti la direttiva definisce condizioni di deroga dall'obbligo di designare una società di gestione. La stessa direttiva al Capo III stabilisce gli obblighi relativi alle società di gestione, obblighi che costituiscono le condizioni di accesso all'attività, accesso subordinato alla previa autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di origine della società di gestione. L'autorizzazione rilasciata a una società di gestione ai sensi della presente direttiva è valida in tutti gli Stati membri. Come visto nella prima parte di questo paragrafo, nessuna società di gestione può svolgere attività diverse dalla gestione di OICVM autorizzati ai sensi della presente direttiva, a meno che non si tratti della gestione aggiuntiva di altri organismi di investimento collettivo non soggetti alla presente direttiva e in merito alla quale la società di gestione è sottoposta alla vigilanza prudenziale, ma le cui quote non sono commercializzabili in altri Stati membri in forza della stessa; l'attività di gestione di OICVM comprende, ai fini della presente direttiva, le seguenti funzioni: gestione degli investimenti, Amministrazione degli investimenti funzione che include i servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo, il servizio di informazione per i clienti, la valutazione e determinazione del prezzo (anche ai fini delle dichiarazioni fiscali), il controllo dell'osservanza della normativa applicabile, la tenuta del registro dei detentori delle quote, la distribuzione dei proventi, l'emissione e riscatto delle quote, il regolamento dei contratti (compreso l'invio dei certificati), la tenuta delle registrazioni contabili; in fine nell'attività di gestione di un OICVM è compresa la commercializzazione degli investimenti. Abbiamo anche visto che gli Stati membri possono autorizzare le società di gestione a prestare, oltre ai servizi di gestione di OICVM, anche servizi di gestione su base discrezionale e individuale oltre consulenza di portafogli di investimenti, compresi taluni detenuti da fondi pensione, secondo mandati conferiti dagli investitori (portafogli di investimento che comprendono strumenti elencati nella sezione C dell'allegato I della direttiva 2004/39/CE), autorizzazione che si può estendere alla custodia e amministrazione di quote di organismi di investimento collettivo.
La direttiva resta invariate le altre condizioni di applicazione generale stabilite dal diritto nazionale dello Stato membro di origine dell'OICVM, è stabilisce che le autorità competenti non autorizzano una società di gestione se la stessa non soddisfa i seguenti requisiti:
a) la società di gestione dispone di un capitale iniziale pari almeno a 125 000 EUR tenuto conto di quanto segue: i) quando il valore dei portafogli gestiti dalla società di gestione supera 250 000 000 EUR, la società di gestione deve disporre di fondi propri aggiuntivi il cui importo è pari allo 0,02 % del valore dei portafogli gestiti dalla società di gestione che supera i 250 000 000 EUR, ma il totale richiesto del capitale iniziale e dell'importo aggiuntivo non deve superare tuttavia 10 000 000 EUR; ii) ai fini del presente paragrafo, per portafogli della società di gestione si devono intendere: - fondi comuni di investimento gestiti dalla società di gestione, compresi i portafogli per i quali la società ha delegato la gestione, ma esclusi quelli che essa gestisce in delega, - società di investimento della cui gestione è incaricata la società di gestione in questione, - altri organismi di investimento collettivo gestiti dalla società di gestione, compresi i portafogli per i quali la società ha delegato la gestione, ma esclusi quelli che essa gestisce in delega; iii) a prescindere dall'ammontare dei sopra indicati importi, i fondi propri della società di gestione non devono mai essere inferiori all'importo stabilito all'articolo 21 della direttiva 2006/49/CE (direttiva abrogata dalla direttiva 2013/36/UE articoli dal 28 al 32, titolo IV);
b) le persone che dirigono di fatto la società di gestione hanno i requisiti di onorabilità e di esperienza sufficienti anche in rapporto al tipo di OICVM gestiti dalla società di gestione i cui nominativi e i nominativi di chiunque subentri loro nella carica devono essere comunicati immediatamente all'autorità competente; l'attività della società di gestione deve essere decisa da almeno due persone che soddisfino tali requisiti;
c) la domanda di autorizzazione è corredata di un programma di attività indicante quanto meno la struttura organizzativa della società di gestione; e
d) tanto l'amministrazione centrale quanto la sede legale della società di gestione sono situate nello stesso Stato membro.
Ai fini della lettera a) di sopra gli Stati membri possono dispensare le società di gestione dall'obbligo di disporre di fino al 50 % dell'importo aggiuntivo di fondi propri di cui al punto i) se esse beneficiano di una garanzia di pari importo fornita da un ente creditizio o da un'impresa di assicurazione; questi ultimi devono avere la sede legale in uno Stato membro, oppure in un paese terzo purché siano soggetti alle norme prudenziali che le autorità competenti ritengono equivalenti a quelle stabilite dal diritto comunitario.
Se esistono stretti legami tra la società di gestione e altre persone fisiche o giuridiche, le autorità competenti rilasciano l'autorizzazione solo se tali stretti legami non ostacolano l'efficace esercizio delle proprie funzioni di vigilanza. Le autorità competenti negano l'autorizzazione anche qualora le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di un paese terzo cui sono soggette una o più persone fisiche o giuridiche con le quali la società di gestione ha stretti legami, oppure difficoltà inerenti l'applicazione di tali disposizioni, ostacolino l'efficace esercizio delle loro funzioni di vigilanza; è imposto alle società di gestione di comunicare le informazioni necessarie per verificare in ogni momento l'assenza di ostacoli. Le autorità competenti informano il richiedente, entro sei mesi dalla presentazione della domanda completa, del rilascio o del rifiuto dell'autorizzazione, l'eventuale rifiuto deve essere motivato; la società di gestione può iniziare la sua attività non appena l'autorizzazione è rilasciata. Le autorità competenti possono revocare l'autorizzazione rilasciata a una società di gestione soggetta alla presente direttiva soltanto quando tale società non utilizzi l'autorizzazione entro dodici mesi, vi rinuncia espressamente o abbia cessato l'attività disciplinata dalla presente direttiva da più di sei mesi, se lo Stato membro interessato non ha disposto la decadenza dell'autorizzazione in tali casi; è revocata anche quando la società ha ottenuto l'autorizzazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare oppure non soddisfa più le condizioni cui è subordinata l'autorizzazione; altre cause di revoca si determinano quando la società non è più conforme alla direttiva 2006/49/CE (abrogata dalla direttiva 2013/36/UE) se l'autorizzazione comprende anche la gestione, su base discrezionale e individuale, di portafogli di investimenti, compresi quelli detenuti da fondi pensione, secondo mandati conferiti dagli investitori se tali portafogli comprendono uno o più degli strumenti elencati nella sezione C dell'allegato I della direttiva 2014/65/UE (5°). L'autorizzazione è revocata anche quando la società di gestione ha violato in modo grave o sistematico le disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva, o ricade in uno dei casi in cui la revoca è prevista dalla legislazione nazionale. La Commissione ha stabilito con la direttiva 2009/65/UE che le autorità competenti non rilasciano a una società di gestione l'autorizzazione per accedere all'attività se prima non hanno ottenuto comunicazione dell'identità degli azionisti o dei soci, diretti o indiretti, persone fisiche o giuridiche, che vi detengono una partecipazione qualificata nonché dell'entità della medesima; inoltre negano l'autorizzazione se, in funzione della necessità di assicurare una gestione sana e prudente della società di gestione, non sono certe dell'idoneità degli azionisti o soci di cui al primo comma. Viene vietato agli Stati membri di applicare disposizioni alle società di gestione con sede legale fuori della Comunità che iniziano o svolgono già la loro attività in uno Stato Membro la cui conseguenza sia quella di assicurare loro un trattamento più favorevole di quello accordato dalle autorità alle succursali già operanti in uno Stato membro; le autorità competenti dello Stato membro in cui già operano succursali sono consultate in via preliminare in merito all'autorizzazione di qualsiasi società di gestione che sia: una controllata di un'altra società di gestione, una società di investimento, un ente creditizio o una impresa di assicurazione autorizzati in un altro Stato membro una controllata dell'impresa controllante di un'altra società di gestione, una società di investimento, un ente creditizio o una impresa di assicurazione autorizzati in un altro Stato membro, oppure una società controllata dalle stesse persone fisiche o giuridiche che controllano un'altra società di gestione, una società di investimento, un ente creditizio o una impresa di assicurazione autorizzati in un altro Stato membro.
a) la società di gestione dispone di un capitale iniziale pari almeno a 125 000 EUR tenuto conto di quanto segue: i) quando il valore dei portafogli gestiti dalla società di gestione supera 250 000 000 EUR, la società di gestione deve disporre di fondi propri aggiuntivi il cui importo è pari allo 0,02 % del valore dei portafogli gestiti dalla società di gestione che supera i 250 000 000 EUR, ma il totale richiesto del capitale iniziale e dell'importo aggiuntivo non deve superare tuttavia 10 000 000 EUR; ii) ai fini del presente paragrafo, per portafogli della società di gestione si devono intendere: - fondi comuni di investimento gestiti dalla società di gestione, compresi i portafogli per i quali la società ha delegato la gestione, ma esclusi quelli che essa gestisce in delega, - società di investimento della cui gestione è incaricata la società di gestione in questione, - altri organismi di investimento collettivo gestiti dalla società di gestione, compresi i portafogli per i quali la società ha delegato la gestione, ma esclusi quelli che essa gestisce in delega; iii) a prescindere dall'ammontare dei sopra indicati importi, i fondi propri della società di gestione non devono mai essere inferiori all'importo stabilito all'articolo 21 della direttiva 2006/49/CE (direttiva abrogata dalla direttiva 2013/36/UE articoli dal 28 al 32, titolo IV);
b) le persone che dirigono di fatto la società di gestione hanno i requisiti di onorabilità e di esperienza sufficienti anche in rapporto al tipo di OICVM gestiti dalla società di gestione i cui nominativi e i nominativi di chiunque subentri loro nella carica devono essere comunicati immediatamente all'autorità competente; l'attività della società di gestione deve essere decisa da almeno due persone che soddisfino tali requisiti;
c) la domanda di autorizzazione è corredata di un programma di attività indicante quanto meno la struttura organizzativa della società di gestione; e
d) tanto l'amministrazione centrale quanto la sede legale della società di gestione sono situate nello stesso Stato membro.
Ai fini della lettera a) di sopra gli Stati membri possono dispensare le società di gestione dall'obbligo di disporre di fino al 50 % dell'importo aggiuntivo di fondi propri di cui al punto i) se esse beneficiano di una garanzia di pari importo fornita da un ente creditizio o da un'impresa di assicurazione; questi ultimi devono avere la sede legale in uno Stato membro, oppure in un paese terzo purché siano soggetti alle norme prudenziali che le autorità competenti ritengono equivalenti a quelle stabilite dal diritto comunitario.
Se esistono stretti legami tra la società di gestione e altre persone fisiche o giuridiche, le autorità competenti rilasciano l'autorizzazione solo se tali stretti legami non ostacolano l'efficace esercizio delle proprie funzioni di vigilanza. Le autorità competenti negano l'autorizzazione anche qualora le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di un paese terzo cui sono soggette una o più persone fisiche o giuridiche con le quali la società di gestione ha stretti legami, oppure difficoltà inerenti l'applicazione di tali disposizioni, ostacolino l'efficace esercizio delle loro funzioni di vigilanza; è imposto alle società di gestione di comunicare le informazioni necessarie per verificare in ogni momento l'assenza di ostacoli. Le autorità competenti informano il richiedente, entro sei mesi dalla presentazione della domanda completa, del rilascio o del rifiuto dell'autorizzazione, l'eventuale rifiuto deve essere motivato; la società di gestione può iniziare la sua attività non appena l'autorizzazione è rilasciata. Le autorità competenti possono revocare l'autorizzazione rilasciata a una società di gestione soggetta alla presente direttiva soltanto quando tale società non utilizzi l'autorizzazione entro dodici mesi, vi rinuncia espressamente o abbia cessato l'attività disciplinata dalla presente direttiva da più di sei mesi, se lo Stato membro interessato non ha disposto la decadenza dell'autorizzazione in tali casi; è revocata anche quando la società ha ottenuto l'autorizzazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare oppure non soddisfa più le condizioni cui è subordinata l'autorizzazione; altre cause di revoca si determinano quando la società non è più conforme alla direttiva 2006/49/CE (abrogata dalla direttiva 2013/36/UE) se l'autorizzazione comprende anche la gestione, su base discrezionale e individuale, di portafogli di investimenti, compresi quelli detenuti da fondi pensione, secondo mandati conferiti dagli investitori se tali portafogli comprendono uno o più degli strumenti elencati nella sezione C dell'allegato I della direttiva 2014/65/UE (5°). L'autorizzazione è revocata anche quando la società di gestione ha violato in modo grave o sistematico le disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva, o ricade in uno dei casi in cui la revoca è prevista dalla legislazione nazionale. La Commissione ha stabilito con la direttiva 2009/65/UE che le autorità competenti non rilasciano a una società di gestione l'autorizzazione per accedere all'attività se prima non hanno ottenuto comunicazione dell'identità degli azionisti o dei soci, diretti o indiretti, persone fisiche o giuridiche, che vi detengono una partecipazione qualificata nonché dell'entità della medesima; inoltre negano l'autorizzazione se, in funzione della necessità di assicurare una gestione sana e prudente della società di gestione, non sono certe dell'idoneità degli azionisti o soci di cui al primo comma. Viene vietato agli Stati membri di applicare disposizioni alle società di gestione con sede legale fuori della Comunità che iniziano o svolgono già la loro attività in uno Stato Membro la cui conseguenza sia quella di assicurare loro un trattamento più favorevole di quello accordato dalle autorità alle succursali già operanti in uno Stato membro; le autorità competenti dello Stato membro in cui già operano succursali sono consultate in via preliminare in merito all'autorizzazione di qualsiasi società di gestione che sia: una controllata di un'altra società di gestione, una società di investimento, un ente creditizio o una impresa di assicurazione autorizzati in un altro Stato membro una controllata dell'impresa controllante di un'altra società di gestione, una società di investimento, un ente creditizio o una impresa di assicurazione autorizzati in un altro Stato membro, oppure una società controllata dalle stesse persone fisiche o giuridiche che controllano un'altra società di gestione, una società di investimento, un ente creditizio o una impresa di assicurazione autorizzati in un altro Stato membro.
(5°) NOTA: (1) Valori mobiliari. (2) Strumenti del mercato monetario. (3) Quote di un organismo di investimento collettivo. (4) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti su strumenti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, quote di emissioni o altri strumenti finanziari derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti. (5) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, contratti a termine (forward) ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci quando l'esecuzione deve avvenire attraverso il pagamento di differenziali in contanti oppure possa avvenire in contanti a discrezione di una delle parti (per motivi diversi dall'inadempimento o da un altro evento che determini la risoluzione). (6) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci che possono essere regolati con consegna fisica purché negoziati su un mercato regolamentato, un sistema multilaterale di negoziazione o un sistema organizzato di negoziazione, eccettuati i prodotti energetici all'ingrosso negoziati in un sistema organizzato di negoziazione che devono essere regolati con consegna fisica. (7) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, contratti a termine (forward) ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci che non possano essere eseguiti in modi diversi da quelli citati al punto 6 della presente sezione e non abbiano scopi commerciali, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati. (8) Strumenti finanziari derivati per il trasferimento del rischio di credito. (9) Contratti finanziari differenziali. (10) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti su strumenti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, quando l'esecuzione debba avvenire attraverso il pagamento di differenziali in contanti o possa avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti (invece che in caso di inadempimento o di altro evento che determini la risoluzione del contratto), nonché altri contratti su strumenti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, non altrimenti citati nella presente sezione, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato, un sistema organizzato di negoziazione o un sistema multilaterale di negoziazione; (11) Quote di emissioni che consistono di qualsiasi unità riconosciuta conforme ai requisiti della direttiva 2003/87/CE (scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità tra le società detentori di tali quote per l'esercizio delle proprie attività).
Al capo V della direttiva 2009/65/CE sono sanciti gli obblighi relativi alle società di investimento per l'accesso all'attività investimento collettivo dei capitali raccolti tra il pubblico; l'accesso è subordinato alla previa autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di origine della società di investimento che ne determinano la forma giuridica, inoltre la sede legale deve essere situata nello Stato membro di origine della società di investimento collettivo, società che nel rispetto della direttiva non può svolgere attività diverse da quelle previste dalla stessa direttiva nell'articolo 1, paragrafo 2, illustrate nella prima parte di questo paragrafo. Fatte salve le altre condizioni di applicazione generale stabilite dal diritto nazionale dello Stato Membro di origine dell'OICVM, le relative autorità competenti non autorizzano una società di investimento che non abbia designato una società di gestione, salvo che la società di investimento disponga di un capitale iniziale sufficiente, pari ad almeno 300 000 EUR. Inoltre, quando una società di investimento non ha designato una società di gestione autorizzata ai sensi della presente direttiva, si applicano le seguenti condizioni: a) l'autorizzazione deve essere negata, salvo che la domanda di autorizzazione sia corredata di un programma di attività indicante quanto meno la struttura organizzativa della società di investimento; b) gli esponenti aziendali della società di investimento devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità e di esperienza sufficienti anche in rapporto al tipo di affari gestiti dalla società di investimento e, a tal fine, i nominativi degli esponenti aziendali e di chiunque subentri loro nella loro carica devono essere comunicati quanto prima all'autorità competente; la scelta dell'attività della società di investimento deve essere effettuata da almeno due persone che soddisfino tali requisiti; si intende per esponente aziendale la persona che, a norma di legge o dell'atto costitutivo, rappresenta la società di investimento o determina effettivamente l'indirizzo dell'attività; c) se esistono stretti legami tra la società di investimento e altre persone fisiche o giuridiche, le autorità competenti devono rilasciare l'autorizzazione solo se tali stretti legami non ostacolano l'efficace esercizio delle loro funzioni di vigilanza. Le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di investimento negano l'autorizzazione anche qualora le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di un paese terzo cui sono soggette una o più persone fisiche o giuridiche con le quali la società di investimento ha stretti legami, oppure difficoltà inerenti all'applicazione di tali disposizioni, ostacolino l'efficace esercizio delle loro funzioni di vigilanza. Le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di investimento impongono alle società di investimento di comunicare alle autorità stesse le informazioni di cui esse necessitano. Nel caso in cui la società di investimento non abbia designato una società di gestione, la società di investimento riceve, entro sei mesi dalla presentazione di una domanda completa, comunicazione del rilascio o del rifiuto dell'autorizzazione. Il rifiuto deve essere motivato. Una società di investimento può iniziare la sua attività non appena l'autorizzazione è rilasciata. Le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di investimento possono revocare l'autorizzazione rilasciata a una società di investimento soggetta alla presente direttiva soltanto quando tale società: a) non utilizzi l'autorizzazione entro dodici mesi, vi rinunci espressamente o abbia cessato di esercitare l'attività disciplinata dalla presente direttiva da più di sei mesi, se lo Stato membro interessato non ha disposto la decadenza dell'autorizzazione in tali casi; b) ha ottenuto l'autorizzazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare; c) non soddisfa più le condizioni cui era subordinata l'autorizzazione; d) ha violato in modo grave o sistematico le disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva; o e) ricade in uno dei casi in cui la revoca è prevista dal diritto nazionale. Alle società di investimento che non hanno designato una società di gestione autorizzata nel rispetto della direttiva 2009/65/CE si applicano gli articoli 13 e 14 della stessa direttiva (condizioni di esercizio), in quanto compatibili, articoli che sanciscono disposizioni in merito alla possibilità di delegare a terzi ai fini di una conduzione più efficiente della loro attività, l'esercizio per loro conto di una o più delle loro funzioni, inoltre sanciscono disposizioni in merito alla redazione a carico degli Stati Membri delle regole di condotta che le società di investimento devono osservare in ogni momento; in tali disposizioni il riferimento alle società di gestione è da intendersi società di investimento, osservando che le società di investimento gestiscono soltanto i beni del proprio portafoglio e non ricevono, in nessun caso, incarichi riguardanti la gestione di patrimoni per conto terzi.
Lo Stato membro di origine della società di investimento redige le norme prudenziali che le società di investimento operanti senza aver designato una società di gestione autorizzata ai sensi della presente direttiva devono sempre osservare. In particolare, le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di investimento, tenuto conto anche della natura della società di investimento, esigono che essa abbia una buona organizzazione amministrativa e contabile, meccanismi di controllo e di salvaguardia in materia di elaborazione elettronica dei dati e procedure di controllo interno adeguate che comprendano, in particolare, una disciplina per le operazioni personali dei dipendenti o per la detenzione o la gestione di investimenti in strumenti finanziari a scopo di investimento del proprio capitale iniziale e che assicurino, quanto meno, che qualunque transazione in cui intervenga la società possa essere ricostruita per quanto riguarda l'origine, le controparti, la natura nonché il luogo e il momento in cui è stata effettuata e che il patrimonio della società di investimento sia investito conformemente all'atto costitutivo e alle norme in vigore.
La direttiva 2009/65/CE stabilisce che il patrimonio di una società di investimento sia affidato ad un depositario, soggetto responsabile, secondo il diritto nazionale dello Stato membro di origine della società di investimento, nei confronti della società di investimento stessa e dei detentori di quote, di ogni perdita da essi subita in conseguenza dell'inadempimento colposo o dell'errato adempimento dei suoi obblighi. Le funzioni di società di investimento e di depositario non possono essere esercitate dalla stessa società; nell'esercizio delle proprie funzioni, il depositario agisce esclusivamente nell'interesse dei detentori di quote. La legge o l'atto costitutivo delle società di investimento definiscono le condizioni di sostituzione del depositario e prevedono le norme per garantire la tutela dei detentori di quote in caso di tale sostituzione. La responsabilità del depositario di cui sopra non è influenzata dal fatto che esso abbia affidato a un terzo la totalità o una parte dei valori che ha in custodia. Gli obblighi del depositario sanciti dalla direttiva sono di accertare: a) che la vendita, l'emissione, il riacquisto, il rimborso e l'annullamento delle quote effettuati dalla società di investimento o per conto di questa avvengano conformemente alla legge e all'atto costitutivo della società di investimento; b) che nelle operazioni relative al patrimonio della società d'investimento il controvalore gli sia rimesso nei termini d'uso; e c) che i rendimenti della società d'investimento ricevano la destinazione conforme alla legge e all'atto costitutivo. Lo Stato membro di origine della società di investimento può stabilire deroga sull'obbligo di avere un depositario ai sensi della direttiva 2009/65/CE per le società di investimento stabilite sul suo territorio che commercializzano le proprie quote esclusivamente attraverso una o più borse valori alla cui quotazione ufficiale tali quote sono ammesse; gli articoli 76, 84 e 85 della stessa direttiva non si applicano a tali società d'investimento. Tuttavia, le norme per la valutazione del patrimonio di dette società d'investimento sono indicate nel diritto nazionale applicabile o nell'atto costitutivo. Lo Stato membro di origine della società d'investimento può stabilire che le società di investimento stabilite sul suo territorio, che commercializzano almeno l'80 % delle proprie quote attraverso una o più borse valori indicate nell'atto costitutivo, non abbiano l'obbligo di avere un depositario ai sensi della presente direttiva, purché tali quote siano ammesse alla quotazione ufficiale delle borse valori degli Stati membri sul cui territorio le quote sono commercializzate e purché le operazioni fuori borsa siano effettuate dalla società d'investimento soltanto a prezzo di mercato. Nell'atto costitutivo della società d'investimento è indicata la borsa del paese in cui le quote sono commercializzate la cui quotazione determina il prezzo delle operazioni fuori borsa effettuate in questo paese da detta società d'investimento. Lo Stato membro si avvale della deroga sul depositario solo se ritiene che i detentori di quote beneficino di una tutela equivalente a quella di cui beneficiano i detentori di quote degli OICVM che hanno un depositario ai sensi della presente direttiva. In particolare, le società d'investimento devono: a) in mancanza di una normativa nazionale in materia, indicare nell'atto costitutivo i metodi di calcolo del valore patrimoniale netto delle quote; b) intervenire sul mercato per evitare che il valore di mercato delle loro quote si discosti dal loro valore patrimoniale netto di più del 5 %; c) stabilire il valore patrimoniale netto delle quote, comunicarlo alle autorità competenti almeno due volte alla settimana e pubblicarlo due volte al mese. Un revisore dei conti indipendente accerta almeno due volte al mese che il valore delle quote sia calcolato in conformità con la legge e l'atto costitutivo della società d'investimento. In tale occasione il revisore assicura che il patrimonio della società d'investimento sia investito secondo le norme previste dalla legge e dall'atto costitutivo della società d'investimento. 6. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le generalità delle società d'investimento che beneficiano delle deroghe in merito al depositario.
Il depositario ha la propria sede legale o è stabilito nel medesimo Stato membro della società di investimento ed è un istituto soggetto a regolamentazione prudenziale e vigilanza continua. Gli Stati membri stabiliscono le categorie di istituti fra i quali possono essere scelti i depositari. Il depositario consente alle autorità competenti dello Stato membro di origine dell'OICVM di ottenere, su richiesta, tutte le informazioni che il depositario ha ottenuto nello svolgimento dei propri compiti e che sono necessarie alle autorità competenti ai fini della vigilanza sulla conformità, da parte dell'OICVM, alla presente direttiva e se lo Stato membro d'origine della società di gestione non è lo Stato membro d'origine dell'OICVM, il depositario sottoscrive con la società di gestione un accordo scritto che regola il flusso di informazioni ritenute necessarie al fine di consentirgli di svolgere i propri obblighi e alle altre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che sono rilevanti per i depositari dello Stato membro d'origine dell'OICVM. Nella direttiva 2009/65/CE è definita la possibilità per la Commissione di adottare misure di esecuzione relative alle misure che il depositario deve adottare al fine di adempiere ai propri obblighi in merito a un OICVM gestito da una società di gestione stabilita in un altro Stato membro, comprese le informazioni da inserire nell'accordo standard usati dal depositario e dalla società di gestione in merito agli obblighi dello stesso depositario. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo definite con la decisione 1999/468/CE e successive modifiche recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
Tra gli obblighi delle politiche di investimento sanciti con le norme del Capo VII della direttiva 2009/65/CE è stabilito che un OICVM può acquistare quote di altri OICVM o di altri organismi di investimento collettivo di cui all'articolo 50, paragrafo 1, lettera e), purché non oltre il 10 % del proprio patrimonio sia investito nelle quote di uno stesso OICVM o di altro organismo di investimento collettivo. Gli Stati membri possono elevare questo limite a un massimo del 20 %. Gli investimenti in quote di organismi di investimento collettivo diversi dagli OICVM non possono superare, in totale, il 30 % del patrimonio dell'OICVM. Tra le disposizione che definiscono la politica di investimento per un OICVM con l'articolo 56 viene stabilito che : i) una società di investimento o una società di gestione che agisca, per l'insieme dei fondi comuni di investimento che essa gestisce e che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/65/CE, non acquista azioni che diano diritto di voto e che le consentano di esercitare un'influenza notevole sulla gestione di un emittente e fino a un successivo coordinamento, gli Stati membri devono tener conto delle norme esistenti nel diritto degli altri Stati membri che definiscono tele principio; ii) un OICVM non può acquistare più del: a) 10 % di azioni senza diritto di voto di uno stesso emittente; b) 10 % di obbligazioni di uno stesso emittente; c) 25 % di quote di un unico OICVM o altro organismo di investimento collettivo ai sensi della stessa direttiva come definito nell'articolo 1, paragrafo 2, lettere a e b; o d) 10 % di strumenti del mercato monetario di un unico emittente; i limiti di cui alle lettere b), c) e d) possono essere superati all'atto dell'acquisto se in quel momento non è possibile calcolare l'importo lordo delle obbligazioni o degli strumenti del mercato monetario o l'importo netto dei titoli emessi. Una società di investimento o di gestione può acquistare le azioni detenute da un OICVM nel capitale di una società di un paese terzo che investe il suo patrimonio principalmente in titoli di emittenti aventi la loro sede legale in detto paese qualora, in virtù della legislazione di quest'ultimo, una tale partecipazione rappresenti per l'OICVM l'unica possibilità di investire in titoli di emittenti di detto paese se la società dello Stato terzo rispetta nella sua politica di investimento i limiti stabiliti dagli articoli 52 e 55 e le condizioni i) e ii) precedenti. Gli Stati membri possono rinunciare ad applicare le condizioni definite dalle disposizioni legislative i) e ii) di sopra per quanto riguarda: a) i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario emessi o garantiti da uno Stato membro o dai suoi enti locali; b) i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario emessi o garantiti da uno Stato terzo; c) i valori mobiliari e gli strumenti del mercato monetario emessi da un organismo pubblico internazionale di cui fanno parte uno o più Stati membri; d) le azioni detenute da una o più società di investimento nel capitale delle imprese controllate che esercitano solo attività di gestione, di consulenza o di commercializzazione nel paese in cui la società controllata è stabilita, per quanto riguarda il riacquisto di quote su richiesta dei detentori, esclusivamente per suo o loro conto. Nell'articolo 57 della direttiva (UE) 2009/65 la Commissione definisce le condizioni di deroga agl'obblighi della politica di investimento degli OICVM (capo VII, articoli dal 49 al 57), stabilendo che non sono tenuti a osservare gli indicati limiti qualora esercitino il diritto di sottoscrizione pertinente a valori mobiliari o strumenti del mercato monetario che formano parte del loro patrimonio. Gli Stati membri, pur provvedendo a far rispettare il principio della ripartizione dei rischi, possono concedere deroghe agli articoli da 52 a 55 agli OICVM appena costituiti per un periodo di sei mesi a decorrere dalla data della loro autorizzazione. Se il superamento dei limiti del capo VII della direttiva ha luogo indipendentemente dalla volontà dell'OICVM o in seguito all'esercizio dei diritti di sottoscrizione, quest'ultimo, nelle sue operazioni di vendita, si prefigge come obiettivo prioritario la regolarizzazione di tale situazione tenendo conto dell'interesse dei detentori di quote.
Un OICVM feeder è un OICVM o un suo comparto di investimento che, in deroga all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), agli articoli 50, 52, e 55 e all'articolo 56, paragrafo 2, lettera c), ha ricevuto l'approvazione per investire almeno l'85 % del proprio patrimonio in quote di un altro OICVM o in comparti di investimento di quest'ultimo (OICVM master).
Un OICVM master è un OICVM o un suo comparto di investimento che: a) ha fra i suoi detentori di quote almeno un OICVM feeder; b) non è esso stesso un OICVM feeder; e c) non detiene quote di un OICVM feeder. L'OICVM master è soggetto alle seguenti deroghe: a) se un OICVM master ha almeno due OICVM feeder come detentori di quote, non si applicano l'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 3, lettera b), dando facoltà all'OICVM master di raccogliere o meno capitale presso altri investitori; nei casi in cui l'OICVM master non raccolga capitali dal pubblico in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito, ma ha solo uno o più OICVM feeder in tale Stato membro, non si applicano le disposizioni speciali applicabili agli OICVM che commercializzano le loro quote in Stati membri diversi da quelli in cui sono stabiliti e sanciti nel capo XI (articoli dal 91 al 96), inoltre le relative autorità (dello Stato membro in cui l'OICVM commercializza le proprie quote diverso dallo Stato membro di origine) non possono prendere misure nei confronti di tale OICVM in caso di violazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore in tale Stato membro, che esulano dall'ambito di applicazione della presente direttiva o dagli obblighi di cui agli articoli 92 e 94, (deroga per l'articolo 108 paragrafo 1, comma 2), interventi che attuati dall'Autorità dello Stato membro di origine dell'organismo di investimento collettivo in valori mobiliari.
Un OICVM master è un OICVM o un suo comparto di investimento che: a) ha fra i suoi detentori di quote almeno un OICVM feeder; b) non è esso stesso un OICVM feeder; e c) non detiene quote di un OICVM feeder. L'OICVM master è soggetto alle seguenti deroghe: a) se un OICVM master ha almeno due OICVM feeder come detentori di quote, non si applicano l'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 3, lettera b), dando facoltà all'OICVM master di raccogliere o meno capitale presso altri investitori; nei casi in cui l'OICVM master non raccolga capitali dal pubblico in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito, ma ha solo uno o più OICVM feeder in tale Stato membro, non si applicano le disposizioni speciali applicabili agli OICVM che commercializzano le loro quote in Stati membri diversi da quelli in cui sono stabiliti e sanciti nel capo XI (articoli dal 91 al 96), inoltre le relative autorità (dello Stato membro in cui l'OICVM commercializza le proprie quote diverso dallo Stato membro di origine) non possono prendere misure nei confronti di tale OICVM in caso di violazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore in tale Stato membro, che esulano dall'ambito di applicazione della presente direttiva o dagli obblighi di cui agli articoli 92 e 94, (deroga per l'articolo 108 paragrafo 1, comma 2), interventi che attuati dall'Autorità dello Stato membro di origine dell'organismo di investimento collettivo in valori mobiliari.
È fatto obbligo per le società di gestione e per ognuno dei fondi comuni che gestisce, e per la società di investimento, di pubblicare un prospetto contenente le informazioni necessarie perché gli investitori possano formulare un giudizio informato sull'investimento che è loro proposto e in particolare sui relativi rischi. Il prospetto include, indipendentemente dagli strumenti in cui viene effettuato l'investimento, un'illustrazione chiara e facilmente comprensibile dei profili di rischio del fondo. Oltre al prospetto devono pubblicare una relazione annuale per ogni esercizio entro quattro mesi dall'esercizio (bilancio o stato patrimoniale) e una relazione semestrale relativa ai primi sei mesi di ogni esercizio, entro i successivi due mesi. L'OICVM rende pubblico, con modalità adeguate, il prezzo di emissione o di vendita, di riacquisto, o di rimborso delle proprie quote ogniqualvolta esso emetta, venda, riacquisti o rimborsi le quote e almeno due volte al mese. Le autorità competenti possono permettere a un OICVM di ridurre la frequenza a una volta al mese, a condizione che tale deroga non pregiudichi gli interessi dei detentori di quote. Tutte le comunicazioni di marketing agli investitori sono chiaramente identificabili come tali e devono essere corrette, chiare e non fuorvianti. In particolare, le comunicazioni di marketing contenenti un invito ad acquistare quote di OICVM e recanti informazioni specifiche su un OICVM non contengono affermazioni che risultino in contrasto con le informazioni contenute nel prospetto e con le "informazioni chiave per gli investitori" e menzionano l'esistenza del prospetto e la disponibilità delle informazioni chiave per gli investitori specificando dove e in che lingua gli investitori o potenziali investitori possano ottenere tali informazioni o documenti e come possono avervi accesso.
La Commissione con la direttiva 2009/65/CE ha stabilito che le informazioni chiave per gli investitori devono essere fornite gratuitamente agli stessi investitori sotto forma di documento ad hoc, in tempo utile prima della sottoscrizione dell'OICVM, con il fine di aiutarli ad adottare decisioni informate in materia di investimenti; è importante che tali informazioni chiave contengano solo gli elementi essenziali per adottare tali decisioni. Viene sancito l'obbligo di armonizzare pienamente la natura delle informazioni da includere nelle "informazioni chiave per gli investitori" al fine di garantire tutela degli investitori e una comparabilità adeguate, informazioni che dovrebbero essere presentate in un formato breve. Un documento unico di lunghezza limitata che presenta le informazioni in un ordine specifico è il modo più appropriato per ottenere la chiarezza e la semplicità di presentazione richieste dagli investitori al dettaglio, che consentano raffronti utili, in particolare dei costi e del profilo di rischio, rilevanti ai fini della decisione di investimento. La Commissione Europea ha stabilito che le competenti autorità di ogni Stato membro possono rendere accessibili al pubblico, in una sezione dedicata del loro sito Web, le informazioni chiave per gli investitori relative a tutti gli OICVM autorizzati nello Stato membro in questione, informazioni che devono essere presentate per tutti gli OICVM. Le società di gestione o, laddove applicabile, le società di investimento hanno l'obbligo di fornire le informazioni chiave per gli investitori ai soggetti rilevanti, a seconda del metodo di commercializzazione utilizzato (vendite dirette o tramite intermediario), gli intermediari devono fornire tali informazioni ai clienti e ai clienti potenziali. Al fine di rafforzare la certezza del diritto occorre garantire che un OICVM che commercializza le proprie quote su base transfrontaliera possa accedere agevolmente, in forma elettronica e in una lingua di uso comune negli ambienti della finanza internazionale, a informazioni esaurienti sulle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili nello Stato membro ospitante dell'OICVM e che riguardano specificatamente le disposizioni adottate per la commercializzazione di quote di OICVM. La Commissione ritiene che gli obblighi relativi alla pubblicazione di tali informazioni dovrebbero essere regolati dal diritto nazionale.
Per agevolare l'accesso degli OICVM ai mercati degli altri Stati membri, è opportuno prevedere che l'OICVM sia tenuto a tradurre solo le informazioni chiave per gli investitori nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali di uno Stato membro ospitante dell'OICVM o in una lingua approvata dalle sue autorità competenti; in tali informazioni deve essere specificata la lingua/le lingue in cui sono disponibili gli altri documenti informativi obbligatori e le informazioni aggiuntive. Le traduzioni sono eseguite sotto la responsabilità dell'OICVM, il quale decide se sia necessaria una traduzione semplice o giurata. Gli Stati membri hanno l'obbligo di adottare le misure amministrative e organizzative necessarie ai fini della cooperazione tra le proprie autorità nazionali e le autorità competenti di altri Stati membri, anche attraverso accordi bilaterali o multilaterali tra le suddette autorità, accordi che possono prevedere la delega volontaria dei compiti.
La Commissione Europea ritiene necessario rafforzare la convergenza dei poteri a disposizione delle autorità competenti con il fine di applicare la direttiva 2009/65/CE in modo equivalente in tutti gli Stati membri, definendo una serie minima di poteri comuni, in linea con quanto previsto da altri atti normativi comunitari sui servizi finanziari, per garantire l'efficacia della vigilanza. Resta competenza degli Stati membri fissare le norme sulle sanzioni, penali o amministrative, e le misure di ordine amministrativo applicabili in caso di violazione della presente direttiva incluse le misure necessarie per garantire l'esecuzione di tali sanzioni. Ritiene inoltre necessario rafforzare le disposizioni riguardanti lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali competenti e potenziare i doveri di reciproca assistenza e cooperazione. Per quanto riguarda le disposizioni sull'informativa, la Commissione ritiene necessario farsi carico del potere di adottare misure intese a indicare le condizioni che devono essere soddisfatte quando il prospetto viene fornito su un supporto durevole diverso dalla carta o tramite un sito Web che non costituisce un supporto durevole, il contenuto completo e dettagliato, la forma e la presentazione delle informazioni chiave per gli investitori tenuto conto della natura o dei componenti diversi dell'OICVM interessato, e le condizioni specifiche per la presentazione delle informazioni chiave per gli investitori su un supporto durevole diverso dalla carta o tramite un sito Web che non costituisce un supporto durevole.
Nel capo IX della direttiva 2009/65/CE vengono definiti le disposizioni dettagliate in merito agli obblighi relativi alle informazioni da comunicare agli investitori; nel capo X gli obblighi generali di un OICVM, nel capo XI le disposizioni speciali applicabili agli OICVM che commercializzano le loro quote in Stati Membri diversi da quelli in cui sono stabiliti, al capo XII disposizioni concernenti le autorità incaricate dell'autorizzazione e della vigilanza. La direttiva 2009/65/CE è modificata dall'articolo 63 della direttiva (UE) 2011/61 che inserisce l'articolo 50 bis, modifica il paragrafo 2 dell'articolo 112 e modifica il paragrafo 1 dell'articolo 112 bis. Ulteriori modifiche sono apportate dalla direttiva 2014/91/UE con riferimento all'evoluzione del mercato e dell'esperienza acquisita finora dai partecipanti al mercato e dalle autorità di vigilanza, in particolare per affrontare le disparità tra le norme nazionali in materia di funzioni e responsabilità dei depositari, di politica retributiva e di sanzioni.
Successive modifiche alla direttiva 2009/65/CE sono apportate con la direttiva (UE) 2014/91; la Commissione interviene per contrastare gli effetti potenzialmente negativi di regimi retributivi mal concepiti sulla sana gestione dei rischi e sul controllo dell'assunzione dei rischi da parte di individui, prevedendo l'obbligo espresso a carico delle società di gestione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di creare e mantenere, per le categorie di soggetti la cui attività professionale ha un impatto significativo sui profili di rischio degli OICVM che gestiscono, politiche e prassi retributive in linea con una gestione sana ed efficace dei rischi.
Con riferimento alle entità giuridiche designate alla nomina di depositari, alle relative responsabilità nei casi in cui le attività degli OICVM tenute in custodia vengano perse o nei casi di non corretto esercizio da parte del depositario dei suoi doveri di sorveglianza e con l'intendo di armonizzare gli obblighi regolamentari vengono adottate tramite il regolamento (UE) 2014/91 norme supplementari a quelle già definite dalla direttiva 2009/65/CE. Un esercizio non conforme da parte dei depositari può determinare la perdita delle attività ma anche la perdita di valore delle attività, quando ad esempio, un depositario non dovesse adottare misure riguardo a investimenti che non sono in linea con le regole del fondo. È opportuno sancire l'obbligo per l'OICVM di designare unico depositario che eserciti la funzione di sorveglianza generale sulle attività dell'OICVM e con tale obbligo deve essere garantito che il depositario abbia una visione complessiva delle attività dell'OICVM e che sia i gestori del fondo che gli investitori abbiano un unico punto di riferimento in caso di problemi connessi con la custodia delle attività o l'esercizio delle funzioni di sorveglianza. La custodia di attività include la tenuta in custodia delle attività, o nel caso in cui le attività siano di natura tale che non ne consente la tenuta in custodia, la verifica della proprietà delle attività nonché la tenuta dei registri relativi a dette attività. La direttiva sancisce anche l'obbligo per il depositario di agire in modo onesto, leale, professionale e indipendente nell'interesse dell'OICVM e degli investitori, durante l'esercizio delle proprie funzioni. Con l'obbiettivo di assicurare un approccio armonizzato in materia di esercizio delle funzioni dei depositari in tutti gli Stati membri, indipendentemente dalla forma giuridica adottata dall'OICVM, la Commissione introduce un elenco uniforme di obblighi di sorveglianza per i depositari in relazione all'OICVM in forma societaria (società di investimento) e all'OICVM costituito in forma contrattuale.
È fatto obbligo per i depositari di distinguere tra le attività che possono essere tenute in custodia e quelle che non possono essere tenute in custodia per cui è fatto obbligo di registrazione e di verifica della proprietà; le due categoria di attività vanno differenziare chiaramente al fine di agevolare la restituzione delle attività perdute, applicabile solo alle prima categorie di attività. La direttiva (UE) 2014/91 tra le altre modifiche apportate all'articolo 22 della direttiva 2009/65/CE stabilisce che le attività tenute in custodia dal depositario non possono essere riutilizzate per conto proprio da quest'ultimo o da un soggetto terzo cui sia stata delegata la funzione di custodia. Sono sancite condizioni al riutilizzo delle attività per conto dell'OICVM: a) il riutilizzo di tali attività sia eseguito per conto dell'OICVM; b) il depositario esegua le istruzioni della società di gestione a nome dell'OICVM; c) il riutilizzo avvenga a vantaggio dell'OICVM e nell'interesse dei titolari di quote; e d) l'operazione sia coperta da garanzia collaterale liquida di alta qualità ricevuta dall'OICVM mediante contratto con trasferimento del titolo di proprietà. Il valore di mercato della garanzia collaterale è, in ogni momento, pari almeno al valore di mercato delle attività riutilizzate maggiorato di un premio. Gli Stati membri devono assicurano che, in caso di insolvenza del depositario e/o di qualsiasi terzo situato nell'Unione al quale sia stata delegata la custodia di attività di un OICVM, le attività dell'OICVM stesso tenute in custodia siano indisponibili alla distribuzione o alla vendita per la ripartizione dei proventi tra i creditori di tale depositario e/o terzo.
È fatto obbligo per i depositari di distinguere tra le attività che possono essere tenute in custodia e quelle che non possono essere tenute in custodia per cui è fatto obbligo di registrazione e di verifica della proprietà; le due categoria di attività vanno differenziare chiaramente al fine di agevolare la restituzione delle attività perdute, applicabile solo alle prima categorie di attività. La direttiva (UE) 2014/91 tra le altre modifiche apportate all'articolo 22 della direttiva 2009/65/CE stabilisce che le attività tenute in custodia dal depositario non possono essere riutilizzate per conto proprio da quest'ultimo o da un soggetto terzo cui sia stata delegata la funzione di custodia. Sono sancite condizioni al riutilizzo delle attività per conto dell'OICVM: a) il riutilizzo di tali attività sia eseguito per conto dell'OICVM; b) il depositario esegua le istruzioni della società di gestione a nome dell'OICVM; c) il riutilizzo avvenga a vantaggio dell'OICVM e nell'interesse dei titolari di quote; e d) l'operazione sia coperta da garanzia collaterale liquida di alta qualità ricevuta dall'OICVM mediante contratto con trasferimento del titolo di proprietà. Il valore di mercato della garanzia collaterale è, in ogni momento, pari almeno al valore di mercato delle attività riutilizzate maggiorato di un premio. Gli Stati membri devono assicurano che, in caso di insolvenza del depositario e/o di qualsiasi terzo situato nell'Unione al quale sia stata delegata la custodia di attività di un OICVM, le attività dell'OICVM stesso tenute in custodia siano indisponibili alla distribuzione o alla vendita per la ripartizione dei proventi tra i creditori di tale depositario e/o terzo.
Se un depositario centrale di titoli (CSD) stabilito in un paese membro dell'Unione europea (quale definito all'articolo 2, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 909/2014), o un CSD di un paese terzo fornisce i servizi di gestione di un sistema di regolamento titoli, nonché almeno la registrazione iniziale dei titoli in un sistema di scritture contabili mediante accredito iniziale, o la fornitura e gestione dei conti titoli al livello più elevato, come specificato nella sezione A dell'allegato dello stesso regolamento 909/2014 (6°), la fornitura di tali servizi da parte del suddetto CSD relativamente ai titoli dell'OICVM inizialmente registrati in un sistema di scritture contabili mediante accredito iniziale da parte di detto CSD non dovrebbe essere considerata delega di funzioni di custodia. L'affidamento della custodia di titoli dell'OICVM a qualsiasi CSD, o a qualsiasi CSD di un paese terzo da parte di un depositario è considerata delega di funzioni di custodia; è opportuno che il terzo cui è delegata la custodia delle attività possa mantenere un conto omnibus (conto singolo in cui confluiscono fondi o titoli di molteplici soggetti) come conto separato comune per più OICVM, come sancito dal regolamento (UE) 2018/1619 per i depositari che modifica il regolamento (UE) 2016/438. Essendo obbligo per l'OICVM (o relativa società di gestione) la nomina del depositario è ovvio che a delegare determinate funzioni (come custodia dei valori, gestione della proprietà) è una possibilità sancita solo per i depositari.
(6°) NOTA: Servizi forniti dai CSD che contribuiscono a migliorare la sicurezza, l'efficienza e la trasparenza dei mercati mobiliari, che possono includere, ma non sono limitati a:
Servizi connessi al servizio di regolamento, ad esempio: a) organizzazione, in qualità di agente, di un meccanismo di prestito titoli tra i partecipanti a un sistema di regolamento titoli, b) fornitura, in qualità di agente, di servizi di gestione delle garanzie per i partecipanti a un sistema di regolamento titoli, c) riscontro degli ordini di regolamento, indirizzamento delle istruzioni, conferma e verifica delle transazioni. Servizi connessi ai servizi di notariato e di gestione accentrata, ad esempio: a) fornitura di servizi connessi ai registri degli azionisti, b) supporto al trattamento delle operazioni societarie, inclusi gli aspetti relativi alla fiscalità, alle assemblee generali e ai servizi di informazione, c) fornitura di servizi per le nuove emissioni, inclusa l'assegnazione e la gestione dei codici ISIN e simili, d) indirizzamento e trattamento delle istruzioni, raccolta e trattamento delle commissioni e relativa comunicazione. Istituzione di collegamenti fra CSD, fornitura, mantenimento o gestione di conti titoli in relazione al servizio di regolamento, alla gestione delle garanzie e ad altri servizi accessori. Altri servizi, quali: a) servizi generali di gestione delle garanzie in qualità di agente, b) informativa, c) fornitura di informazioni, dati e statistiche ai mercati/agli uffici statistici o ad altre entità governative o intergovernative, d) servizi informatici.
Servizi connessi al servizio di regolamento, ad esempio: a) organizzazione, in qualità di agente, di un meccanismo di prestito titoli tra i partecipanti a un sistema di regolamento titoli, b) fornitura, in qualità di agente, di servizi di gestione delle garanzie per i partecipanti a un sistema di regolamento titoli, c) riscontro degli ordini di regolamento, indirizzamento delle istruzioni, conferma e verifica delle transazioni. Servizi connessi ai servizi di notariato e di gestione accentrata, ad esempio: a) fornitura di servizi connessi ai registri degli azionisti, b) supporto al trattamento delle operazioni societarie, inclusi gli aspetti relativi alla fiscalità, alle assemblee generali e ai servizi di informazione, c) fornitura di servizi per le nuove emissioni, inclusa l'assegnazione e la gestione dei codici ISIN e simili, d) indirizzamento e trattamento delle istruzioni, raccolta e trattamento delle commissioni e relativa comunicazione. Istituzione di collegamenti fra CSD, fornitura, mantenimento o gestione di conti titoli in relazione al servizio di regolamento, alla gestione delle garanzie e ad altri servizi accessori. Altri servizi, quali: a) servizi generali di gestione delle garanzie in qualità di agente, b) informativa, c) fornitura di informazioni, dati e statistiche ai mercati/agli uffici statistici o ad altre entità governative o intergovernative, d) servizi informatici.
Gli investitori in OICVM possono far valere la responsabilità del depositario, direttamente o indirettamente, tramite la società di gestione o la società di investimento. Il ricorso contro il depositario non deve dipendere dalla forma giuridica dell'OICVM (societaria o contrattuale) o dalla natura giuridica del rapporto tra il depositario, la società di gestione e i titolari di quote. Il diritto dei titolari di quote di far valere la responsabilità dei depositari non determinare una duplicazione del ricorso o una disparità di trattamento dei titolari di quote. I depositari sono soggetti agli stessi obblighi indipendentemente dalla forma giuridica dell'OICVM. L'uniformità degli obblighi sancita con la direttiva (UE) 2014/91 accresce la certezza del diritto, migliora la tutela degli investitori e contribuisce alla creazione di condizioni di mercato uniformi; viene soppressa la sezione 3 del capo 5, obblighi riguardante il depositario, con riferimento anche alla condizione di deroga dall'obbligo di nomina del depositario per gli OICVM definite in tale sezione in quanto la Commissione non ha ricevuto notifiche di casi di ricorso della società di investimento alla deroga dall'obbligo generale di affidare le attività ad un depositario, inoltre ha ritenuto gli obblighi in tale sezione ridondanti rispetto alla stressa direttiva 2009/65/CE che nelle norme inglobava le disposizioni della stessa sezione (Capo IV) ad eccezione del paragrafo 4 dell'articolo 32, ritenuto non utilizzato oltre il rafforzamento della sicurezza per gli investitori causato dalla sua soppressione. La Commissione con la direttiva (UE) 2014/91 ha deciso di imporre sanzioni più severe contro i comportamenti illeciti degli interessati, inoltre stabilisce che tutte le sanzioni comunicate al pubblico devono essere contemporaneamente comunicate all'ESMA, che pubblica una relazione annuale su tutte le sanzioni imposte per consentire di rafforzare ulteriormente l'uniformità dei risultati in materia di vigilanza, conformemente al regolamento (UE) n. 1095/2010.
In conclusione il quadro legislativo degli OICVM e relative società di gestioni è attualmente definito con la direttiva 2009/65/CE e le successive modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2014/91 che stabiliscono le disposizioni per l'accesso all'attività; l'adeguatezza patrimoniale delle società di gestione è definito con la direttiva 2013/36/UE a cui fa riferimento al stessa direttiva 2009/65/CE e successive modifiche, per le società di investimento che si avvalgono della deroga per non designare la società di gestione, l'adeguatezza patrimoniale è sancita dalla direttiva (UE) 2014/65 per gli Stati Membri, stessa direttiva che detta le disposizioni per l'accesso all'attività delle società di investimento che non svolgono attività di investimento collettivo e di gestione, direttiva oggetto di studi nel prossimo paragrafo.
4 - SOCIETÀ DI INVESTIMENTO: DIRETTIVA (UE) 2014/65
Carenze a livello di governance societaria di numerosi enti finanziari, l'assenza di validi sistemi di controllo e di equilibrio al loro interno hanno contribuito alla crisi finanziaria come sostenuto dagl'organismi di regolamentazione (organismi pubblici) a livello internazionale. Quando l'assunzione di rischi è eccessiva e imprudente può portare al fallimento di singoli enti finanziari e causare problemi sistemici tanto negli Stati membri quanto a livello globale; ulteriori effetti negativi e dannosi per il mercato derivano da comportamenti scorretti delle imprese che prestano servizi ai clienti, in quanto possono recare danno agli investitori e causare la perdita di fiducia da parte degli stessi. A causa di effetti negativi causati da carenze nei meccanismi di governance societaria la direttiva 2004/39/CE (direttiva MiFID: Markets in Financial Instruments Directive) viene abrogata con la direttiva (UE) 2014/65 (direttiva MiFID II). Il gruppo di esperti ad alto livello sulla vigilanza finanziaria nell'UE ha invitato l'Unione a elaborare un insieme di norme finanziarie più armonizzato. Nel contesto della futura architettura di vigilanza europea il Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009 sottolineò la necessità di elaborare un codice unico europeo applicabile a tutti gli enti finanziari nel mercato interno. La direttiva MiFID (2004/39/CE) a subito diverse modifiche tra cui la direttiva 2006/49/CE attualmente abrogata dalla direttiva 2013/36/UE, per tanto la Commissione ritiene di dovre procedere alla rifusione in occasione delle nuove modifiche apportate con la direttiva MiFID II (2014/65/UE).
Carenze a livello di governance societaria di numerosi enti finanziari, l'assenza di validi sistemi di controllo e di equilibrio al loro interno hanno contribuito alla crisi finanziaria come sostenuto dagl'organismi di regolamentazione (organismi pubblici) a livello internazionale. Quando l'assunzione di rischi è eccessiva e imprudente può portare al fallimento di singoli enti finanziari e causare problemi sistemici tanto negli Stati membri quanto a livello globale; ulteriori effetti negativi e dannosi per il mercato derivano da comportamenti scorretti delle imprese che prestano servizi ai clienti, in quanto possono recare danno agli investitori e causare la perdita di fiducia da parte degli stessi. A causa di effetti negativi causati da carenze nei meccanismi di governance societaria la direttiva 2004/39/CE (direttiva MiFID: Markets in Financial Instruments Directive) viene abrogata con la direttiva (UE) 2014/65 (direttiva MiFID II). Il gruppo di esperti ad alto livello sulla vigilanza finanziaria nell'UE ha invitato l'Unione a elaborare un insieme di norme finanziarie più armonizzato. Nel contesto della futura architettura di vigilanza europea il Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009 sottolineò la necessità di elaborare un codice unico europeo applicabile a tutti gli enti finanziari nel mercato interno. La direttiva MiFID (2004/39/CE) a subito diverse modifiche tra cui la direttiva 2006/49/CE attualmente abrogata dalla direttiva 2013/36/UE, per tanto la Commissione ritiene di dovre procedere alla rifusione in occasione delle nuove modifiche apportate con la direttiva MiFID II (2014/65/UE).
La direttiva (UE) 2014/65 si applica alle imprese di investimento, ai gestori del mercato, ai mercati regolamentati, ai prestatori di servizi di comunicazione dati e alle imprese di paesi terzi che offrono servizi o esercitano attività di investimento tramite lo stabilimento di una succursale nell'Unione e stabilisce requisiti in relazione ai seguenti elementi: a) autorizzazione e condizioni di esercizio per le imprese di investimento, b) prestazione di servizi di investimento o esercizio di attività di investimento da parte di imprese di paesi terzi mediante lo stabilimento di una succursale, c) autorizzazione e funzionamento dei mercati regolamentati, d) autorizzazione e condizioni di esercizio dei prestatori di servizi di comunicazione dati e e) vigilanza, collaborazione e controllo dell'applicazione della normativa da parte delle autorità competenti. Ai paragrafi 3 e 4 dell'articolo 1 definisce le disposizioni che si applicano anche alle imprese di investimento e agli enti creditizi autorizzati a norma della direttiva 2013/36/UE, quando vendono o consigliano ai clienti depositi strutturati (costituiti da più opzioni, come la restituzione del credito a scadenza del deposito e una remunerazione periodica). Le imprese di investimento possono ricevere l'autorizzazione nel rispetto delle condizioni definite nel Capo I della direttiva MiFID II, (dall'articolo 6 all'articolo 20); articoli che sanciscono anche le condizioni per i gestori del mercato che gestiscono un sistema multilaterale di negoziazione o un sistema organizzato di negoziazione. Nell'articolo 15 è definita la dotazione patrimoniale di una impresa di investimento: gli Stati membri assicurano che le autorità competenti rilascino l'autorizzazione solo a condizione che l'impresa di investimento disponga di un sufficiente capitale iniziale conforme ai requisiti previsti dal regolamento (UE) n. 575/2013, tenuto conto della natura dei servizi o delle attività di cui trattasi.
La presente direttiva è destinata a regolamentare le imprese la cui prevalente attività sia svolgere servizi e/o attività di investimento a titolo professionale ed esclude dal suo ambito d'applicazione chiunque eserciti altre attività professionali definendo in particolari condizioni di deroga alla stessa con l'articolo 2 e condizioni di deroga facoltativa a descrizione dello Stato membro di origine nell'articolo 3. L'articolo due della direttiva (UE) 2014/65 stabilisce che la direttiva non si applica: alle imprese di assicurazione né alle imprese che svolgono le attività di riassicurazione e di retrocessione (uno strumento di cui si servono le compagnie di assicurazione per assicurarsi a loro volta, è possibile, infatti, che esse non dispongano dei mezzi necessari ad indennizzare gli assicurati per disastri legati ad eventi di grande dimensioni (catastrofi naturali, danni a catena); si parla di retrocessione quando il riassicuratore si riassicura a sua volta per gli stessi motivi. L'articolo sancisce deroga al vincolo autorizzativo per le società di investimento in valori mobiliari anche per gli organismi di investimento collettivo e ai fondi pensione, siano essi armonizzati o meno a livello dell'Unione, nonché ai soggetti depositari e ai dirigenti di tali organismi; l'articolo 2 della direttiva definisce deroga anche per le persone che assumono ruolo di market maker, che negoziano per conto proprio strumenti derivati su merci o quote di emissione o derivati dalle stesse, (escludendo quelle che negoziano per conto proprio eseguendo ordini di clienti); stesso per le persone che prestano servizi di investimento diversi dalla negoziazione per conto proprio, in strumenti derivati su merci o quote di emissioni o strumenti derivati dalle stesse ai clienti o ai fornitori della loro attività principale con le condizioni che per ciascuno di tali casi, considerati sia singolarmente che in forma aggregata, si tratti di un'attività accessoria alla loro attività principale considerata nell'ambito del gruppo, purché tale attività principale non consista nella prestazione di servizi di investimento ai sensi della presente direttiva, di attività bancarie ai sensi della direttiva 2013/36/UE o in attività di market making in relazione agli strumenti derivati su merci, inoltre tali persone non devono applicare una tecnica di negoziazione algoritmica ad alta frequenza e devono comunicare formalmente ogni anno che si servono di tale esenzione e, su richiesta dell'autorità competente, su quale base ritengono che la loro attività sia accessoria all'attività principale.
Escluse le dinamiche precedenti di deroga, non si applica alle persone che prestano servizi di investimento esclusivamente alle imprese di una rete di filiazione, controllante e controllate; non si applica alle persone che prestano servizi di investimento a titolo accessorio nell'ambito di un'attività professionale, se detta attività è disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari o da un codice di deontologia professionale i quali non escludono specificamente la prestazione di detti servizi; alle persone che negoziano per conto proprio in strumenti finanziari diversi dagli strumenti derivati su merci o dalle quote di emissione o relativi strumenti derivati e che non prestano altri servizi di investimento o non esercitano altre attività di investimento in strumenti finanziari diversi dagli strumenti derivati su merci, dalle quote di emissione o relativi derivati, a parte i casi in cui tali persone assumano il ruolo di market maker (operatore o istituzione finanziaria capace di influenzare il mercato borsistico attraverso l'acquisto o la vendita di un numero considerevole di titoli), o siano membri o partecipanti di un mercato regolamentato o sistema multilaterale di negoziazione (MTF) o abbiano accesso elettronico diretto a una sede di negoziazione, oppure applichino una tecnica di negoziazione algoritmica ad alta frequenza, oppure negozino per conto proprio quando eseguono gli ordini dei clienti.
Ulteriore deroga riguarda gli operatori soggetti alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, vigilanza regolamentata della direttiva 2002/87/CE, quando questi trattano quote di emissione, non eseguono ordini di clienti e non prestano servizi o attività di investimento diversi dalla negoziazione per conto proprio, a condizione che non applichino tecniche di negoziazione algoritmica ad alta frequenza; e fatta deroga per le persone che prestano servizi di investimento consistenti esclusivamente nella gestione di sistemi di partecipazione dei lavoratori, alle persone che prestano servizi di investimento consistenti esclusivamente nel gestire sistemi di partecipazione dei lavoratori e nel prestare servizi di investimento esclusivamente per la propria impresa madre, le proprie imprese figlie o altre imprese figlie della propria impresa madre; sono derogati dalla direttiva i membri del SEBC e ad altri organismi nazionali che svolgono funzioni analoghe nell'Unione, ad altri organismi pubblici che sono incaricati o che intervengono nella gestione del debito pubblico nell'Unione e ad istituzioni finanziarie internazionali create da due o più Stati membri allo scopo di mobilitare risorse e fornire assistenza finanziaria a quelli, tra i loro membri, che stiano affrontando o siano minacciati da gravi difficoltà finanziarie; alle persone che forniscono consulenza in materia di investimenti nell'esercizio di un'altra attività professionale non contemplata dalla presente direttiva, purché tale consulenza non sia specificamente remunerata. Sono derogate le associazioni istituite da fondi pensione danesi e finlandesi, il cui solo obiettivo è la gestione delle attività dei fondi pensione affiliati, derogati anche agenti di cambio (l'intermediario finanziario che ricerca e acquista, per conto del cliente, nel mercato di riferimento, il prodotto che offre il miglior rapporto qualità-prezzo, in inglese detti anche stock broker, spesso accorciato in broker, da broking, cioè "intermediazione").
Ulteriore deroga è fatta per i gestori del sistema di trasmissione di energia elettrica (articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2009/72/CE (direttiva relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) e articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2009/73/CE (direttiva relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale) quando svolgono le loro funzioni in conformità delle suddette direttive o del regolamento (CE) n. 714/2009 o del regolamento (CE) n. 715/2009 o dei codici di rete o degli orientamenti adottati a norma di tali regolamenti, alle persone che agiscono in qualità di prestatori di servizi per loro conto per espletare i loro compiti ai sensi di tali atti legislativi o dei codici di rete o degli orientamenti adottati a norma di tali regolamenti, o a qualsiasi gestore o amministratore di un meccanismo di bilanciamento dell'energia, di una rete o sistema di condotte per bilanciare le forniture e i consumi di energia quando svolgono detti compiti; la deroga si applica alle persone che esercitano le attività menzionate nella presente lettera solo quando effettuano attività di investimento o prestano servizi di investimento relativi ai derivati su merci al fine di svolgere tali attività. Non si applica in relazione alla gestione di un mercato secondario, incluse le piattaforme per la negoziazione secondaria di diritti di trasmissione finanziari. Sono derogati dall'applicazione della direttiva (UE) 2014/65 anche i depositari centrali di titoli (CSD) regolati dal diritto dell'Unione, nella misura in cui essi sono disciplinati da tale diritto. In fine è fatta deroga anche per i diritti conferiti dalla presente direttiva per le prestazione di servizi come controparte nelle operazioni eseguite da organismi pubblici che gestiscono il debito pubblico o dai membri del SEBC nel quadro dei compiti loro assegnati dal TFUE e del protocollo n. 4 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea o che svolgono compiti equivalenti in virtù di disposizioni di diritto nazionale. La direttiva 2014/65/UE nel capo III, detta disposizioni in merito ai diritti delle imprese di investimento sancendo per queste ultime e gli enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2013/36/UE (e le disposizioni della presente direttiva dell'articolo 1 paragrafo 4) il diritto di libertà di prestare servizi e di esercitare attività di investimento nel mercato interno (trai i paese membri dell'Unione europea), la possibilità di stabilire succursali, il diritto di accedere ai mercati regolamentati, il diritto di accedere ai sistemi di controparte centrale, compensazione, regolamento e diritto di designare il sistema di regolamento; nello stesso capo vengono dettate disposizioni relative agli accordi di CCP, di compensazione e di regolamento nell'ambito dei sistemi multilaterali di negoziazione. Nel capo IV detta disposizioni per la prestazione di servizi di investimento e attività da parte di imprese di paesi terzi.
La Commissione potrà adottare atti delegati per chiarire, quando un'attività sia esercitata sporadicamente; l'ESMA elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione al fine di specificare, i criteri per stabilire quando un'attività debba essere considerata accessoria all'attività principale a livello di gruppo. I criteri emanati dall'ESMA considerano: la necessità che le attività accessorie costituiscano una minoranza delle attività a livello di gruppo e la dimensione dell'attività di negoziazione rispetto all'attività di negoziazione complessiva del mercato in tale classe di attività. Nel determinare in che misura le attività accessorie costituiscono una minoranza delle attività a livello di gruppo, l'ESMA può stabilire che sia preso in considerazione il capitale impiegato per le attività accessorie in rapporto al capitale impiegato per l'attività principale. In nessun caso tuttavia tale elemento è sufficiente a provare che l'attività è accessoria rispetto all'attività principale del gruppo. Sono comunque escluse dal calcolo del capitale impiegato le operazioni infragruppo di cui all'articolo 3 del regolamento (UE) n. 648/2012 volte alla creazione di liquidità a livello di gruppo o alla gestione dei rischi (derogate dalla norma in quanto operazioni nella rete di filiazione), sono anche escluse le operazioni in strumenti derivati di cui è oggettivamente possibile misurare la capacità di ridurre i rischi direttamente connessi all'attività commerciale o all'attività di finanziamento della tesoreria e sono escluse le operazioni in strumenti derivati su merci e in quote di emissione realizzate per ottemperare all'obbligo di fornire liquidità a una sede di negoziazione, quando tale obbligo sia prescritto dalle autorità di regolamentazione in conformità del diritto dell'Unione o delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali o dalle sedi negoziazione.
Con l'articolo 3 la Commissione definisce la possibilità per gli Stati membri di non applicare la presente direttiva alle persone di cui sono lo Stato membro d'origine, le cui attività sono autorizzate e disciplinate a livello nazionale e che:
non sono autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti; non sono autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d'investimento collettivo e/o attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari, e nell'ambito della prestazione di tali servizi sono autorizzate a trasmettere ordini soltanto a: i) imprese di investimento autorizzate ai sensi della presente direttiva, ii) enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2013/36/UE, iii) succursali di imprese di investimento o di enti creditizi autorizzati in un paese terzo e che sono tenuti ad ottemperare e ottemperano a norme prudenziali considerate dalle autorità competenti almeno altrettanto rigorose quanto quelle stabilite nella presente direttiva, nel regolamento (UE) n. 575/2013 o nella direttiva 2013/36/UE, iv) organismi d'investimento collettivo autorizzati a norma del diritto di uno Stato membro a vendere quote al pubblico, nonché ai dirigenti di tali organismi, o v) società di investimento a capitale fisso, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 7 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i cui titoli sono quotati o negoziati su un mercato regolamentato in uno Stato membro. Gli stati membri possono derogare dall'applicazione della direttiva anche le persone che prestano servizi di investimento esclusivamente in merci, quote di emissioni e/o strumenti derivati sulle stesse merci al solo fine di limitare i rischi commerciali dei loro clienti, quando questi ultimi sono esclusivamente imprese elettriche locali ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 35, della direttiva 2009/72/CE (direttiva che sancisce norme armonizzate a livello europeo per il mercato interno dell'energia elettrica) e/o imprese di gas naturale ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2009/73/CE (direttiva che sancisce norme armonizzate a livello europeo per il mercato interno del gas naturale), purché tali clienti detengano congiuntamente il 100 % del capitale o dei diritti di voto di tali persone, esercitino un controllo congiunto e siano esenti a titolo dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera j), della stessa direttiva, condizioni sopra illustrate, nel caso in cui svolgano tali servizi di investimento personalmente. Nell'articolo 3 è stabilita la deroga facoltativa per lo Stato membro di origine per le persone che prestano servizi di investimento esclusivamente in quote di emissioni (qualunque unità riconosciuta conforme ai requisiti della direttiva 2003/87/CE che quantifichi le stesse quote di emissione dei gas serra) e/o strumenti derivati sulle stesse al solo fine di limitare i rischi commerciali dei loro clienti, quando questi ultimi sono esclusivamente gestori, quindi la persona che gestisce o controlla un impianto o, se previsto dalla normativa nazionale, alla quale è stato delegato un potere economico determinante per quanto riguarda l'esercizio tecnico del medesimo (articolo 3, lettera f della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, assegnate alle aziende che operano in settori soggetti a produrre emissioni inquinanti), purché tali clienti detengano congiuntamente il 100 % del capitale o dei diritti di voto di tali persone, esercitino un controllo congiunto e siano esenti a titolo dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera j, della presente direttiva, nel caso in cui svolgano tali servizi di investimento personalmente. Con lo stesso articolo e quindi per i soggetti derogati, sono definiti per gli Stati membri obblighi di definizione di requisiti analoghi a quelli stabiliti dalla medesima direttiva per quanto riguarda le condizioni e procedure di autorizzazione e di vigilanza continua, norme comportamentali ovvero disposizioni volte a garantire la protezione degli investitori come registrazione di tutte le operazioni effettuate necessarie alle autorità per l'espletamento dei loro compiti, comunicazioni telefoniche, registrazioni telefoniche, requisiti organizzativi stabiliti come disposizioni organizzative efficaci al fine di prevenire conflitti di interessi tra imprese, dirigenti, dipendenti, agenti collegati, persone connesse direttamente o indirettamente, clienti, o conflitti di interesse determinati dall'ottenimento di indebiti incentivi da parte di terzi o dalla remunerazione e da piani di incentivazione della stessa impresa di investimento; disposizioni analoghe in merito alle informazioni da fornire ai clienti quando gli interventi posti in essere per prevenire i conflitti di interesse non risultassero sufficienti.
non sono autorizzate a detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti e che per questo motivo non possono mai trovarsi in situazione di debito con i loro clienti; non sono autorizzate a prestare servizi di investimento, tranne la ricezione e la trasmissione di ordini in valori mobiliari e quote di organismi d'investimento collettivo e/o attività di consulenza in materia di investimenti relativa a tali strumenti finanziari, e nell'ambito della prestazione di tali servizi sono autorizzate a trasmettere ordini soltanto a: i) imprese di investimento autorizzate ai sensi della presente direttiva, ii) enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2013/36/UE, iii) succursali di imprese di investimento o di enti creditizi autorizzati in un paese terzo e che sono tenuti ad ottemperare e ottemperano a norme prudenziali considerate dalle autorità competenti almeno altrettanto rigorose quanto quelle stabilite nella presente direttiva, nel regolamento (UE) n. 575/2013 o nella direttiva 2013/36/UE, iv) organismi d'investimento collettivo autorizzati a norma del diritto di uno Stato membro a vendere quote al pubblico, nonché ai dirigenti di tali organismi, o v) società di investimento a capitale fisso, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 7 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i cui titoli sono quotati o negoziati su un mercato regolamentato in uno Stato membro. Gli stati membri possono derogare dall'applicazione della direttiva anche le persone che prestano servizi di investimento esclusivamente in merci, quote di emissioni e/o strumenti derivati sulle stesse merci al solo fine di limitare i rischi commerciali dei loro clienti, quando questi ultimi sono esclusivamente imprese elettriche locali ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 35, della direttiva 2009/72/CE (direttiva che sancisce norme armonizzate a livello europeo per il mercato interno dell'energia elettrica) e/o imprese di gas naturale ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2009/73/CE (direttiva che sancisce norme armonizzate a livello europeo per il mercato interno del gas naturale), purché tali clienti detengano congiuntamente il 100 % del capitale o dei diritti di voto di tali persone, esercitino un controllo congiunto e siano esenti a titolo dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera j), della stessa direttiva, condizioni sopra illustrate, nel caso in cui svolgano tali servizi di investimento personalmente. Nell'articolo 3 è stabilita la deroga facoltativa per lo Stato membro di origine per le persone che prestano servizi di investimento esclusivamente in quote di emissioni (qualunque unità riconosciuta conforme ai requisiti della direttiva 2003/87/CE che quantifichi le stesse quote di emissione dei gas serra) e/o strumenti derivati sulle stesse al solo fine di limitare i rischi commerciali dei loro clienti, quando questi ultimi sono esclusivamente gestori, quindi la persona che gestisce o controlla un impianto o, se previsto dalla normativa nazionale, alla quale è stato delegato un potere economico determinante per quanto riguarda l'esercizio tecnico del medesimo (articolo 3, lettera f della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, assegnate alle aziende che operano in settori soggetti a produrre emissioni inquinanti), purché tali clienti detengano congiuntamente il 100 % del capitale o dei diritti di voto di tali persone, esercitino un controllo congiunto e siano esenti a titolo dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera j, della presente direttiva, nel caso in cui svolgano tali servizi di investimento personalmente. Con lo stesso articolo e quindi per i soggetti derogati, sono definiti per gli Stati membri obblighi di definizione di requisiti analoghi a quelli stabiliti dalla medesima direttiva per quanto riguarda le condizioni e procedure di autorizzazione e di vigilanza continua, norme comportamentali ovvero disposizioni volte a garantire la protezione degli investitori come registrazione di tutte le operazioni effettuate necessarie alle autorità per l'espletamento dei loro compiti, comunicazioni telefoniche, registrazioni telefoniche, requisiti organizzativi stabiliti come disposizioni organizzative efficaci al fine di prevenire conflitti di interessi tra imprese, dirigenti, dipendenti, agenti collegati, persone connesse direttamente o indirettamente, clienti, o conflitti di interesse determinati dall'ottenimento di indebiti incentivi da parte di terzi o dalla remunerazione e da piani di incentivazione della stessa impresa di investimento; disposizioni analoghe in merito alle informazioni da fornire ai clienti quando gli interventi posti in essere per prevenire i conflitti di interesse non risultassero sufficienti.
La direttiva (UE) 2014/65 sancisce le disposizioni che identificano un cliente professionale con l'allegato II consentendo alle società di investimento di poter attuare condizioni di sicurezza meno elevate in considerazione della loro conoscenza e competenza necessaria per prendere le proprie decisioni in materia di investimenti e valutare correttamente i rischi che assumono. L'impresa di investimento è obbligata ad avvisare il cliente che dalle informazioni in possesso risulta essere un cliente professionale e quindi di un livello di sicurezza contrattuale più basso; tuttavia il cliente può decidere se accettare o meno condizioni di sicurezza ad un livello più basso e quindi se limitare o meno la propria possibilità decisionale in merito alle operazioni da effettuarsi con gli strumenti finanziari oggetto dell'investimento. Nell'allegato I della direttiva alla seziona A vengono definiti i servizi di investimento erogati dalle società di investimento: 1) Ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari, 2) Esecuzione di ordini per conto dei clienti, 3) Negoziazione per conto proprio, 4) Gestione di portafogli, 5) Consulenza in materia di investimenti, 6) Assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile, 7) Collocamento di strumenti finanziari senza impegno irrevocabile, 8) Gestione di sistemi multilaterali di negoziazione, 9) Gestione di sistemi organizzati di negoziazione. Nella sezione B dello stesso allegato sono definiti i servizi accessori: 1) Custodia e amministrazione di strumenti finanziari per conto dei clienti, inclusi la custodia e i servizi connessi come la gestione di contante/garanzie reali ed esclusa la funzione di gestione dei conti titoli al livello più elevato, 2) Concessione di crediti o prestiti agli investitori per consentire loro di effettuare una transazione relativa a uno o più strumenti finanziari, nella quale interviene l'impresa che concede il credito o il prestito, 3) Consulenza alle imprese in materia di struttura del capitale, di strategia industriale e di questioni connesse nonché consulenza e servizi concernenti le concentrazioni e l'acquisto di imprese, 4) Servizio di cambio quando tale servizio è collegato alla prestazione di servizi di investimento, 5) Ricerca in materia di investimenti e analisi finanziaria o altre forme di raccomandazione generale riguardanti le operazioni relative a strumenti finanziari, 6) Servizi connessi con l'assunzione a fermo, 7) Servizi e attività di investimento, nonché servizi accessori del tipo di cui alle sezioni A o B dell'allegato 1, collegati agli strumenti derivati di cui alla sezione C, punti 5), 6), 7) e 10), se legati alla prestazione di servizi di investimento o accessori. Nella sezione C sono definiti gli strumenti finanziari: 1) Valori mobiliari, 2) Strumenti del mercato monetario, 3) Quote di un organismo di investimento collettivo, 4) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti su strumenti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, quote di emissioni o altri strumenti finanziari derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti, 5) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, contratti a termine (forward) ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci quando l'esecuzione deve avvenire attraverso il pagamento di differenziali in contanti oppure possa avvenire in contanti a discrezione di una delle parti (per motivi diversi dall'inadempimento o da un altro evento che determini la risoluzione), 6) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci che possono essere regolati con consegna fisica purché negoziati su un mercato regolamentato, un sistema multilaterale di negoziazione o un sistema organizzato di negoziazione, eccettuati i prodotti energetici all'ingrosso negoziati in un sistema organizzato di negoziazione che devono essere regolati con consegna fisica, 7) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, contratti a termine (forward) ed altri contratti su strumenti derivati connessi a merci che non possano essere eseguiti in modi diversi da quelli citati al punto 6 della presente sezione e non abbiano scopi commerciali, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, 8) Strumenti finanziari derivati per il trasferimento del rischio di credito, 9) Contratti finanziari differenziali, 10) Contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), swap, contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti su strumenti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, quando l'esecuzione debba avvenire attraverso il pagamento di differenziali in contanti o possa avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti (invece che in caso di inadempimento o di altro evento che determini la risoluzione del contratto), nonché altri contratti su strumenti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, non altrimenti citati nella presente sezione, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato, un sistema organizzato di negoziazione o un sistema multilaterale di negoziazione, 11) Quote di emissioni che consistono di qualsiasi unità riconosciuta conforme ai requisiti della direttiva 2003/87/CE (sistema per lo scambio di quote emissioni). In fine nell'allegato I alla sezione D sono definiti i servizi di comunicazione dati: 1) Gestione di un dispositivo di pubblicazione autorizzato, 2) Gestione di un sistema consolidato di pubblicazione, 3) Gestione di un meccanismo di segnalazione autorizzato.
Con la direttiva oggetto di studio del presente paragrafo, la Commissione Europea, ha considerato l'evoluzione della tecnologia di negoziazione nell'ultimo decennio, ampiamente utilizzata dai partecipanti al mercato; numerosi partecipanti utilizzano la negoziazione algoritmica, in cui un algoritmo informatizzato determina automaticamente alcuni aspetti di un ordine con intervento umano minimo o nullo. Per tanto ritiene che necessario definire disposizioni in merito ai rischi derivanti dalla medesima tecnica di negoziazione; le disposizioni tengono conto che l'utilizzo di algoritmi nel trattamento post-negoziazione delle operazioni eseguite non costituisce una negoziazione algoritmica. Nella presente direttiva viene definita negoziazione algoritmica: negoziazione di strumenti finanziari in cui un algoritmo informatizzato determina automaticamente i parametri individuali degli ordini, come ad esempio se avviare l'ordine, i tempi, il prezzo o la quantità dell'ordine o come gestire l'ordine dopo la sua presentazione, con intervento umano minimo o nullo e non comprende i sistemi utilizzati unicamente per trasmettere ordini a una o più sedi di negoziazione, per trattare ordini che non comportano la determinazione di parametri di trading, per confermare ordini o per eseguire il trattamento post-negoziazione delle operazioni eseguite. Viene definita tecnica di negoziazione algoritmica ad alta frequenza: qualsiasi tecnica di negoziazione algoritmica caratterizzata da: a) infrastrutture volte a ridurre al minimo le latenze di rete e di altro genere, compresa almeno una delle strutture per l'inserimento algoritmico dell'ordine: co-ubicazione (distanza dalla sede di negoziazione), hosting di prossimità o accesso elettronico diretto a velocità elevata; b) determinazione da parte del sistema dell'inizializzazione, generazione, trasmissione o esecuzione dell'ordine senza intervento umano per il singolo ordine o negoziazione, e c) elevato traffico infragiornaliero di messaggi consistenti in ordini, quotazioni o cancellazioni. La Commissione ha stabilito disposizioni affinché le imprese di investimento operanti con negoziazioni algoritmiche perseguendo una strategia di market making svolgano tale attività in modo continuo in una fascia specifica dell'orario di contrattazione della sede di negoziazione. Norme tecniche di regolamentazione chiariscono cosa costituisce una fascia specifica dell'orario di contrattazione della sede di negoziazione garantendo che tale fascia specifica sia rilevante rispetto all'orario di contrattazione totale, tenuto conto della liquidità, delle dimensioni e della natura del mercato specifico e delle caratteristiche degli strumenti finanziari negoziati. Le imprese di investimento che effettuano negoziazioni algoritmiche perseguendo una strategia di market making hanno l'obbligo di porre in essere controlli e sistemi adeguati per tale attività intesa in un modo specifico in relazione al suo contesto e al suo scopo. La definizione di tale attività è pertanto indipendente da definizioni quali quella di "attività di supporto agli scambi (market making)" di cui al regolamento (UE) n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio. Il regolamento 236/2012/UE definisce attività di supporto agli scambi (market making), le attività di un'impresa di investimento, di un ente creditizio, di un soggetto di un paese terzo o un'impresa che negoziano per conto proprio in applicazione delle condizioni di deroga della direttiva MiFID e che sia membro di una sede di negoziazione o di un mercato di un paese terzo il cui quadro giuridico e di vigilanza sia stato dichiarato equivalente dalla Commissione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 2, quando agisce in qualità di operatore principale per uno strumento finanziario negoziato in una sede di negoziazione o fuori di essa, secondo una delle seguenti modalità: i) comunicando simultaneamente corsi di acquisto e di vendita fermi e a prezzi concorrenziali, di livello comparabile, fornendo così liquidità regolare e continua al mercato, ii) nell'ambito della sua attività abituale, eseguendo ordini avviati da clienti o rispondendo alle richieste di vendita o di acquisto dei clienti, iii) coprendo le posizioni derivanti dall'esecuzione dei compiti di cui ai punti i) e ii). Un sottoinsieme specifico della negoziazione algoritmica è costituito dalla negoziazione algoritmica ad alta frequenza, in cui un sistema di negoziazione analizza dati o segnali del mercato a velocità elevata per poi inviare o aggiornare un gran numero di ordini entro un tempo brevissimo in risposta all'analisi. In particolare, la negoziazione algoritmica ad alta frequenza può contenere elementi quali l'inizializzazione, la generazione, la trasmissione e l'esecuzione dell'ordine che sono determinati dal sistema senza intervento umano per ciascun singolo ordine o negoziazione, un tempo breve per la creazione e la liquidazione delle posizioni, un elevato indice giornaliero di rotazione del portafoglio, un elevato rapporto infragiornaliero ordini/operazioni e la chiusura del giorno di negoziazione in una posizione flat, o prossima a essa. La negoziazione algoritmica ad alta frequenza è caratterizzata, tra l'altro, da elevati traffici infragiornalieri di messaggi che costituiscono ordini, quotazioni o cancellazioni. Nel determinare che cosa costituisce un traffico infragiornaliero elevato di messaggi, si deve tenere conto dell'identità del cliente al quale è riconducibile l'attività in ultima analisi, della lunghezza del periodo di osservazione, della comparazione con l'attività complessiva del mercato durante tale periodo e della concentrazione o frammentazione relativa di attività. La negoziazione algoritmica ad alta frequenza è generalmente utilizzata dagli operatori che impegnano capitale proprio per la negoziazione e, anziché essere una strategia in sé, consiste piuttosto nell'uso di tecnologie sofisticate per attuare strategie di negoziazione più tradizionali, come le attività di supporto agli scambi (market making) o l'arbitraggio: operare con strategie maket making senza dover sottostare agli stringenti vincoli imposti a questi ultimi quali sempre presenti come controparte nel mercato per garantire liquidità ai partecipanti (mercati liquidi, come definiti alla fine di questo paragrafo) e possibilità di azione in tempi brevi per acquistare ai prezzi più convenienti gli strumenti finanziari.
La necessità di creare un'infrastruttura tecnologica in grado di garantire ai trader l'accesso al miglio prezzo di contrattazione presente su ciascun mercato, in ogni istante deriva dall'obbligo di eseguire gli ordini di contrattazione al NBBO (USA) o al Best Price (Europa), in concomitanza con la tendenza alla frammentazione dei mercati in atto negli ultimi anni. L'order protection rule stabilisce che "i mercati creino, mantengano e rinforzino regolamenti e procedure ragionevolmente volte ad evitare i trade- through - l'esecuzione di trades a prezzi peggiori delle quotazioni protette (NBBO). Obbligo che causa la connessione tra mercati regolamentati e ECN (o MTF), e soprattutto di sistemi in grado di analizzare i prezzi e le relative quantità presenti su ogni singola trading venue (luogo di contrattazione) e di offrire poi all'investitore il miglior prezzo.
Multilateral Trading Facilities MFTs, sistemi di contrattazione privati che offrono la possibilità di negoziare strumenti finanziari quotati presso una Borsa, senza compiti regolamentari di ammissione e informativa; hanno l'obbligo di avere degli operatori specialisti tenuti a supportare la liquidità dei book di negoziazione. L'obiettivo è quello delle crescita su scala europea agevolato dal nuovo contesto regolamentare più flessibile e aperto, infatti la direttiva MiFID (la presente direttiva 2014/65/UE) introduce sistemi di negoziazione multilaterali o MTF (Multilateral Trading Facilites), circuiti di negoziazione gestiti da privati che, al contrario dei mercati regolamentati non hanno oggetto sociale esclusivo, ma possono essere gestiti anche da un'impresa di investimento. Al suo debutto sono quotati solo titoli in euro, ma in futuro potrebbero essere introdotti titoli in altre valute, come il dollaro o la sterlina.. I Broker ECN, differiscono dai Broker Market Maker perchè questi ultimi non si limitano a svolgere una funzione di intermediario tra il venditore ed il compratore ma, garantendo l'esecuzione degli ordini creano un mercato autogestito, ovvero un mercato dove loro si configurano quasi sempre da controparte contrattuale. I guadagni dei Broker Market Maker provengono essenzialmente dallo spread, per cui questi Broker sono molto criticati in quanto possono lavorare molto spesso in situazioni di conflitto di interessi. I Broker ECN invece, configurandosi come dei veri e propri intermediari, svolgono essenzialmente il compito di mettere in relazione due parti contrattuali contro pagamento di commissioni. Quindi non guadagnando su spread ed avendo delle commissioni su ogni trade, non hanno alcun interesse nel guadagno o nella perdita dei clienti e quindi non esiste nessun conflitto di interessi. I principali vantaggi dei Broker ECN sono: Accesso diretto al mercato, Spread bassi che mediamente si aggirano intorno a 0,5 pips (variazione dello spreed nella 4 cifra decimale o anche pipette se la cifra decimale è la 5 del prezzo di vendita dello strumento finanziario), Possibilità di utilizzare diverse tipologie di trading come expert advisor e scalping (intervenire sull'analisi di una serie di informazioni in tempi brevi), ordini veloci, Market Depth ovvero la possibilità misurare la liquidità del mercato visualizzando tutti gli ordini immessi dai clienti; principali svantaggi: Commissioni su ogni trade, Alta variabilità degli spread, Stop Loss non sempre presenti (un limite di prezzo che si attiva quando lo strumento finanziario raggiunge il valore limite per ridurre al minimo le perdite), Maggiore complessità delle piattaforme di trading.
High Frequency Trading (Hfts), è un termine associato ad un ampio spettro di strategie operative automatizzate, confondendolo spesso con il più semplice trading algoritmico; i sistemi ad alta frequenza, pur appartenendo alla famiglia del trading algoritmico, da questi ultimi si differenziano, rappresentandone una sorta di step evolutivo successivo. Gli Hfts, inoltre, sono spesso programmati allo scopo di trarre vantaggio economico dalla presenza sui book di contrattazione di sistemi algoritmici meno evoluti e facilmente prevedibili. Un sistema Hft può essere descritto come una tipologia di trading completamente automatizzato (della famiglia del trading algoritmico) in grado di eseguire una moltitudine di calcoli in pochissimo tempo; dispone d un collegamento con il mercato estremamente rapido, analizza dati tick - by - tick avvalendosi di infrastrutture tecnologiche e informatiche in grado di eseguire operazioni in un arco temporale di pochi millisecondi. Un sistema ad alta frequenza è progettato in modo tale da eseguire le proprie strategie in maniera autonoma, analizzando il mercato e trasmettendo migliaia di messaggi di acquisto e vendita al secondo e inserendo contestualmente ordini di esecuzione, di cancellazione o di sostituzione che si adattano immediatamente al flusso informativo disponibile. L'obiettivo principale di un sistema ad alta frequenza è di identificare e trarre vantaggio da rapidi sbilanciamenti di liquidità o da inefficienze dei prezzi di brevissima durata; solitamente chiude la giornata di contrattazioni flat. Mentre per Trading Algoritmico (AT) si intende un metodo di trading i cui parametri sono determinati da uno specifico set di regole con lo scopo di automatizzare le decisioni di investimento, eliminando la componente emotiva e comportamentale. Gli algoritmi di trading tipicamente specificano timing, prezzo, quantità e ruotine degli ordini, monitorando le condizioni del mercato in maniera continua. Fonte: PUORRO, Alfonso. High Frequency Trading: Una Panoramica (High Frequency Trading: An Overview), 2013.
Il progresso tecnico ha reso possibile la negoziazione ad alta frequenza e l'evoluzione dei modelli commerciali, negoziazione facilitata dalla co-ubicazione degli impianti dei partecipanti al mercato in stretta vicinanza fisica al motore di confronto di una sede di negoziazione; con l'intendo di garantire condizioni di ordinato e corretto svolgimento delle negoziazioni, è obbligo delle sedi di negoziazione di fornire servizi di co-ubicazione su base non discriminatoria, equa e trasparente. L'utilizzo della tecnologia di negoziazione ha aumentato la velocità, la capacità e la complessità delle modalità di negoziazione degli investitori. In generale, la tecnologia di negoziazione ha apportato vantaggi al mercato e ai partecipanti al mercato, come una più ampia partecipazione ai mercati, un aumento di liquidità, differenziali più ridotti, minore volatilità a breve termine e i mezzi per ottenere una migliore esecuzione degli ordini per i clienti; è comunque affetta da una serie di rischi potenziali, come un aumento del rischio di sovraccarico dei sistemi nelle sedi di negoziazione a causa del gran numero di ordini, i rischi che la negoziazione algoritmica generi ordini erronei o doppi o che comunque non funzioni correttamente e crei così un mercato disordinato. Esiste anche il rischio che i sistemi di negoziazione algoritmica reagiscano in modo eccessivo ad eventi di mercato (eventi che determinano variazioni nei volumi di acquisto o di Stop Loss), aggravando così la volatilità qualora preesista un problema di mercato; infine, la negoziazione algoritmica o la tecnica di negoziazione algoritmica ad alta frequenza possono, come ogni altra forma di negoziazione, prestarsi a talune forme di comportamento, se non utilizzate correttamente, vietate a norma del regolamento (UE) n. 596/2014 che detta le disposizioni contro gli abusi di mercato, ad esempio per evitare i rischi derivati dall'arbitraggio normativo ed assicurare l'assunzione di responsabilità in caso di tentata manipolazione. La negoziazione ad alta frequenza è una tecnica che porta vantaggi in termini di informazione forniti a chi la pratica, può indurre gli investitori a scegliere di effettuare gli scambi nelle sedi dove possono evitare contatti con gli operatori che effettuano negoziazioni ad alta frequenza, per tanto la Commissione con la direttiva MiFID ritiene opportuno sottoporre le tecniche di negoziazione algoritmica ad alta frequenza che rispondono a determinate caratteristiche a uno speciale controllo regolamentare, inoltre per quanto si tratti prevalentemente di tecniche basate sulla negoziazione per conto proprio, è fatto obbligo di controllo regolamentare anche nei casi in cui l'esecuzione della tecnica è strutturata in modo tale da evitare che si svolga per conto proprio. Con la direttiva MiFID è ritenuto quale modo migliore per mitigare tali rischi potenziali derivanti da un maggior ricorso alla tecnologia, sia una combinazione di misure e controlli specifici del rischio diretti alle imprese che si avvalgono delle negoziazioni algoritmiche o adottano tecniche di negoziazione algoritmica ad alta frequenza e che forniscono un accesso elettronico diretto, e di altre misure dirette ai gestori delle sedi di negoziazione a cui tale imprese hanno accesso. Al fine di potenziare la resilienza dei mercati agli sviluppi tecnologici, le misure e i controlli necessari dovranno seguire gli orientamenti tecnici adottati dall'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, ESMA, pubblicati a febbraio 2012 e intitolati "Sistemi e controlli in un ambiente di negoziazione automatizzato per piattaforme di negoziazione, imprese di investimento e autorità competenti" (Systems and controls in an automated trading environment for trading platforms, investment firms and competent authorities - ESMA/2012/122). La direttiva stabilisce per tutte le imprese che effettuano negoziazioni algoritmiche ad alta frequenza l'obbligo di autorizzazione nel senso della presente direttiva, autorizzazione che assicurare l'esistenza di adeguati requisiti organizzativi e un'adeguata vigilanza. Tuttavia, gli enti che sono autorizzati e controllati a norma del diritto dell'Unione che disciplina il settore finanziario ed esenti dall'applicazione della presente direttiva, ma che effettuano la negoziazione algoritmica o la negoziazione con tecniche algoritmiche ad alta frequenza, non sono tenuti a ottenere un'autorizzazione ai sensi della presente direttiva e sono soggetti esclusivamente alle misure e ai controlli volti a contrastare il rischio specifico derivante da tali tipi di negoziazione. In tal senso, l'ESMA svolge un importante ruolo di coordinamento definendo le idonee dimensioni dello scostamento di prezzo, così da assicurare l'ordinato funzionamento dei mercati a livello dell'Unione.
Con la presente direttiva è fatto obbligo sia per le imprese di investimento che per le sedi di negoziazione di provvedere affinché siano messe in atto solide misure per assicurare che le tecniche di negoziazione algoritmica o di negoziazione algoritmica ad alta frequenza non creino un mercato disordinato e non possano essere utilizzate per scopi vietati. Le sedi di negoziazione hanno l'obbligo di garantire che i loro sistemi di negoziazione siano resistenti e adeguatamente testati per far fronte a un aumento del flusso degli ordini o a condizioni critiche dei mercati e che presso le sedi di negoziazione siano in funzione degli interruttori per arrestare temporaneamente o vincolare le negoziazioni se si verificano all'improvviso movimenti di prezzo inattesi; è anche sancito l'obbligo, per le strutture delle commissioni, di trasparenza di equità, di non discriminazione e di non favorire condizioni di mercato anomalo. Viene quindi consentito alle sedi di negoziazione di adeguare le commissioni relative agli ordini annullati in funzione del lasso di tempo in cui l'ordine è stato mantenuto e di calibrare le commissioni in funzione dello strumento finanziario a cui si applicano. Inoltre gli Stati membri hanno la facoltà di autorizzare le sedi di negoziazione a imporre commissioni più elevate per effettuare gli ordini che sono successivamente annullati o a imporre tali commissioni ai partecipanti che presentano un'elevata percentuale ordini annullati e a quelli che impiegano una tecnica di negoziazione algoritmica ad alta frequenza, al fine di tener conto dell'onere aggiuntivo sulla capacità del sistema senza necessariamente che ne beneficino altri gestori del mercato. In aggiunta alle misure relative alla tecnica di negoziazione algoritmica e di negoziazione algoritmica ad alta frequenza, è vietato alle imprese di investimento di fornire ai clienti un accesso elettronico diretto ai mercati se tale accesso non è soggetto a sistemi e controlli adeguati. Indipendentemente dalla forma di accesso elettronico diretto fornito, le imprese che offrono tale accesso valutano e riesaminano l'idoneità dei clienti che utilizzano il servizio in questione e provvedono affinché siano imposti controlli del rischio sull'utilizzo del servizio e devono anche mantenere la responsabilità per le negoziazioni trasmesse dai loro clienti mediante l'uso dei loro sistemi o l'utilizzo dei loro codici di negoziazione. Requisiti di organizzazione dettagliati concernenti tali nuove forme di negoziazione sono prescritti in modo più circostanziato nelle norme tecniche di regolamentazione per assicurare che i requisiti possano essere modificati in funzione della necessità e per tener conto di ulteriori innovazioni e sviluppi nel settore. La direttiva detta disposizioni al fine di assicurare una vigilanza efficace e di consentire alle autorità competenti di adottare misure adeguate e tempestive contro le strategie algoritmiche difettose o scorrette, definendo l'obbligo di segnalare tutti gli ordini generati mediante negoziazione algoritmica affinché, le autorità competenti possano essere in grado di identificare e distinguere gli ordini provenienti da algoritmi differenti e di ricostruire e valutare efficacemente le strategie utilizzate dagli operatori che effettuano negoziazioni algoritmiche; con tale insieme di norme sancite con la direttiva MiFID per il controllo della negoziazione algoritmica e ad alta frequenza si attenua il rischio che gli ordini non siano assegnati inequivocabilmente a una strategia algoritmica o a un operatore. La segnalazione consente alle autorità competenti di reagire in modo efficiente ed efficace contro le strategie di negoziazione algoritmica che costituiscono un comportamento vietato o creano rischi per il corretto funzionamento del mercato. Al fine di garantire il mantenimento dell'integrità del mercato in seguito agli sviluppi tecnologici nei mercati finanziari, l'ESMA si avvale periodicamente dei contributi degli esperti nazionali sugli sviluppi relativi alla tecnologia di negoziazione, compresa la negoziazione ad alta frequenza e le nuove pratiche suscettibili di costituire abusi di mercato, per identificare e promuovere strategie efficaci di prevenzione e trattamento di tali abusi.
Con le modifiche apportate alla direttiva 2011/61/UE, considerata l'armonizzazione legislativa raggiunta per i servizi prestati dai GEFIA, viene rivista la norma che consente la prestazione di servizi anche in altri Stati membri dell'Unione Europea diversi dallo Stato membro di origine in cui il GEFIA è autorizzati. Nell'attuale quadro giuridico, i GEFIA autorizzati a prestare detti servizi di investimento e che intendono fornirli in Stati membri diversi da quello di origine sono tenuti a conformarsi agli ulteriori obblighi nazionali, come la costituzione di un'entità giuridica distinta. Le modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2014/65 hanno il fine di eliminare gli ostacoli nell'ambito della fornitura transfrontaliera di servizi di investimento armonizzati e di garantire parità di condizioni tra i soggetti che prestano i medesimi servizi di investimento nel rispetto degli stessi requisiti di legge; un GEFIA autorizzato a prestare tali servizi dovrebbe essere in grado di farlo a livello transfrontaliero, fermi restando gli opportuni obblighi di notifica, definiti dell'autorizzazione concessa dalle autorità competenti del relativo Stato membro di origine. L'articolo 92 della direttiva (UE) 2014/65 apporta modifiche all'articolo 4 (paragrafo 1, lettera r) e all'articolo 33 della direttiva 2011-61-UE stabilendo che un GEFIA autorizzato a prestare tali servizi dovrebbe essere in grado di farlo a livello transfrontaliero, fatti salvi gli opportuni obblighi di notifica, in virtù dell'autorizzazione concessa dalle autorità competenti del relativo Stato membro di origine; con l'articolo 94 abroga la direttiva 2004/39/CE che sancisce le disposizioni per i sistemi autorizzati ad operare il qualità di mercati regolamentati e le disposizioni che devono rispettare le imprese di investimento per essere autorizzate all'esercizio dell'attività: prestare uno o più servizi di investimento a terzi e nell'effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale: ricezione e trasmissione di ordini riguardanti uno o più strumenti finanziari, esecuzione di ordini per conto dei clienti, negoziazione per conto proprio, gestione portafogli, consulenza in materia di investimenti, assunzione a fermo di strumenti finanziari e collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile o anche senza impegno irrevocabile, gestione di sistemi multilaterali di negoziazione. La direttiva 2004/39/CE a sua volta abroga la direttiva del Consiglio delle Comunità europee relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, la direttiva 93/22/CEE; direttiva che costituì uno strumento essenziale per la realizzazione, nel settore delle imprese di investimento, del mercato interno, decisa con l'Atto unico europeo e programmata nel Libro bianco della Commissione, sotto il duplice profilo della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi nel settore delle imprese d'investimento, (le prime disposizioni in merito alla libertà di stabilimento risale all'anno 1973 con l'emanazione della direttiva 73/183/CEE). La direttiva 2004/39/CEE modifica la direttiva 85/611/CEE in cui l'obbiettivo della Commissione è stato un coordinamento delle legislazioni nazionali che disciplinano gli organismi d'investimento collettivo, per ravvicinare sul piano comunitario le condizioni di concorrenza tra questi organismi e potere attuare una tutela più efficace e più uniforme dei partecipanti; obbiettivi che avrebbero facilitato negl'anni avvenire la commercializzazione delle quote degli organismi d'investimento collettivo situati in uno stato membro, nel territorio degl'atri Stati membri della Comunità Europea. Modifica la direttiva 93/6/CEE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, modifica la direttiva 2000/12/CE relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio che raggruppa in un testo unico la direttiva 73/183/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1973, relativa alla soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi nel campo delle attività non salariate delle banche e di altri istituti finanziari, la prima direttiva (77/780/CEE) del Consiglio, del 12 dicembre 1977, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio, la direttiva 89/299/CEE del Consiglio, del 17 aprile 1989, concernente i fondi propri degli enti creditizi, la seconda direttiva (89/646/CEE) del Consiglio, del 15 dicembre 1989, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio, la direttiva 89/647/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1989, relativa al coefficiente di solvibilità degli enti creditizi, la direttiva 92/30/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1992, relativa alla vigilanza su base consolidata degli enti creditizi ed in fine la direttiva 92/121/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1992, sulla vigilanza ed il controllo dei grandi fidi degli enti creditizi. La direttiva (UE) 2014/65 ha subito modifiche con l'emanazione della direttiva (UE) 2016/1034. Modifiche sono apportate anche dal regolamento (UE) 909/2014 relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli CSD e recante modifica delle direttive 98/26/CE (concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli) e del regolamento (UE) n. 236/2012, illustrato nei paragrafi precedenti, paragrafo 2.2 (relativo alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell'emittente "credit default swap"); quest'ultimo introduce nella normativa i riferimenti allo stesso regolamento (UE) 909/2014 per quanto concerne i CSD, depositari centrali di titoli. Integrazioni alla direttiva 2014/65/UE sono state attuate con l'adozione del regolamento (UE) 2017/568 con riferimento all'articolo 51 paragrafo 6, comma 3, progetti e norme di regolamentazione che l'ESMA elabora con riferimento ai dispositivi di cui il mercato regolamentato deve dotarsi per verificare che gli emittenti dei valori mobiliari ammessi alla negoziazione nel mercato regolamentato rispettino gli obblighi che incombono loro ai sensi del diritto dell'Unione per quanto riguarda gli obblighi in materia di informativa iniziale, continuativa e ad hoc per agevolare ai suoi membri e ai suoi partecipanti l'accesso alle informazioni che sono state pubblicate alle condizioni stabilite dal diritto dell'Unione. La direttiva 2014/65/UE è anche integrata dall'attuazione del regolamento (UE) 2017/576, per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione relative alla pubblicazione annuale da parte delle imprese di investimento delle informazioni sull'identità delle sedi di esecuzione e sulla qualità dell'esecuzione.
Ulteriori obblighi per le società che erogano servizi di investimento sono sanciti dal regolamento (UE) 600/2014 (regolamento MiFIR: Markets in Financial Instruments Regulation) adottato dalla Commissione Europea a causa delle debolezze che la crisi finanziaria tra il 2006 ed il 2008 (anni in cui la crisi ha prodotto il maggiore effetto) ha messo in luce, debolezze nella trasparenza dei mercati finanziari che potrebbero comportare conseguenze socioeconomiche negative. La commissione ritiene che maggiore trasparenza è uno dei principi condivisi per rafforzare il sistema finanziario, come confermato dalla dichiarazione dei leader del G20 resa a Londra in data 2 aprile 2009. Adottando un nuovo quadro normativo finalizzato ad ottenere maggiore trasparenza e rendere più efficace il funzionamento del mercato interno degli strumenti finanziari, vengono definiti requisiti uniformi in materia di trasparenza delle transazioni effettuate nei mercati degli strumenti finanziari; il nuovo quadro normativo definito con il regolamento (UE) 600/2014 fornisce un insieme di norme esaustive e applicabili a un ampio ventaglio di strumenti finanziari e prevede requisiti di trasparenza applicabili agli ordini e alle operazioni su azioni conformemente a quanto definito nella direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sostituita dalla nuova direttiva (UE) 2014/65. Il regolamento stabilisce requisiti uniformi in relazione a: a) comunicazione al pubblico di dati sulle negoziazioni, b) segnalazione delle operazioni alle autorità competenti, c) negoziazione di strumenti derivati nelle sedi organizzate, d) accesso non discriminatorio alla compensazione e accesso non discriminatorio alla negoziazione di valori di riferimento, e) poteri di intervento sui prodotti conferiti alle autorità competenti, all'ESMA e all'ABE nonché poteri conferiti all'ESMA in ordine ai controlli sulla gestione delle posizioni e alle limitazioni delle posizioni, f) prestazione di servizi o attività di investimento da parte di imprese di paesi terzi, in seguito a una decisione di equivalenza applicabile da parte della Commissione, con o senza una succursale. Si applica alle imprese di investimento autorizzate ai sensi della direttiva 2014/65/UE e agli enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio quando prestano servizi di investimento e/o svolgono attività di investimento, nonché ai gestori del mercato, inclusa qualsiasi sede di negoziazione da questi gestita. Il regolamento interessa anche le controparti centrali in operazioni OTC, in particolare il titolo V si applica alla totalità delle controparti finanziarie ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 648/2012 e a tutte le controparti non finanziarie di cui all'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento ed il titolo VI del presente regolamento si applica altresì alle CCP e ai soggetti che detengono diritti di proprietà sui valori di riferimento.
Le norme sancite con il regolamento (UE) 600/2014 in merito alla trasparenza delle operazioni con gli strumenti finanziari interessano anche i gestori di mercato e le società di investimento che gestiscono una propria sede di negoziazione; sono sanciti obblighi anche per le operazioni che interessano strumenti non rappresentativi di capitale come obbligazioni, strumenti finanziari strutturati (caratterizzati dalla combinazione di un titolo ed uno o più derivati), quote di emissione (gas nocivi) e strumenti derivati (OTC). Vengono dettate disposizioni che consentono ad una impresa di un terzo paese di fornire servizi di investimento senza la necessità di una succursale nel paese membro. Ai fini dello stesso regolamento sono definiti i mercati liquidi, e le definizioni di frammentazione della liquidità:
mercato liquido: il mercato di uno strumento finanziario o di una categoria di strumenti finanziari in cui vi siano venditori e compratori pronti e disponibili su base continua, e laddove il mercato sia valutato conformemente ai criteri sotto elencati, tenendo conto delle strutture specifiche di mercato del particolare strumento finanziario o della particolare categoria di strumenti finanziari:
i) la frequenza e le dimensioni medie delle operazioni in una serie di condizioni di mercato, tenendo conto della natura e del ciclo di vita dei prodotti della categoria di strumenti finanziari, ii) il numero e il tipo di partecipanti al mercato, compreso il rapporto tra i partecipanti al mercato e gli strumenti finanziari negoziati in relazione a un determinato prodotto, iii) le dimensioni medie dei differenziali, ove disponibili;
inoltre è definito mercato di uno strumento finanziario negoziato quotidianamente, quando è valutato conformemente ai criteri seguenti: i) il flottante; ii) il numero medio giornaliero di operazioni relative a tali strumenti finanziari; iii) il controvalore medio giornaliero degli scambi di tali strumenti finanziari.
Frammentazione della liquidità: una situazione in cui:
a) i partecipanti alla sede di negoziazione non sono in grado di concludere un'operazione con uno o più partecipanti della medesima sede perché mancano accordi di compensazione accessibili a tutti i partecipanti, oppure b) un membro compensatore (clearing member) o i suoi clienti siano costretti a detenere le loro posizioni in uno strumento finanziario in più di una CCP, il che limiterebbe le possibilità di compensazione delle esposizioni finanziarie. Debito sovrano: uno strumento di debito emesso da un emittente sovrano (titolo di stato).
Il regolamento (UE) 600/2014 è integrato dal regolamento (UE) 2017/583 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione sugli obblighi di trasparenza a carico delle sedi di negoziazione e delle imprese di investimento in relazione a obbligazioni, strumenti finanziari strutturati, quote di emissione e derivati.
mercato liquido: il mercato di uno strumento finanziario o di una categoria di strumenti finanziari in cui vi siano venditori e compratori pronti e disponibili su base continua, e laddove il mercato sia valutato conformemente ai criteri sotto elencati, tenendo conto delle strutture specifiche di mercato del particolare strumento finanziario o della particolare categoria di strumenti finanziari:
i) la frequenza e le dimensioni medie delle operazioni in una serie di condizioni di mercato, tenendo conto della natura e del ciclo di vita dei prodotti della categoria di strumenti finanziari, ii) il numero e il tipo di partecipanti al mercato, compreso il rapporto tra i partecipanti al mercato e gli strumenti finanziari negoziati in relazione a un determinato prodotto, iii) le dimensioni medie dei differenziali, ove disponibili;
inoltre è definito mercato di uno strumento finanziario negoziato quotidianamente, quando è valutato conformemente ai criteri seguenti: i) il flottante; ii) il numero medio giornaliero di operazioni relative a tali strumenti finanziari; iii) il controvalore medio giornaliero degli scambi di tali strumenti finanziari.
Frammentazione della liquidità: una situazione in cui:
a) i partecipanti alla sede di negoziazione non sono in grado di concludere un'operazione con uno o più partecipanti della medesima sede perché mancano accordi di compensazione accessibili a tutti i partecipanti, oppure b) un membro compensatore (clearing member) o i suoi clienti siano costretti a detenere le loro posizioni in uno strumento finanziario in più di una CCP, il che limiterebbe le possibilità di compensazione delle esposizioni finanziarie. Debito sovrano: uno strumento di debito emesso da un emittente sovrano (titolo di stato).
Il regolamento (UE) 600/2014 è integrato dal regolamento (UE) 2017/583 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione sugli obblighi di trasparenza a carico delle sedi di negoziazione e delle imprese di investimento in relazione a obbligazioni, strumenti finanziari strutturati, quote di emissione e derivati.
5 - FONDI DI INVESTIMENTO ALTERNATIVI: DIRETTIVA (UE) 2011/65 GEFIA
5.1 - Direttiva (UE) 2011/65 GEFIA
La direttiva 2011/61/UE che come abbiamo visto nel paragrafo precedente è stata modificata dall'articolo 92 della direttiva (UE) 2014/65, fissa le norme in materia di autorizzazione, funzionamento e trasparenza dei gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) che gestiscono e/o commercializzano fondi di investimento alternativi (FIA) nell'Unione. La direttiva mira a creare un mercato interno per i GEFIA e un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato e rigoroso per quanto riguarda le attività all'interno dell'Unione di tutti i GEFIA, incluso quelli aventi sede legale in uno Stato membro (GEFIA UE) e quelli aventi sede legale in un paese terzo (GEFIA non UE). Poiché le conseguenze pratiche e le possibili difficoltà derivanti da un quadro regolamentare armonizzato e da un mercato interno per i GEFIA non UE che svolgono attività di gestione e/o commercializzazione in seno all'Unione e per i GEFIA UE che gestiscono fondi di investimento alternativi (FIA) non UE sono incerte e difficilmente prevedibili a causa della mancanza di precedente esperienza in questo ambito, la Commissione Europea prevede con la direttiva 2011/65/UE un meccanismo di riesame. L'obiettivo perseguito, dopo un periodo transitorio di due anni, è che un regime armonizzato di passaporto diventi applicabile per i GEFIA non UE che svolgono attività di gestione e/o commercializzazione nell'Unione e i GEFIA UE che gestiscono FIA non UE successivamente all'entrata in vigore di un atto delegato della Commissione a tal proposito. L'obiettivo perseguito è che il regime armonizzato, durante un ulteriore periodo transitorio di tre anni, coesista con i regimi nazionali degli Stati membri nel rispetto di determinate condizioni minime di armonizzazione. Trascorso tale periodo di coesistenza triennale, l'obiettivo perseguito è di sopprimere i regimi nazionali alla data di entrata in vigore di un ulteriore atto delegato della Commissione. Obbiettivo sancito con le modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2014/65 (articolo 92) valutate più in dettaglio nel prossimo paragrafo. La direttiva (UE) 2011/61 si applica ai GEFIA, senza dipendere dalle modalità giuridiche o contrattuali in base alle quali è stato loro attribuito l'incarico, che gestiscono tutti i tipi di fondi che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009 e successive modifiche di cui al paragrafo 3, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia degli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). è sancito che i GEFIA non possano gestire OICVM ai sensi della direttiva 2009/65/CE sulla base di un'autorizzazione accordata ai sensi della direttiva 2011/61/UE; per una società di gestione autorizzata ai sensi della direttiva 2009/65/CE che presenta domanda di autorizzazione come GEFIA, non viene imposto dalle autorità competenti di fornire informazioni o documenti già forniti al momento della domanda di autorizzazione per la gestione di OICVM, a condizione che tali informazioni o documenti siano aggiornati, inoltre le imprese d'investimento autorizzate ai sensi della direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, gli enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2013/36/UE, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio, non devono ottenere un'autorizzazione ai sensi della presente direttiva per poter fornire servizi d'investimento quali la gestione di portafogli individuali in relazione ai FIA. Per le imprese d'investimento è possibile offrire, direttamente o indirettamente, quote o azioni di un FIA a investitori nell'Unione o collocare tali quote o azioni presso investitori nell'Unione soltanto nella misura in cui le quote o azioni possono essere commercializzate conformemente alla presente direttiva. Nel recepire la presente direttiva nel diritto nazionale, gli Stati membri dovono tenere conto della finalità normativa di detta disposizione e dovrebbero garantire che anche le imprese di investimento stabilite in un paese terzo che, a norma del pertinente diritto nazionale, possono prestare servizi di investimento per FIA ricadano nell'ambito di applicazione di detta disposizione. La prestazione di servizi di investimento da parte di tali soggetti, in relazione a FIA, non dove costituire un'elusione de facto della presente direttiva attraverso la trasformazione del GEFIA in società fantasma, indipendentemente dal fatto che questi sia stabilito nell'Unione o in un paese terzo.
5.1 - Direttiva (UE) 2011/65 GEFIA
La direttiva 2011/61/UE che come abbiamo visto nel paragrafo precedente è stata modificata dall'articolo 92 della direttiva (UE) 2014/65, fissa le norme in materia di autorizzazione, funzionamento e trasparenza dei gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA) che gestiscono e/o commercializzano fondi di investimento alternativi (FIA) nell'Unione. La direttiva mira a creare un mercato interno per i GEFIA e un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato e rigoroso per quanto riguarda le attività all'interno dell'Unione di tutti i GEFIA, incluso quelli aventi sede legale in uno Stato membro (GEFIA UE) e quelli aventi sede legale in un paese terzo (GEFIA non UE). Poiché le conseguenze pratiche e le possibili difficoltà derivanti da un quadro regolamentare armonizzato e da un mercato interno per i GEFIA non UE che svolgono attività di gestione e/o commercializzazione in seno all'Unione e per i GEFIA UE che gestiscono fondi di investimento alternativi (FIA) non UE sono incerte e difficilmente prevedibili a causa della mancanza di precedente esperienza in questo ambito, la Commissione Europea prevede con la direttiva 2011/65/UE un meccanismo di riesame. L'obiettivo perseguito, dopo un periodo transitorio di due anni, è che un regime armonizzato di passaporto diventi applicabile per i GEFIA non UE che svolgono attività di gestione e/o commercializzazione nell'Unione e i GEFIA UE che gestiscono FIA non UE successivamente all'entrata in vigore di un atto delegato della Commissione a tal proposito. L'obiettivo perseguito è che il regime armonizzato, durante un ulteriore periodo transitorio di tre anni, coesista con i regimi nazionali degli Stati membri nel rispetto di determinate condizioni minime di armonizzazione. Trascorso tale periodo di coesistenza triennale, l'obiettivo perseguito è di sopprimere i regimi nazionali alla data di entrata in vigore di un ulteriore atto delegato della Commissione. Obbiettivo sancito con le modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2014/65 (articolo 92) valutate più in dettaglio nel prossimo paragrafo. La direttiva (UE) 2011/61 si applica ai GEFIA, senza dipendere dalle modalità giuridiche o contrattuali in base alle quali è stato loro attribuito l'incarico, che gestiscono tutti i tipi di fondi che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009 e successive modifiche di cui al paragrafo 3, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia degli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). è sancito che i GEFIA non possano gestire OICVM ai sensi della direttiva 2009/65/CE sulla base di un'autorizzazione accordata ai sensi della direttiva 2011/61/UE; per una società di gestione autorizzata ai sensi della direttiva 2009/65/CE che presenta domanda di autorizzazione come GEFIA, non viene imposto dalle autorità competenti di fornire informazioni o documenti già forniti al momento della domanda di autorizzazione per la gestione di OICVM, a condizione che tali informazioni o documenti siano aggiornati, inoltre le imprese d'investimento autorizzate ai sensi della direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, gli enti creditizi autorizzati ai sensi della direttiva 2013/36/UE, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio, non devono ottenere un'autorizzazione ai sensi della presente direttiva per poter fornire servizi d'investimento quali la gestione di portafogli individuali in relazione ai FIA. Per le imprese d'investimento è possibile offrire, direttamente o indirettamente, quote o azioni di un FIA a investitori nell'Unione o collocare tali quote o azioni presso investitori nell'Unione soltanto nella misura in cui le quote o azioni possono essere commercializzate conformemente alla presente direttiva. Nel recepire la presente direttiva nel diritto nazionale, gli Stati membri dovono tenere conto della finalità normativa di detta disposizione e dovrebbero garantire che anche le imprese di investimento stabilite in un paese terzo che, a norma del pertinente diritto nazionale, possono prestare servizi di investimento per FIA ricadano nell'ambito di applicazione di detta disposizione. La prestazione di servizi di investimento da parte di tali soggetti, in relazione a FIA, non dove costituire un'elusione de facto della presente direttiva attraverso la trasformazione del GEFIA in società fantasma, indipendentemente dal fatto che questi sia stabilito nell'Unione o in un paese terzo.
I fondi di investimenti alternativi, FIA, sono definiti organismi di investimento collettivo, compresi i relativi comparti, che: i) raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento definita a beneficio di tali investitori; e ii) non necessitano di un'autorizzazione ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2009/65/CE. Con i FIA vengono identificati tutti i fondi comuni di investimento collettivo non armonizzati e quindi non rientranti nelle disposizioni della indicata direttiva per gli OICVM (Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari armonizzati, quindi regolamentati a livello comunitario); un FIA può essere costituito in forza del diritto contrattuale, in forma di negozio fiduciario, per legge o può avere altre forma giuridica e sono regolamentati dalla legislazione del paese membro in cui sono stabiliti a differenza delle società di gestione per cui viene attuato una legislazione armonizzata a livello Europeo proprio dalla direttiva 2011/65/UE. I GEFIA sono definiti persone giuridiche che esercitano abitualmente l'attività di gestione di uno o più FIA, le succursali nel caso di un GEFIA, sono la sede di attività che costituisce una parte, priva di personalità giuridica, di un GEFIA e presta i servizi per i quali il GEFIA è stato autorizzato. Tutte le sedi di attività create nello stesso Stato membro da un GEFIA con la sede legale in un altro Stato membro o in un paese terzo sono considerate come un'unica succursale; la commissione di gestione (carried interest) è la quota degli utili del FIA spettanti al GEFIA a titolo di compenso per la gestione del FIA, ad esclusione di qualsiasi partecipazione agli utili del fondo spettanti al GEFIA come utile su un investimento da parte del GEFIA nel FIA. La direttiva sancisce l'obbligo per gli Stati membri di provvedere affinché ciascun FIA gestito nell'ambito della presente direttiva abbia un GEFIA unico, responsabile del rispetto della presente direttiva. Il GEFIA può essere: a) un gestore esterno, che è la persona giuridica nominata dal FIA o per conto del FIA e che tramite questa nomina è responsabile della gestione del FIA (GEFIA esterno); ovvero b) laddove la forma giuridica del FIA consenta la gestione interna e il consiglio di amministrazione del fondo scelga di non nominare un GEFIA esterno, il FIA stesso, il quale è pertanto autorizzato in qualità di GEFIA.
Un GEFIA esterno, ove non sia in grado di assicurare il rispetto dei requisiti della presente direttiva di cui sono responsabili il FIA o un altro soggetto per conto di questo, informa immediatamente le autorità competenti del proprio Stato membro d'origine e, se del caso, le autorità competenti del FIA UE interessato. Le autorità competenti dello Stato membro d'origine del GEFIA richiedono al GEFIA di porre rimedio alla situazione. Se, nonostante l'adozione dei provvedimenti, l'inosservanza persiste, e nella misura in cui essa riguardi un GEFIA UE o un FIA UE, le autorità competenti dello Stato membro d'origine del GEFIA richiedono le dimissioni di questo da gestore di tale FIA. In tal caso, il FIA non può più essere commercializzato nell'Unione. Se si tratta di un GEFIA non UE che gestisce un FIA non UE, tale fondo non può più essere commercializzato nell'Unione e le autorità competenti dello Stato membro di riferimento (dove il GEFIA no UE è autorizzato per la gestione dei FIA UE e no UE nel rispetto della direttiva 2011/65/UE) del GEFIA informano immediatamente della modifica le autorità competenti dello Stato membro ospitante del GEFIA.
Un GEFIA esterno, ove non sia in grado di assicurare il rispetto dei requisiti della presente direttiva di cui sono responsabili il FIA o un altro soggetto per conto di questo, informa immediatamente le autorità competenti del proprio Stato membro d'origine e, se del caso, le autorità competenti del FIA UE interessato. Le autorità competenti dello Stato membro d'origine del GEFIA richiedono al GEFIA di porre rimedio alla situazione. Se, nonostante l'adozione dei provvedimenti, l'inosservanza persiste, e nella misura in cui essa riguardi un GEFIA UE o un FIA UE, le autorità competenti dello Stato membro d'origine del GEFIA richiedono le dimissioni di questo da gestore di tale FIA. In tal caso, il FIA non può più essere commercializzato nell'Unione. Se si tratta di un GEFIA non UE che gestisce un FIA non UE, tale fondo non può più essere commercializzato nell'Unione e le autorità competenti dello Stato membro di riferimento (dove il GEFIA no UE è autorizzato per la gestione dei FIA UE e no UE nel rispetto della direttiva 2011/65/UE) del GEFIA informano immediatamente della modifica le autorità competenti dello Stato membro ospitante del GEFIA.
Numerose disposizioni della presente direttiva impongono ai GEFIA di garantire l'osservanza di obblighi per i quali, in alcune strutture dei fondi, il gestore non è responsabile. Ne sono un esempio le strutture dei fondi in cui la responsabilità di nomina del depositario incombe al FIA o altro soggetto che agisce per conto del fondo medesimo. In tal caso il GEFIA non ha il controllo definitivo sull'effettiva nomina del depositario, a meno che il fondo non sia gestito internamente da questo ultimo; la direttiva 2011/61/UE non disciplina i FIA, non può imporre ai fondi l'obbligo di nominare un depositario. Viene sancito l'obbligo per i GEFIA di garantire l'osservanza degli obblighi vigenti che ricadono su un fondo o su un altro soggetto per suo conto e in caso di violazione di tali obblighi è fatto obbligo per le autorità competenti di chiedere al GEFIA l'adozione di misure necessarie per ovviare alla situazione e se, nonostante tali misure, l'inosservanza persiste e si tratti di un GEFIA UE o di un GEFIA non UE autorizzato che gestisce un FIA dell'Unione, questi devono rinunciare alla gestione del fondo stesso; qualora non rinuncino, le autorità competenti del suo Stato membro d'origine devono imporre la rinuncia vietando la commercializzazione del FIA nell'Unione. Lo stesso divieto è applicato al GEFIA non UE autorizzato che commercializzi nell'Unione un fondo d'investimento alternativo esterno all'Unione europea. La direttiva 2011/61/UE prevede inoltre un regime agevolato (deroghe) per i GEFIA nel caso in cui i FIA cumulativi gestiti non superino la soglia di 100 000 000 di EUR o di 500 000 000 di EUR per i GEFIA che gestiscono solo fondi che non ricorrono alla leva finanziaria e non concedono agli investitori diritti di rimborso per un periodo di cinque anni. Sebbene sia improbabile che le attività dei GEFIA in questione abbiano conseguenze significative a livello individuale per la stabilità finanziaria, potrebbe accadere che, congiuntamente, tali attività generino rischi sistemici. Di conseguenza è opportuno che tali GEFIA siano soggetti oltre all'obbligo di autorizzazione integrale bensì all'obbligo di registrazione nel proprio Stato membro d'origine e che forniscano, alle autorità competenti le informazioni pertinenti sugli strumenti principali che negoziano e sulle principali esposizioni e più importanti concentrazioni dei FIA che gestiscono. Le deroghe previste dalla direttiva, prevedono comunque che i GEFIA di minori dimensioni siano trattati come GEFIA soggetti alla procedura di adesione prevista dalla direttiva stessa e l'eventuale esenzione non dovrebbe impedire agli Stati membri di imporre obblighi più rigorosi ai GEFIA che non abbiano aderito; in particolare gli Stati membri provvedono affinché i GEFIA che beneficiano di deroghe, perlomeno: a) siano soggetti a registrazione presso le autorità competenti del loro Stato membro d'origine, b) identifichino se stessi e i FIA che gestiscono presso le autorità competenti del loro Stato membro d'origine all'atto della registrazione, c) forniscano informazioni sulle strategie di investimento dei FIA che gestiscono alle autorità competenti del loro Stato membro d'origine all'atto della registrazione, d) forniscano periodicamente alle autorità competenti del loro Stato membro d'origine informazioni sui principali strumenti in cui negoziano e sulle principali esposizioni e più importanti concentrazioni dei FIA che gestiscono al fine di consentire alle autorità competenti di monitorare efficacemente il rischio sistemico, e e) notifichino alle autorità competenti del loro Stato membro d'origine il fatto di non soddisfare più le condizioni di deroga. I GEFIA che beneficiano delle indicate agevolazioni non possono avvalersi di nessuno dei diritti concessi a norma della presente direttiva, a meno che non scelgano di sottoporsi alle norme della presente direttiva. Qualora un GEFIA faccia questa scelta, la presente direttiva diviene integralmente applicabile.
Viene stabilito che la gestione di FIA deve consistere nel fornire almeno servizi di gestione dell'investimento. Il singolo GEFIA da nominare ai sensi della presente direttiva non può essere autorizzato a prestare un servizio di gestione del portafoglio senza fornire allo stesso tempo un servizio di gestione del rischio o viceversa, inoltre non deve essere precluso l'esercizio di funzioni di amministrazione e di commercializzazione di un FIA, ovvero di funzioni relative alle attività del FIA. Un GEFIA esterno può prestare anche servizi di gestione di portafogli di investimento, con mandati conferiti dagli investitori su base discrezionale e individualizzata, compresi i portafogli di proprietà di fondi pensione e degli enti pensionistici aziendali o professionali contemplati dalla direttiva 2003/41/CE (abrogata dalla direttiva 2016/2341/UE), relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, ovvero di prestare servizi ausiliari di consulenza in materia di investimenti, custodia e amministrazione di quote di organismi di investimento collettivo e ricezione e trasmissione di ordini. Conformemente all'autorizzazione di cui alla direttiva 2009/65/CE e successive modifiche (direttiva 2014/91/UE), a un GEFIA esterno è consentita la gestione di OICVM.
La direttiva stabilisce solidi sistemi di controllo di governance per i GEFIA definendo disposizioni al fine di minimizzare i conflitti di interesse; sancisce requisiti organizzativi senza pregiudicare i regimi e i controlli previsti dal diritto nazionale in materia di registrazione delle persone che lavorano presso o per un GEFIA. Le attività gestite da un GEFIA sono di seguito elencate:
1. Funzioni minime di gestione degli investimenti che un GEFIA svolge nella gestione di un FIA: a) gestione del portafoglio; b) gestione del rischio.
2. Altre funzioni supplementari che un GEFIA può svolgere durante la gestione collettiva di un FIA: a) amministrazione: i) servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo; ii) servizio di informazione per i clienti; iii) valutazione e determinazione del prezzo, anche ai fini delle dichiarazioni fiscali; iv) verifica dell'osservanza della normativa applicabile; v) tenuta del registro dei detentori delle quote/azioni; vi) distribuzione dei proventi; vii) emissione e rimborso delle quote/azioni; viii) regolamento dei contratti,compreso l'invio dei certificati; ix) tenuta delle registrazioni contabili;
b) commercializzazione; c) attività collegate agli attivi dei FIA, segnatamente i servizi necessari a soddisfare gli obblighi fiduciari del GEFIA, la gestione delle strutture, attività di amministrazione dei beni immobili, consulenze a imprese sulla struttura del capitale, la strategia industriale e le questioni collegate, consulenze e servizi in materia di fusioni e acquisizione di imprese nonché altri servizi collegati alla gestione del FIA e alle società e altre attività in cui ha investito.
Alcune delle attività sopra elencate possono essere delegate e la direttiva in merito stabilisce rigorosi vincoli e requisiti e la delega di compiti ausiliari, quali ad esempio le funzioni amministrative o tecniche eseguite dal GEFIA nell'ambito delle proprie mansioni gestionali, non dovrebbe essere assoggettata agli specifici vincoli e requisiti previsti dalla presente direttiva.
1. Funzioni minime di gestione degli investimenti che un GEFIA svolge nella gestione di un FIA: a) gestione del portafoglio; b) gestione del rischio.
2. Altre funzioni supplementari che un GEFIA può svolgere durante la gestione collettiva di un FIA: a) amministrazione: i) servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo; ii) servizio di informazione per i clienti; iii) valutazione e determinazione del prezzo, anche ai fini delle dichiarazioni fiscali; iv) verifica dell'osservanza della normativa applicabile; v) tenuta del registro dei detentori delle quote/azioni; vi) distribuzione dei proventi; vii) emissione e rimborso delle quote/azioni; viii) regolamento dei contratti,compreso l'invio dei certificati; ix) tenuta delle registrazioni contabili;
b) commercializzazione; c) attività collegate agli attivi dei FIA, segnatamente i servizi necessari a soddisfare gli obblighi fiduciari del GEFIA, la gestione delle strutture, attività di amministrazione dei beni immobili, consulenze a imprese sulla struttura del capitale, la strategia industriale e le questioni collegate, consulenze e servizi in materia di fusioni e acquisizione di imprese nonché altri servizi collegati alla gestione del FIA e alle società e altre attività in cui ha investito.
Alcune delle attività sopra elencate possono essere delegate e la direttiva in merito stabilisce rigorosi vincoli e requisiti e la delega di compiti ausiliari, quali ad esempio le funzioni amministrative o tecniche eseguite dal GEFIA nell'ambito delle proprie mansioni gestionali, non dovrebbe essere assoggettata agli specifici vincoli e requisiti previsti dalla presente direttiva.
I recenti sviluppi del mercato dei fondi alternativi di investimento sottolineano l'importante esigenza di separare la custodia dei patrimoni dalle funzioni di gestione e di distinguere il patrimonio degli investitori da quello del gestore; con la direttiva viene stabilito l'obbligo di designato un depositario diverso dal GEFIA nominato per esercitare le funzioni di depositario relativamente ai FIA. Vengono sancite dalla commissione disposizioni relative alla designazione e alle funzioni di un depositario da applicarsi a tutti i FIA gestiti da un GEFIA soggetto alla presente direttiva e, pertanto, a tutti i modelli di impresa dei FIA.
Per i FIA che non prevedono la possibilità di esercitare il diritto di rimborso nel quinquennio successivo alla data degli investimenti iniziali e che, in base alla propria politica di investimento fondamentale, di norma non investono in attività che debbono essere tenute in custodia conformemente alla presente direttiva o investono generalmente in società emittenti o non quotate allo scopo potenzialmente di acquisire il controllo su tali società ai sensi della presente direttiva, quali ad esempio fondi di investimento in capitali privati, fondi di investimento in capitali di rischio (venture capital funds) e fondi immobiliari, gli Stati membri possono poter consentire la nomina di un notaio, di un avvocato, di un conservatore o di altro soggetto che eserciti le funzioni di depositario. In tali casi le funzioni di depositario rientrano nel quadro di attività professionali o commerciali per le quali il soggetto nominato è tenuto all'obbligo di registrazione professionale riconosciuta per legge o a disposizioni legislative o regolamentari o a norme deontologiche e può offrire sufficienti garanzie finanziarie e professionali per consentirgli di esercitare in modo efficace le pertinenti funzioni di depositario del fondo e onorare gli impegni inerenti a dette funzioni, disposizioni stabilite dalla direttiva 2011/61/UE per tenere conto delle prassi vigenti per determinati tipi di fondi chiusi. Per tutti gli altri FIA, il depositario dovrebbe essere un ente creditizio, un'impresa di investimento o un altro soggetto ammesso secondo la direttiva 2009/65/CE, data l'importanza della funzione di custodia. Per i FIA non UE, il depositario dovrebbe poter essere un ente creditizio o qualsiasi altro soggetto sottoposto ad una regolamentazione e vigilanza prudenziali efficaci, che abbiano un effetto analogo a quello del diritto dell'Unione e siano effettivamente applicate. Il depositario dove avere la sede legale o una succursale nello stesso paese del FIA. Per un FIA non UE è possibile avere un depositario stabilito nel paese terzo di cui trattasi soltanto se sono soddisfatte determinate condizioni aggiuntive. Sulla base dei criteri stabiliti in atti delegati, la Commissione ha la facoltà di adottare misure di esecuzione, precisando che la regolamentazione e la vigilanza prudenziali di un paese terzo hanno gli stessi effetti del diritto dell'Unione e sono effettivamente applicate. Inoltre, qualora le autorità competenti siano in disaccordo sulla corretta applicazione delle altre condizioni aggiuntive, si dovrebbe applicare la procedura di mediazione di cui all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1095/2010 (che istituisce l'ESMA). In alternativa, per i FIA non UE, per il depositario è prevista la possibilità di stabilimento nello Stato membro d'origine o nello Stato membro di riferimento del GEFIA che gestisce il FIA.
Il depositario è responsabile del monitoraggio appropriato dei flussi di cassa del FIA, assicura in particolare che il denaro e i contanti degli investitori appartenenti al FIA, o al GEFIA che agisce per conto del fondo, siano registrati correttamente su conti intestati al FIA o al GEFIA che agisce per conto del fondo oppure al depositario che agisce per conto del FIA per la custodia di attività del FIA, tra cui la custodia degli strumenti finanziari che possono essere registrati in un conto di strumenti finanziari aperto nei libri contabili del depositario e di tutti gli strumenti finanziari che possono essere fisicamente consegnati a quest'ultimo, nonché per la verifica della proprietà di tutte le altre attività detenute dal FIA o dal GEFIA per conto del fondo stesso. All'atto di garantire che il denaro degli investitori sia correttamente registrato in un conto di liquidità, il depositario dovrebbe tener conto delle disposizioni definite dall'articolo 13, paragrafi 7 e 8, della direttiva 2004/39/CE per la salvaguardia delle attività della clientela; i menzionati paragrafi stabiliscono che una società di investimento e quindi in questo caso il depositario (che può anche essere una società di investimento) quando detengono strumenti finanziari appartenenti ai clienti, adottano misure adeguate per salvaguardare i diritti di proprietà di questi ultimi, segnatamente in caso di insolvenza dell'impresa di investimento, e per impedire che gli strumenti dei clienti siano utilizzati dall'impresa di investimento per conto proprio, salvo accordo esplicito dei clienti stessi; quando detengono fondi appartenenti ai clienti, le imprese di investimento adottano misure adeguate per salvaguardare i diritti di questi ultimi e per impedire che i fondi dei clienti siano utilizzati dalle imprese per conto proprio, salvo nel caso degli enti creditizi. La direttiva 2004/39/CE è stata abrogata dalla direttiva 2014/65/UE (articolo 94 della medesima) che a sua volta è modificata dalla direttiva 2016/1034/UE. La Commissione Europea con la direttiva 2011/61/UE tiene conto del fatto che numerosi FIA, in particolare i fondi speculativi (hedge funds), fanno attualmente ricorso a un intermediario principale (prime broker) e garantisce che i FIA continuino ad avvalersi dei servizi degli intermediari principali; inoltre stabilisce che salvo esista una separazione funzionale e gerarchica tra l'esercizio delle funzioni di depositario e le funzioni di intermediario principale e che non siano stati opportunamente individuati, gestiti e comunicati agli investitori del FIA i potenziali conflitti di interesse, un intermediario principale non può essere nominato in qualità di depositario, dal momento che gli intermediari principali agiscono come controparti dei FIA e non possono pertanto agire contemporaneamente nel miglior interesse del fondo come è richiesto al depositario. I depositari possono delegare i compiti di custodia ad uno o più intermediari principali o altri terzi; oltre alle funzioni delegate di custodia, gli intermediari principali possono essere autorizzati a fornire al FIA servizi di intermediazione principale che non formino parte degli accordi di delega. Il depositario resta responsabile di ogni perdita subita dal GEFIA, dal FIA e dagli investitori; viene distinta la perdita di strumenti finanziari tenuti in custodia con altri tipi di perdita. In caso di una perdita diversa da quella di strumenti finanziari in custodia, il depositario è responsabile in caso di dolo o di negligenza. Qualora il depositario detenga in custodia attività e tali attività vadano perse, il depositario è responsabile, salvo non sia in grado di dimostrare che tale perdita è legata a un evento esterno al di fuori di ogni ragionevole controllo, le cui conseguenze sarebbero state inevitabili nonostante ogni ragionevole sforzo per evitarle. In tale contesto, un depositario non dovrebbe, ad esempio, poter invocare situazioni interne come un atto fraudolento commesso da un dipendente per esonerarsi dalle proprie responsabilità. Il depositario è ritenuto responsabile in caso di perdita degli strumenti finanziari la cui custodia è stata delegata a terzi. Tuttavia, purché il depositario sia espressamente autorizzato a esonerarsi dalle proprie responsabilità subordinatamente al trasferimento contrattuale di tali responsabilità ai terzi in questione, sulla base di un contratto scritto tra il depositario e il FIA o il GEFIA che agisce per conto del FIA, contratto in cui tale esonero è oggettivamente giustificato, e purché i terzi in questione possano effettivamente essere ritenuti responsabili della perdita in forza di un contratto tra il depositario e tali terzi, il depositario può esonerarsi dalle proprie responsabilità se è in grado di dimostrare di aver agito con la competenza, la cura e la diligenza dovute e di aver soddisfatto le specifiche prescrizioni previste per la delega. Prescrivendo la necessità di un trasferimento per via contrattuale della responsabilità a terzi, la direttiva 2011/61/UE intende attribuire effetti esterni a tale contratto, rendendo i terzi direttamente responsabili nei confronti del FIA o degli investitori di tale fondo per la perdita di strumenti finanziari detenuti in custodia. Inoltre, ove la legislazione di un paese terzo prescriva che determinati strumenti finanziari siano custoditi da un soggetto locale e qualora non vi siano soggetti locali che soddisfino tutti i requisiti per la delega del depositario, quest'ultimo può esonerarsi dalla propria responsabilità purché il regolamento o i documenti costitutivi del FIA interessato prevedano espressamente un siffatto esonero; gli investitori devono essere stati debitamente informati di tale esonero e delle circostanze che lo giustificano prima di aver effettuato l'investimento, inoltre il FIA o il GEFIA per conto del FIA devono istruire il depositario a delegare la custodia di tali strumenti finanziari a un soggetto locale. Tra il depositario e il FIA o il gestore che agisce per conto del FIA deve esistere un contratto scritto che espressamente autorizza siffatto esonero, e deve esistere un contratto scritto tra il depositario e i terzi che trasferisca espressamente a questi ultimi la responsabilità del depositario e consenta al FIA o, al gestore per conto del FIA, di richiedere il risarcimento nei confronti dei terzi per la perdita degli strumenti finanziari ovvero consenta al depositario di presentare una tale richiesta per conto loro.
La direttiva 2011/65/UE definisce obblighi di trasparenza stabilendo per un GEFIA di pubblicare, per ciascun FIA UE che gestisce e per ciascun FIA che commercializza nell'Unione, una relazione annuale per ogni esercizio entro sei mesi dalla fine dell'esercizio, conformemente alla presente direttiva. Tale periodo di sei mesi dovrebbe far salvo il diritto degli Stati membri di imporre un termine più breve. Essendo possibile per un GEFIA vendere o acquistare strumenti finanziari per un ammontare superiore al capitale posseduto, quindi ricorrere alla leva finanziaria e, in determinate circostanze, contribuire ad accrescere i rischi sistemici o al disordine sui mercati, occorre imporre obblighi specifici a carico dei GEFIA che fanno ricorso alla leva finanziaria. Le informazioni necessarie per individuare, sorvegliare e rispondere a tali rischi non sono state raccolte in maniera uniforme in tutta l'Unione e scambiate tra gli Stati membri in modo da individuare potenziali fonti di rischi per la stabilità dei mercati finanziari nell'Unione. Per porre rimedio a questa situazione, specifiche prescrizioni sono applicate ai GEFIA che fanno un ricorso sostanziale alla leva finanziaria al livello del FIA. Tali GEFIA sono tenuti a comunicare le informazioni relative al livello generale della leva finanziaria utilizzata, della leva finanziaria derivante dal prestito di contante o di titoli e della leva finanziaria derivante da una posizione detenuta in derivati, dal riutilizzo di attività e dalle principali fonti di leva finanziaria nel loro FIA. Le informazioni raccolte dalle autorità competenti dovrebbero essere condivise con altre autorità nell'Unione, con l'AESFEM e con il Comitato europeo per il rischio sistemico (CESR) istituito dal regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell'Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico, in modo da promuovere un'analisi collettiva dell'impatto della leva finanziaria dei FIA gestiti dai GEFIA sul sistema finanziario dell'Unione, nonché una risposta comune. Nel caso in cui uno o più FIA gestiti da un GEFIA costituiscano potenzialmente un'importante fonte di rischio di controparte per un ente creditizio o per altri istituti di importanza sistemica in altri Stati membri, tali informazioni devono essere condivise anche con le autorità competenti. Per garantire un'adeguata valutazione dei rischi rappresentati dal ricorso alla leva finanziaria da parte di un GEFIA in relazione ai FIA che gestisce, il GEFIA ha l'obbligo di dimostrare che i limiti della leva finanziaria per ciascun FIA gestito sono ragionevoli e di rispettare tali limiti in ogni momento. Quando la stabilità e l'integrità del sistema finanziario sono minacciate, le autorità competenti dello Stato membro d'origine del GEFIA hanno l'obbligo di imporre limiti al livello di leva finanziaria che un GEFIA può utilizzare nei FIA di sua gestione. L'AESFEM e il CESR devono essere informati di qualsiasi intervento compiuto a tale riguardo. Con la direttiva è consentito all'AESFEM, tenuto conto del parere del CERS, di stabilire se la leva finanziaria utilizzata da un GEFIA o da un gruppo di GEFIA rappresenti un rischio sostanziale per la stabilità e l'integrità del sistema finanziario e di indirizzare alle autorità competenti un parere in cui siano precisate le misure correttive da adottare. La Commissione ritiene necessario assicurare che le autorità competenti dello Stato membro d'origine del GEFIA, le società sulle quali i FIA esercitano un controllo e il personale di tali società ricevano determinate informazioni necessarie affinché tali società valutino il modo in cui tale controllo inciderà sulla loro situazione.
Per i GEFIA gestori di FIA che esercitano un controllo su un emittente le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato, le informazioni sono generalmente fornite in conformità della direttiva 2004/25/CE concernente le offerte di pubblico acquisto, e della direttiva 2004/109/CE, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato. Per i gestori di FIA esercitanti un controllo su società non quotate occorre applicare obblighi specifici per assicurare la trasparenza in relazione alla società controllata, applicando obblighi di trasparenza, divulgazione e informazione più rigorosi. La commissione ritiene che le relazioni annuali del FIA pertinente siano completate da informazioni specifiche in merito alla società controllata o che tali informazioni aggiuntive siano incluse nella relazione annuale delle società controllata. Tali informazioni sono messe a disposizione dei rappresentanti dei lavoratori della società o, in mancanza di questi, dei lavoratori stessi, nonché degli investitori del FIA interessato. Obblighi specifici di informazione ai lavoratori di determinate società si applicano nei casi in cui i FIA acquisiscano il controllo su società ai sensi della presente direttiva. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il GEFIA non ha alcun controllo sul FIA, a meno che non si tratti di un FIA gestito internamente. Inoltre, conformemente ai principi generali del diritto societario, non sussiste alcun rapporto diretto tra gli azionisti e i rappresentanti dei lavoratori o, in mancanza di questi, i lavoratori stessi. Per tali ragioni, a un azionista o al suo gestore, vale a dire al FIA e al GEFIA, non possono essere imposti ai sensi della presente direttiva obblighi specifici di informazione ai rappresentanti dei lavoratori, o, in mancanza di questi, ai lavoratori stessi. Per quanto riguarda gli obblighi di informazione a tali rappresentanti dei lavoratori, o, in mancanza di questi, ai lavoratori stessi, la presente direttiva dovrebbe prevedere in capo al GEFIA interessato l'obbligo di adoperarsi al meglio per assicurare che il consiglio di amministrazione della società interessata renda pubbliche le relative informazioni ai rappresentanti dei lavoratori della società o, in mancanza di questi, ai lavoratori stessi. Se un GEFIA gestisce uno o più FIA che acquisiscono il controllo di una società non quotata, tale GEFIA ha l'obbligo di fornire alle autorità competenti del proprio Stato membro d'origine le informazioni sul finanziamento dell'acquisizione. Tale obbligo di informazione sul finanziamento trova applicazione anche nel caso in cui un GEFIA gestisca FIA che acquisiscono il controllo su un emittente di azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato.
Quando un GEFIA gestisce uno o più FIA che acquisiscono il controllo su una società non quotata o un emittente, per un periodo di ventiquattro mesi dall'acquisizione del controllo sulla società da parte dei FIA, il GEFIA non è autorizzato ad agevolare, sostenere o ordinare l'eventuale distribuzione, riduzione di capitale, rimborso di azioni e/o acquisto di azioni proprie da parte della società conformemente alla presente direttiva; nella misura in cui sia autorizzato a votare per conto dei FIA negli organi direttivi della società, non può votare a favore di una distribuzione, una riduzione di capitale, un rimborso di azioni e/o un acquisto di azioni proprie da parte della società conformemente alla presente direttiva e deve compiere in ogni caso tutto ciò che è in suo potere per evitare distribuzioni, riduzioni di capitale, rimborsi di azioni e/o acquisti di azioni proprie da parte della società conformemente alla presente direttiva. Nelle ricezione della presente direttiva nel diritto nazionale, gli Stati membri hanno obbligo di dare la giusta rilevanza all'esigenza di avere parità di condizioni tra FIA UE e FIA non UE allorché acquisiscono il controllo di società stabilite nell'Unione.
Gli obblighi di notifica e pubblicità e le specifiche garanzie contro la disaggregazione delle attività (asset stripping), nel caso di controllo di una società non quotata o di un emittente, sono soggetti ad un'eccezione generale per quanto riguarda il controllo su piccole e medie imprese e società veicolo finalizzate all'acquisto, alla detenzione o all'amministrazione di beni immobili. Tali obblighi non sono intesi a rendere pubbliche le informazioni proprietarie che svantaggerebbero il gestore rispetto a potenziali concorrenti, quali ad esempio fondi sovrani o concorrenti che potrebbero voler mettere fuori gioco la società bersaglio utilizzando le suddette informazioni a loro vantaggio (ad esempio informazioni gestionali riservate che se pubbliche possono compromettere la fattibilità dell'intendo imprenditoriale della società). Gli obblighi di notificare e pubblicare le informazioni vanno applicati, pertanto, subordinatamente alle condizioni e alle restrizioni relative alle informazioni riservate stabilite dalla direttiva 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, e senza pregiudizio delle direttive 2004/25/CE e 2004/109/CE. Per tanto gli Stati membri dispongono che, entro i limiti e le condizioni stabiliti dal diritto nazionale, i rappresentanti dei lavoratori e chiunque che li assista non siano autorizzati a rivelare ai lavoratori o a terzi le informazioni che hanno ripercussioni sui legittimi interessi della società e che sono state espressamente fornite loro in via riservata. Gli Stati membri hanno comunque la possibilità di autorizzare i rappresentanti dei lavoratori e chiunque che li assista a trasmettere le informazioni riservate ai lavoratori o ai terzi tenuti all'obbligo di riservatezza; si adoperano affinché i GEFIA interessati non esigano la comunicazione di informazioni da parte del consiglio di amministrazione ai rappresentanti dei lavoratori o, in mancanza di questi, ai lavoratori stessi, allorché la natura delle informazioni in oggetto sia tale da nuocere gravemente, in base a criteri oggettivi, al funzionamento della società interessata o possa portarle pregiudizio. Gli obblighi di notifica e pubblicità e le specifiche garanzie contro la disaggregazione delle attività fanno salve eventuali norme più rigorose adottate dagli Stati membri.
Al capo II della direttiva vengono definite disposizioni riferite alle condizioni per l'accesso alle attività di GEFIA, al capo III le condizioni operative tra cui i principi generali, le disposizioni per la delega di funzioni, disposizioni in merito al depositario; nel capo IV vengono definite gli obblighi di trasparenza, al capo V disposizioni in materia di GEFIA che gestiscono specifici fondi di investimento alternativo come eccessiva leva finanziaria, vengono sanciti obblighi imposti ai GEFIA che gestiscono FIA che acquisiscono il controllo di società non quotate e di emittenti. Nel capo VI della direttiva viene sancito il diritto per i GEFIA di commercializzare e gestire FIA UE nell'unione; al capo VII sono definite condizioni per i GEFIA UE che gestiscono FIA non UE che non sono commercializzati negli Stati membri e per l'autorizzazione dei GEFIA no UE che vogliono gestire FIA nell'Unione europea; sono previste condizioni di deroga di alcune disposizioni per i GEFIA no UE che chiedono autorizzazione in uno stato membro di riferimento nei casi in cui non è possibile conciliarle con disposizioni del terzo stato a cui è soggetto oppure queste sono equivalenti alle disposizioni della direttiva 2011/65/UE, quindi con lo stesso scopo normativo e che offrono stesso livello di protezione per gli investitori. Al capo VIII vengono deifinte disposizioni per gli Stati membri per consentire ai GEFIA di commercializzare presso gli investitori al dettaglio sul loro territorio quote o azioni dei FIA che gestiscono a norma della presente direttiva, indipendentemente dal fatto che tali FIA siano commercializzati su base nazionale o transnazionale o siano FIA UE o non UE; negl'ultimi due capi vengono sancite disposizioni in merito all'autorità competenti (designazioni, poteri ed impugnazioni) e le disposizioni transitorie e finali della direttiva.
Con la direttiva 2011/61/UE come visto nel paragrafo precedente viene modificata la direttiva 2009/65/CE (UCITS IV), viene modificata la direttive 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, viene modificato il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito, agenzie ECAI incontrate negli studi relativi al regolamento (UE) 573/2013 (7°) con riferimento alla valutazione del rischio assunto dagl'enti di interesse pubblico (enti creditizi, enti finanziari) per la determinazione del patrimonio regolamentare, in fine modifica il regolamento (UE) n. 1095/2011, regolamento che istituisce l'Autorità europea di vigilanza ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) e abroga la decisione 2009/77/CE essendo sancito dallo stesso regolamento che l'ESMA assuma tutti i compiti e poteri attuali del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari CEBS, autorità istituita dalla commissione proprio con la decisione 2009/77/CE e quindi abrogata dal regolamento 1095/2011 che inoltre modifica la decisione n. 716/2009/CE della Commissione con riferimento alla rimozione del CEBS tra i beneficiari delle sovvenzioni erogate dalla Commissione in merito al programma comunitario, istituito con la stessa decisione, a sostegno di attività specifiche nel campo dei servizi finanziari, dell'informativa finanziaria e della revisione contabile.
(7°) NOTA: un'agenzia di rating o agenzia di valutazione è una società che assegna un giudizio o valutazione (rating) in merito alla solidità e alla solvibilità di una società emittente titoli sul mercato finanziario. I "rating" costituiscono dei voti su una scala predeterminata, generalmente espressa in termini di lettere e/o altri simboli. Molte sono le agenzie di rating esistenti, ma le più importanti, influenti, sono la Standard & Poor's, Moody's Investor Service e Fitch Ratings, tutte e tre società partecipate da grandi multinazionali. Queste ultime hanno il ruolo di aiutare ad affrontare i problemi di asimmetria informativa presenti sul mercato per l'intendo di aumentarne l'efficienza a livello globale fornendo informazioni utili d'investimento. Gli investitori che operano sui mercati fanno affidamento ai giudizi emessi dalle agenzie di rating per decidere quali titoli comprare e in che misura, a seconda della predisposizione al rischio dei soggetti investitori. La vigilanza sulle agenzie di rating è affidata all'autorità competente dello Stato membro di origine (per esempio, in Italia la Consob, SEC per gli Stati Uniti), in collaborazione con le autorità competenti degli altri Stati membri interessati, avvalendosi del collegio competente e coinvolgendo opportunamente l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Nel luglio 2011, all'inizio della crisi dei debiti sovrani (iniziata nel 2010 dopo la grande recessione avutasi negl'anni precedenti, la Consob ha convocato i rappresentanti delle agenzia di rating Standard & Poor's Italia e Moody's Italia per chiedere delucidazioni su un report diffuso dalle agenzie l'anno precedente sulla manovra correttiva varata dal governo di Silvio Berlusconi, (verso un declassamento delle Banche Italiane).
5.2 - Rating del credito: regolamento (CE) 1060/2009
I rating delle agenzie di rating del credito sono utilizzati nei mercati mobiliari e bancari mondiali dagli investitori, dai mutuatari, dagli emittenti e dai governi come elementi che contribuiscono alla formazione di decisioni informate in materia di investimenti e di finanziamenti. Altro importante ruolo è la possibilità di utilizzo dei rating come riferimento per il calcolo dei requisiti patrimoniali finalizzati alla solvibilità o per il calcolo dei rischi nelle attività di investimento per gli enti creditizi, le imprese di investimento, le imprese di assicurazioni vita e non vita, le imprese di riassicurazione, gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per i fondi di investimento alternativi FIA e gli enti pensionistici aziendali o professionali. Conseguenza ovvia è che i rating del credito hanno un impatto significativo sul funzionamento del mercato e sulla fiducia degli investitori e dei consumatori. È pertanto essenziale che le attività di rating del credito siano condotte nel rispetto dei principi di integrità, trasparenza, responsabilità e correttezza gestionale, affinché i rating utilizzati nella Comunità emessi da tali agenzie siano indipendenti, oggettivi e di qualità adeguata. Un problema rilevante strutturato nel mercato è che la maggior parte delle agenzie di rating del credito ha sede al di fuori della Comunità europea, inoltre la maggior parte degli Stati membri non regolamenta le attività delle agenzie di rating del credito, stesso per le condizioni di emissione dei rating. Anche se di notevole importanza per il funzionamento dei mercati finanziari, le agenzie di rating del credito sono regolamentate dalla normativa comunitaria solo in settori limitati, in particolare alla direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato), direttiva abrogata dal regolamento (UE) 596/2014. Ulteriori riferimento alle agenzie di rating del credito si ritrovano nella direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio e nella direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'adeguatezza di capitale delle imprese di investimento e degli enti creditizi; entrambe le direttive sono abrogate dalla direttiva 2013/36/UE. Anche nel regolamento (UE) 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento sono presenti riferimenti alle agenzie del rating del credito. Dagli studi di sopra la Commissione ha ritenuto importante stabilire norme che garantiscano per tutti i rating creditizi emessi da agenzie di rating del credito registrate nella Comunità, qualità adeguata e siano emessi da agenzie di rating del credito soggette a requisiti rigorosi. Dopo una continua collaborazione con i partner internazionali la Commissione interviene ed interverrà per garantire la convergenza delle norme che si applicano alle agenzie di rating del credito, convergenza finalizzata all'armonizzazione legislativa e quindi a standard normativi comuni a livello Comunitario e conformi anche a livello internazionale. Con il regolamento (CE) 1060/2009 viene ritenuto adeguato esentare talune banche centrali che emettono rating del credito, a condizione che rispondano a tutte le condizioni applicabili in materia che garantiscono l'indipendenza e l'integrità delle loro attività di rating del credito e che sono altrettanto rigorosi quanto i requisiti previsti dal presente regolamento.
I rating delle agenzie di rating del credito sono utilizzati nei mercati mobiliari e bancari mondiali dagli investitori, dai mutuatari, dagli emittenti e dai governi come elementi che contribuiscono alla formazione di decisioni informate in materia di investimenti e di finanziamenti. Altro importante ruolo è la possibilità di utilizzo dei rating come riferimento per il calcolo dei requisiti patrimoniali finalizzati alla solvibilità o per il calcolo dei rischi nelle attività di investimento per gli enti creditizi, le imprese di investimento, le imprese di assicurazioni vita e non vita, le imprese di riassicurazione, gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), per i fondi di investimento alternativi FIA e gli enti pensionistici aziendali o professionali. Conseguenza ovvia è che i rating del credito hanno un impatto significativo sul funzionamento del mercato e sulla fiducia degli investitori e dei consumatori. È pertanto essenziale che le attività di rating del credito siano condotte nel rispetto dei principi di integrità, trasparenza, responsabilità e correttezza gestionale, affinché i rating utilizzati nella Comunità emessi da tali agenzie siano indipendenti, oggettivi e di qualità adeguata. Un problema rilevante strutturato nel mercato è che la maggior parte delle agenzie di rating del credito ha sede al di fuori della Comunità europea, inoltre la maggior parte degli Stati membri non regolamenta le attività delle agenzie di rating del credito, stesso per le condizioni di emissione dei rating. Anche se di notevole importanza per il funzionamento dei mercati finanziari, le agenzie di rating del credito sono regolamentate dalla normativa comunitaria solo in settori limitati, in particolare alla direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato), direttiva abrogata dal regolamento (UE) 596/2014. Ulteriori riferimento alle agenzie di rating del credito si ritrovano nella direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio e nella direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'adeguatezza di capitale delle imprese di investimento e degli enti creditizi; entrambe le direttive sono abrogate dalla direttiva 2013/36/UE. Anche nel regolamento (UE) 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento sono presenti riferimenti alle agenzie del rating del credito. Dagli studi di sopra la Commissione ha ritenuto importante stabilire norme che garantiscano per tutti i rating creditizi emessi da agenzie di rating del credito registrate nella Comunità, qualità adeguata e siano emessi da agenzie di rating del credito soggette a requisiti rigorosi. Dopo una continua collaborazione con i partner internazionali la Commissione interviene ed interverrà per garantire la convergenza delle norme che si applicano alle agenzie di rating del credito, convergenza finalizzata all'armonizzazione legislativa e quindi a standard normativi comuni a livello Comunitario e conformi anche a livello internazionale. Con il regolamento (CE) 1060/2009 viene ritenuto adeguato esentare talune banche centrali che emettono rating del credito, a condizione che rispondano a tutte le condizioni applicabili in materia che garantiscono l'indipendenza e l'integrità delle loro attività di rating del credito e che sono altrettanto rigorosi quanto i requisiti previsti dal presente regolamento.
La commissione europea con il regolamento (CE) 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito introduce un'impostazione regolamentare comune per migliorare l'integrità, la trasparenza, la responsabilità, la buona governance e l'affidabilità delle attività di rating del credito, contribuendo alla qualità dei rating emessi nella Comunità e quindi al buon funzionamento del mercato interno realizzando nel contempo un elevato livello di protezione degli investitori. Con esso vengono stabilite le condizioni per l'emissione dei rating e fissate disposizioni in merito all'organizzazione e allo svolgimento delle attività delle agenzie di rating del credito per promuoverne l'indipendenza e la prevenzione dei conflitti di interesse. Essendo opinione generale che le agenzie di rating del credito non siano state capaci, in primo luogo, di adeguare tempestivamente i loro rating al peggioramento delle condizioni del mercato e, in secondo luogo, di adattare per tempo i loro rating del credito in seguito all'aggravarsi della crisi del mercato dopo il 2006, la commissione ritiene che adottare misure in materia di conflitti di interesse, qualità dei rating, trasparenza e governance interna delle agenzie di rating del credito, e sorveglianza delle attività delle agenzie di rating del credito, risulti il modo migliore per porre rimedio alle incapacità evidenziate dalle agenzie nella crisi. Coloro che utilizzano i rating del credito non dovrebbero affidarsi ciecamente a tali valutazioni ma dovrebbero sempre procedere con la massima attenzione alla propria analisi e all'opportuna diligenza dovuta prima di affidarsi a tali rating, dinamica che implica la disponibilità da parte delle agenzie di tutte le informazioni riguardanti le valutazioni per consentire agli utilizzatori tutte le verifiche ritenute necessarie per la valutazione della affidabilità e qualità dei rating; per tanto la commissione con il regolamento 1060/2009 sancisce l'obbligo per le agenzie di fornire tali informazioni. Stabilisce un quadro di norme comune riguardanti il miglioramento della qualità dei rating, con particolare riferimento alla qualità dei rating creditizi utilizzati da istituti finanziari e da persone regolamentati da norme di armonizzazione nella Comunità, perché in mancanza esiste il rischio che gli Stati membri adottino misure divergenti a livello nazionale, divergenze che avrebbero un impatto negativo diretto sul mercato interno e creerebbero ostacoli al suo buon funzionamento, in quanto le agenzie di rating sarebbero soggette a regole diverse nei singoli Stati membri. Tali divergenze in materia di qualità dei rating determinerebbero livelli diversi di tutela degli investitori e dei consumatori; è anche necessario che gli utilizzatori possano confrontare i rating emessi nella Comunità con i rating emessi a livello internazionale.
La possibilità di utilizzo dei rating emessi da agenzie nei paesi terzi all'interno della Comunità sancita dal regolamento 1060/2009, solo se conformi a requisiti altrettanto rigorosi quanto quelli stabiliti dallo stesso regolamento, introduce un sistema di avallo che consente alle agenzie di rating del credito con sede nella Comunità e registrate conformemente alle sue disposizioni di avallare i rating del credito emessi nei paesi terzi. È fatto obbligo per una agenzia all'interno della comunità nell'avallare un rating emesso in un paese terzo, di determinare e controllare su base continuativa se l'attività di rating finalizzata all'emissione di detti rating rispetta requisiti in materia di emissione di rating del credito e che siano altrettanto rigorosi quanto quelli dello stesso regolamento e siano idonei a conseguire il medesimo obiettivo e gli stessi effetti pratici.
Ritenuto che lo stabilimento al di fuori della Comunità potrebbe costituire un serio impedimento a un'efficace vigilanza nell'interesse dei mercati finanziari della Comunità, viene introdotto un sistema di avallo per le agenzie di rating del credito che sono affiliate o lavorano in stretta collaborazione con agenzie di rating del credito con sede nella Comunità; quindi il rating viene garantito da una agenzia registrata nell'Unione Europea che solitamente è una filiale della agenzia non comunitaria o collaborano per i rating per cui è necessario l'avallo. Viene prevista la necessità di adeguare in alcuni casi il requisito della presenza fisica nella Comunità, con particolare riferimento alle agenzie di rating del credito più piccole di paesi terzi che non sono presenti, né sono affiliate nella Comunità. Viene stabilito un sistema di certificazione per tali agenzie, a condizione che queste ultime non siano rilevanti sotto il profilo sistemico per la stabilità finanziaria o l'integrità dei mercati finanziari di uno o più Stati membri, quindi agenzie più piccole. La certificazione è possibile dopo che la Commissione ha accertato l'equivalenza del quadro giuridico e di vigilanza di un paese terzo rispetto ai requisiti del regolamento (CE) 1060/2009. Il meccanismo di equivalenza previsto non comporta un accesso automatico alla Comunità, ma consente alle agenzie di rating del credito ammissibili di essere valutate caso per caso e ottenere l'esenzione da alcuni dei requisiti organizzativi applicabili alle agenzie di rating del credito operanti nella Comunità, compreso il requisito della presenza fisica nella Comunità. Viene imposto alle agenzie di rating di paesi terzi di rispettare i criteri considerati requisiti generali per l'integrità delle attività di rating del credito, con l'intendo di prevenire interferenze con il contenuto dei rating creditizi da parte delle autorità competenti e altre autorità pubbliche di tale paese terzo e prevedere una politica adeguata in materia di conflitto di interesse, nonché la rotazione degli analisti di rating e la comunicazione periodica e continua. La commissione con il regolamento prevede la possibilità di accordi di cooperazione stabili tra le autorità competenti degli Stati membri d'origine e le corrispondenti autorità competenti dei paesi terzi in cui hanno sede le agenzie di rating del credito; inoltre è sancisce che un'agenzia di rating del credito che avalla i rating del credito emessi in un paese terzo deve essere ritenuta pienamente e incondizionatamente responsabile per tali rating avallati e per il rispetto delle relative condizioni definite con lo stesso regolamento.
Viene definita deroga al regolamento per i rating prodotti da un'agenzia di rating del credito in seguito a un singolo ordine e forniti esclusivamente alla persona che li ha commissionati e che non sono destinati alla divulgazione al pubblico o alla distribuzione previo abbonamento; inoltre stabilisce che la ricerca e le raccomandazioni in materia di investimenti ed altri eventuali pareri in merito al valore o al prezzo di uno strumento finanziario o di un'obbligazione finanziaria non devono essere considerati rating del credito. Un rating del credito non sollecitato, vale a dire un rating del credito non avviato su richiesta dell'emittente o dell'entità valutata, deve essere chiaramente identificato come tale e dove essere distinto con gli opportuni mezzi dai rating sollecitati. Le agenzie di rating del credito concentrano la loro attività professionale all'emissione di rating per evitare potenziali conflitti di interesse. Non è opportuno che un'agenzia di rating del credito presti servizi di consulenza, ed in particolare che formuli proposte o raccomandazioni per quanto riguarda la concezione di uno strumento finanziario strutturato. È possibile che le agenzie di rating del credito prestino servizi ausiliari quando le prestazioni non creino potenziali conflitti di interesse con l'emissione di rating, esse devono utilizzare metodologie di rating rigorose, sistematiche, continuative e soggette a convalida anche sulla base della pertinente esperienza storica e di test retrospettivi, requisito che non dove costituire motivo di interferenze con il contenuto dei rating e con le metodologie da parte delle autorità competenti e degli Stati membri. Il regolamento prevede il requisito di revisione almeno annuale dei rating da parte delle agenzie di rating del credito, requisito che non deve pregiudicare l'obbligo incombente su di loro di monitorare i rating su base continuativa e di rivederli ove necessario. Tali requisiti non dovrebbero essere applicati in maniera tale da impedire l'ingresso sul mercato di nuove agenzie di rating del credito. I rating del credito devono avere basi solide e motivate, al fine di evitare soluzioni compromissorie.
La commissione con il regolamento (CE) 1060/2009 sancisce l'obbligo per le agenzie di rating del credito stabili negli Stati membri di rendere pubbliche le informazioni relative alle metodologie, ai modelli e alle ipotesi principali di rating utilizzati nelle loro attività di rating. Il grado di dettaglio delle informazioni da rendere pubbliche riguardo ai modelli dovrebbe essere tale da fornire agli utilizzatori dei rating informazioni atte a consentire loro di usare la diligenza dovuta nel valutare se fare o meno affidamento su tali rating. Le informazioni da rendere pubbliche riguardo ai modelli non dovrebbero costituire informazioni commerciali sensibili o ostacolare seriamente l'innovazione; devono adottare misure per garantire che le informazioni utilizzate ai fini dell'assegnazione di un rating del credito siano affidabili. A tal fine un'agenzia deve prevedere, tra l'altro, l'affidamento a bilanci oggetto di revisione indipendente e comunicazioni al pubblico, verifiche da parte di prestatori di servizi di buona reputazione, controlli di campioni aleatori delle informazioni ricevute, o disposizioni contrattuali che stabiliscono chiaramente la responsabilità dell'entità valutata o di terzi ad essa collegati qualora le informazioni fornite a titolo del contratto siano notoriamente sostanzialmente false o fuorvianti o qualora l'entità valutata o terzi ad essa collegati non abbiano condotto, come previsto dal contratto, una vigilanza adeguata circa l'accuratezza delle informazioni. L'agenzia di rating del credito nell'emissione dei rating dovrà segnalare in maniera appropriata ogni eventuale rischio, includendo un'analisi di sensitività per le ipotesi pertinenti utilizzate, spiegando come i vari sviluppi del mercato che fanno muovere i parametri integrati nel modello (ad esempio la volatilità) possano influenzare le modifiche del rating. Dovrà garantire che le informazioni sui tassi storici di inadempimento associati alle sue categorie di rating siano verificabili e quantificabili e costituiscano una base sufficiente affinché le parti interessate possano capire i rendimenti storici associati a ciascuna categoria di rating, e se e come le categorie di rating siano cambiate. Se la natura del rating o altre circostanze fanno sì che un tasso storico di inadempimento non sia appropriato o statisticamente valido o possa in altro modo fuorviare gli utilizzatori del rating, l'agenzia di rating del credito deve fornire chiarimenti appropriati. Queste informazioni dovrebbero essere per quanto possibile comparabili con eventuali modelli già esistenti nel settore, in modo da aiutare gli investitori nei raffronti dei risultati delle diverse agenzie di rating del credito.
A carico delle stesse agenzie è fatto obbligo di adottare misure per evitare situazioni in cui gli emittenti richiedano un rating del credito preliminare dello strumento finanziario strutturato in questione simultaneamente a più agenzie di rating del credito in modo da individuare quella che offre il rating migliore per lo strumento proposto. È opportuno altresì che gli emittenti evitino di ricorrere a tali pratiche. Con il regolamento 1060/2009 la Commissione stabilisce che non va sostituita la procedura stabilita per il riconoscimento delle agenzie esterne di valutazione del merito di credito (ECAI), a norma della direttiva 2006/48/CE (relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio, rifusione della direttiva 2000/12/CE e successive modifiche, successivamente abrogata dalla direttiva 2013/36/UE). È comunque fatto obbligo per le ECAI già riconosciute nella Comunità di fare domanda di registrazione a norma del presente regolamento. Un'agenzia di rating del credito registrata dall'autorità competente dello Stato membro interessato è autorizzata ad emettere rating in tutta la Comunità. A tale scopo viene prevista una unica procedura di registrazione per ciascuna agenzia di rating del credito che produca effetti in tutta la Comunità. La registrazione di un'agenzia di rating del credito dovrebbe acquisire efficacia in seguito all'entrata in vigore della decisione di registrazione adottata dall'autorità competente dello Stato membro d'origine nella normativa nazionale in materia.
La Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio in cui si valutino gli incentivi per gli emittenti a ricorrere alle agenzie di rating del credito stabilite nella Comunità per una parte dei loro rating, le possibili alternative al modello "issuer pays", tra cui la creazione di un'agenzia comunitaria pubblica di rating del credito, e la convergenza delle norme nazionali in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento. In base a tale valutazione, la Commissione dovrebbe formulare le opportune proposte legislative.
Il regolamento (CE) numero 1060/2009 nell'allegato I fissa le disposizioni in merito all'indipendenza e prevenzione dei conflitti di interesse sancendo i requisiti organizzativi nella sezione A dell'allegato, i requisiti operativi nella sezione B, le disposizioni in materia di analisti di rating e di altre persone che partecipano direttamente alle attività di rating del credito nella sezione C, le disposizioni in materia di presentazione dei rating del credito nella sezione D e le informazioni che rende disponibili incluse quelle riguardanti eventuali conflitti di interesse effettivi e potenziali. Dalle ricerche condotte in questo studio con riferimento ai conflitti di interessi che investono le agenzie di rating del credito abbiamo riscontrato pareri non trascurabili che confermerebbero l'esistenza di conflitti di interessi con gli azionisti.
Di seguito un estratto delle informazioni raccolte sulle agenzie di rating del credito in merito a possibili conflitti di interessi nel loro esercizio;
Di seguito un estratto delle informazioni raccolte sulle agenzie di rating del credito in merito a possibili conflitti di interessi nel loro esercizio;
... nella crisi finanziaria americana dai mutui subprime del 2008 ha evidenziato i problemi connessi alle Agenzie di Rating, sia in termini di incentivi sia nello svolgimento della loro attività. In Italia nel 2012 e nell'ambito della grande recessione, è stata aperta un'inchiesta da parte della Procura della Repubblica di Trani per valutare l'affidabilità e l'oggettività delle valutazioni da parte delle agenzie di rating sotto l'ipotesi di reato di aggiotaggio, (turbativa e manipolazione di mercato e abuso di informazioni privilegiate). In particolare tra le prime conclusioni dell'inchiesta si contesta all'agenzia americana Standard & Poor's, in merito al declassamento delle banche italiane, di aver posto in essere "una serie di artifici concretamente idonei a provocare una destabilizzazione dell'immagine, prestigio e affidamento creditizio dell'Italia sui mercati finanziari" a causa anche di "analisti (non identificati) inesperti e incompetenti" a mezzo di comunicazioni ai mercati fatte "in maniera selettiva e mirata in relazione al momento di maggiore criticità della situazione politica economica italiana cagionando alla Repubblica Italiana un danno patrimoniale di rilevante gravità"...
Di seguito vengono riportate alcune informazioni editoriali raccolte:
...I signori del rating che declassano le nazioni. Con i loro voti hanno messo ko la Grecia e inguaiato la Spagna. Chi sono e come lavorano le agenzie che stilano le pagelle delle Nazioni. ...
...I signori del rating che declassano le nazioni. Con i loro voti hanno messo ko la Grecia e inguaiato la Spagna. Chi sono e come lavorano le agenzie che stilano le pagelle delle Nazioni. ...
... NEW YORK - L'indirizzo è 250 Greenwich Street a due passi da Ground Zero. Qui al ventesimo piano del grattacielo di Moody's il visitatore è accolto da una targa d'oro: "Credito. La fiducia dell'uomo nell'uomo". Arturo Cifuentes, ex dirigente di Moody's, la pensa diversamente. Oggi definisce "una vergogna il modo in cui le agenzie di rating stabiliscono le loro pagelle sul credito, i voti di solvibilità". Eric Kolchinsky, anche lui manager pentito di Moody's, pronuncia la parola "frode". Frank Raiter che ha lavorato per Standard&Poor's parla di "oligopolio che accumula profitti grazie al ruolo di arbitri". Delle e-mail circolate dentro Standard&Poor's descrivono il rapporto tra quest'agenzia e la Goldman Sachs come "la sindrome di Stoccolma". ...
Per consentire una valutazione oggettiva delle problematiche inerenti al conflitto di interesse e con riferimento all'agenzia rating del credito internazionale tra le più note a livello mondiale, la Standard & Poor's, riteniamo opportuno riportare di seguito alcuni commenti di Maria Pierdicchi è Head of Southern Europe di Standard & Poor's:
... è importante sottolineare che Standard & Poor's non ha alcuna informazione privilegiata sulle strategie o partecipazioni degli azionisti di McGraw Hill, la nostra casa madre. Essendo una società quotata in Borsa, McGraw Hill annovera tra i propri azionisti alcuni dei principali fondi internazionali, che investono in migliaia di titoli in tutto il mondo. La partecipazione che detengono in McGraw Hill non rappresenta, di norma, che una piccola percentuale del loro portafoglio globale. Dal canto suo S&P pubblica rating su più di un milione di titoli di debito, non ha informazioni su quali società compongono il portafoglio di tali investitori. Ben più importante, gli investitori istituzionali, inclusi quelli che detengono azioni in McGraw-Hill, non hanno né l'opportunità né la possibilità di influenzare le nostre decisioni in materia di rating e non hanno accesso ad informazioni relative ad analisi o pareri di rating non pubblicati. A loro riserviamo lo stesso trattamento applicato a qualsiasi fruitore esterno dei nostri rating. ...
Oltre alle misure adottate in osservanza delle normative europee, S&P è dotata di procedure consolidate da tempo, per tutelare l'integrità e l'indipendenza dei processi di rating da eventuali conflitti di interesse. Per esempio, da anni le nostre attività di analisi sono separate da quelle commerciali, per cui gli analisti non sono coinvolti, né hanno informazioni sui contratti stipulati con i nostri clienti. Non solo: le retribuzioni dei nostri analisti non sono mai state correlate alle remunerazioni riconosciuteci dagli emittenti. ...
Abbiamo inoltre creato funzioni indipendenti responsabili della qualità interna e della definizione dei criteri, nominato amministratori esterni e indipendenti nei consigli di amministrazione delle nostre società in Europa e negli Stati Uniti. Prevediamo una rotazione costante degli analisti in modo tale che nessuno si occupi di un emittente oltre un determinato lasso di tempo. Quando un analista lascia S&P effettuiamo un'analisi retroattiva del suo operato per garantire una maggiore tutela dell'integrità e indipendenza dei nostri rating. Imponiamo ai nostri analisti rigorose limitazioni sugli investimenti in società o settori di cui formulano il rating e sull'accettazione di eventuali omaggi. Gli investimenti effettuati dal 2007 ad oggi nelle funzioni di governance e controllo ammontano a circa 200 milioni di euro. ...
L'efficacia dei controlli interni viene monitorata dal Dipartimento per la Compliance ma soprattutto è oggetto di una supervisione attiva e continua da parte delle autorità di regolamentazione dei mercati mobiliari di tutto il mondo, tra cui l'Esma nell'Unione europea e la Sec negli Stati Uniti. Queste autorità dispongono di ampi poteri per eseguire ispezioni nelle agenzie di rating registrate e sanzionarle in caso di violazione delle regolamentazioni. ...
Altri critici sostengono che i rating siano indebitamente influenzati dal modello di business adottato da quasi tutte le agenzie di rating, in base al quale sono gli emittenti a pagare ("issuer-pays"), dimenticando che molte delle critiche più feroci ci sono state mosse proprio da coloro verso cui emettiamo i rating. ...
Riteniamo che, il modello "issuer-pays" rappresenti il miglior sistema a disposizione dei mercati se i conflitti vengono opportunamente gestiti, perché consente di mettere il rating a disposizione di tutti gli investitori, contemporaneamente e a titolo gratuito. Il modello secondo cui sarebbero gli investitori a pagare ("investor pays"), invece pone restrizioni alla divulgazione dei rating, che non sarebbero pubblici. Anch'esso presenta potenziali conflitti, dato che gli investitori potrebbero nutrire un interesse nei confronti di un rating superiore o inferiore a seconda delle posizioni detenute. Come è stato dimostrato da molte analisi indipendenti, nessuna attività è immune da potenziali conflitti di interesse. A fare la differenza sono il modo in cui tali potenziali conflitti vengono gestiti e monitorati e qual è il sistema più efficace per i fruitori dei rating. Il costante monitoraggio pubblico è legittimo e sano, ma dovrebbe fondarsi sulla valutazione dei fatti e sulla consapevolezza che il sistema esistente è in grado di promuovere la trasparenza, una governance corretta e la supervisione continua da parte delle autorità regolamentari. ...
Oltre alle misure adottate in osservanza delle normative europee, S&P è dotata di procedure consolidate da tempo, per tutelare l'integrità e l'indipendenza dei processi di rating da eventuali conflitti di interesse. Per esempio, da anni le nostre attività di analisi sono separate da quelle commerciali, per cui gli analisti non sono coinvolti, né hanno informazioni sui contratti stipulati con i nostri clienti. Non solo: le retribuzioni dei nostri analisti non sono mai state correlate alle remunerazioni riconosciuteci dagli emittenti. ...
Abbiamo inoltre creato funzioni indipendenti responsabili della qualità interna e della definizione dei criteri, nominato amministratori esterni e indipendenti nei consigli di amministrazione delle nostre società in Europa e negli Stati Uniti. Prevediamo una rotazione costante degli analisti in modo tale che nessuno si occupi di un emittente oltre un determinato lasso di tempo. Quando un analista lascia S&P effettuiamo un'analisi retroattiva del suo operato per garantire una maggiore tutela dell'integrità e indipendenza dei nostri rating. Imponiamo ai nostri analisti rigorose limitazioni sugli investimenti in società o settori di cui formulano il rating e sull'accettazione di eventuali omaggi. Gli investimenti effettuati dal 2007 ad oggi nelle funzioni di governance e controllo ammontano a circa 200 milioni di euro. ...
L'efficacia dei controlli interni viene monitorata dal Dipartimento per la Compliance ma soprattutto è oggetto di una supervisione attiva e continua da parte delle autorità di regolamentazione dei mercati mobiliari di tutto il mondo, tra cui l'Esma nell'Unione europea e la Sec negli Stati Uniti. Queste autorità dispongono di ampi poteri per eseguire ispezioni nelle agenzie di rating registrate e sanzionarle in caso di violazione delle regolamentazioni. ...
Altri critici sostengono che i rating siano indebitamente influenzati dal modello di business adottato da quasi tutte le agenzie di rating, in base al quale sono gli emittenti a pagare ("issuer-pays"), dimenticando che molte delle critiche più feroci ci sono state mosse proprio da coloro verso cui emettiamo i rating. ...
Riteniamo che, il modello "issuer-pays" rappresenti il miglior sistema a disposizione dei mercati se i conflitti vengono opportunamente gestiti, perché consente di mettere il rating a disposizione di tutti gli investitori, contemporaneamente e a titolo gratuito. Il modello secondo cui sarebbero gli investitori a pagare ("investor pays"), invece pone restrizioni alla divulgazione dei rating, che non sarebbero pubblici. Anch'esso presenta potenziali conflitti, dato che gli investitori potrebbero nutrire un interesse nei confronti di un rating superiore o inferiore a seconda delle posizioni detenute. Come è stato dimostrato da molte analisi indipendenti, nessuna attività è immune da potenziali conflitti di interesse. A fare la differenza sono il modo in cui tali potenziali conflitti vengono gestiti e monitorati e qual è il sistema più efficace per i fruitori dei rating. Il costante monitoraggio pubblico è legittimo e sano, ma dovrebbe fondarsi sulla valutazione dei fatti e sulla consapevolezza che il sistema esistente è in grado di promuovere la trasparenza, una governance corretta e la supervisione continua da parte delle autorità regolamentari. ...
Fonti per le ricerche: Regolamento (UE) 2015/2365, SFT | Regolamento (UE) 648/2012, derivati OTC |Direttiva 2009/65/CE, OICVM, (UCITS IV) | DIRETTIVA 2014/91/UE, (UCITS V) | Direttiva 2014/65/UE, MiFID, che modifica 2011/61/UE | Articolo 2357, codice civile IT | DIRETTIVA 2011/61/UE, FIA, GEFIA. |Regolamento (UE) 236/2012, credit default swap | Regolamento (UE) 2016/438, obblighi depositari |Regolamento (UE) 2018/1619, modifica (UE) 2016/438 | Direttiva 2006/49/CE, adeguatezza patrimoniale. | Direttiva 2013/36/UE, abroga la direttiva 2006/48/CE | ESMA 2012/122, orientamenti trading automatizzati | Regolamento 2017/576/UE, che integra la direttiva 2014/65/UE | Regolamento (UE) 2017/568, che integra la direttiva 2014/65/UE | Regolamento (UE) 600/2014, MiFIR | Regolamento (CE) 1060/2009, agenzie rating credito | RAPITI, Eleonora Maria. La nuova frontiera del mercato finanziario: il trading ad alta frequenza. 2016 | HENDERSHOTT, Terrence; JONES, Charles M.; MENKVELD, Albert J. Does algorithmic trading improve liquidity?. The Journal of Finance, 2011, 66.1: 1-33. | KIRILENKO, Andrei, et al. The Flash Crash: High-frequency trading in an electronic market. The Journal of Finance, 2017, 72.3: 967-998. | BROGAARD, Jonathan; HENDERSHOTT, Terrence; RIORDAN, Ryan. High-frequency trading and price discovery. The Review of Financial Studies, 2014, 27.8: 2267-2306 | PUORRO, Alfonso. High Frequency Trading: Una Panoramica (High Frequency Trading: An Overview). 2013. |
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